Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15556 del 22/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/06/2017, (ud. 23/05/2017, dep.22/06/2017),  n. 15556

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15106/2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

P.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE 4, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE COLONNA presso

MARTELLI & PARTNERS, rappresentato e difeso dall’avvocato DIEGO

BONAVINA jr;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1866/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del VENETO, depositata il 10/12/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 23/05/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo nei confronti di P.L. (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 1866/01/2015, depositata in data 10/12/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso, per IRPEF ed addizionali regionali e comunali dovute in relazione all’anno d’imposta 2007, a titolo di maggior reddito da partecipazione sociale (per presunzione di distribuzione di utili nell’ambito di società a ristretta base azionaria), a seguito di definitivo accertamento a carico della società Strada Autotrasporti srl, – è stata riformata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso del contribuente.

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto, accogliendo il gravame del contribuente, che anche gli avvisi di accertamento conseguenti a verifiche fiscali eseguite, nella sede dell’Ufficio (cosiddette “verifiche tavolino”) sulla base delle notizie e della documentazione in possesso dell’Amministrazione finanziaria sono illegittimi se non preceduti dal contraddittorio endo-procedimentale.

A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’Agenzia delle Entrate ricorrente lamenta, con i due motivi, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, con riguardo al profilo dell’inoperatività della norma, trattandosi di verifica condotta presso gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria e non presso la sede del contribuente, e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, avendo la C.T.R. ritenuto che ogni attività di indagine tributaria debba concludersi con l’adozione di un Processo Verbale di Constatazione, da notificare al contribuente.

2. La prima censura è fondata.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno invero affermato il seguente principio di diritto (Cass. 24823/20:15): “il seguente principio di diritto: “Differentemente dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto. Ne consegue che, in tema di tributi “non armonizzati”, l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi, per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito; mentre in tema di tributi “armonizzati”, avendo luogo la diretta applicazione del diritto dell’Unione, la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporta in ogni caso, anche in campo tributario, l’invalidità dell’atto, purchè, in giudizio, il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere, qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e che l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio), si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale, per le quali è stato predisposto”.

Nella specie, non è contestato che si verteva in ipotesi di controllo fiscale eseguito sulla base di documentazione già in possesso dell’Amministrazione finanziaria (per effetto della verifica fiscale eseguita a carico della società) e non a seguito di “accesso, ispezione, verifica” presso la sede del contribuente.

La decisione della C.T.R. non è conforme al suddetto principio di diritto.

3. Anche la seconda censura è fondata.

In ogni ipotesi di accesso dei verificatori ai locali destinati allo svolgimento di una attività commerciale o professionale sussiste l’obbligo di redazione del verbale di chiusura delle operazioni di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, a prescindere dal fatto che siano state rilevate violazioni delle norme tributarie comportanti la redazione dello specifico processo verbale di constatazione di cui alla L. n. 4 del 1929, art. 24 (Cass. 3327/17); con il corollario che dal rilascio al contribuente di copia del verbale di chiusura (sia esso meramente descrittivo o accertativo di violazioni) decorre il termine dilatorio di sessanta giorni per l’emissione dell’avviso di accertamento previsto dal citato art. 12, comma 7, la cui violazione determina l’illegittimità dell’atto impositivo emesso prima del tempo (Cass. n. 14574 del 2014; Cass. n. 5374 del 2014).

Ma, nella specie, non si verteva in ipotesi di accertamento eseguito previa verifica fiscale presso i locali del contribuente, ma di indagine svolta presso l’ufficio dell’Amministrazione stessa.

4. Per tutto quanto sopra esposto, in accoglimento del ricorso, va cassata la sentenza impugnata con rinvio alla C.T.R. del Veneto, in diversa composizione. Il giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Veneto in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 23 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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