Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15554 del 22/06/2017
Cassazione civile, sez. VI, 22/06/2017, (ud. 23/05/2017, dep.22/06/2017), n. 15554
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –
Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –
Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12372-2016 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– ricorrente –
contro
V.I., V.A.Q. elettivamente domiciliati in ROMA,
P.ZA BARBERINI 12, presso o studio dell’avvocato FABIO MARCHETTI,
che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO ALFREDO
FERRARIO;
– controricorrenti –
nonchè contro
D.F.F.;
– intimata —
avverso la sentenza n. 5218/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 02/12/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 23/05/2017 dal Consigliere Dott. GIULIA IOFRIDA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidalo ad un motivo, nei confronti di D.F.F. (che non resiste) e di V.A.Q. e V.I., in qualità di eredi di V.L., (che resistono)” avverso la sentenza del3 Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 5218/33/2015, depositata in data 2/12/2015, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di una cartella di pagamento, conseguente ad avviso di accertamento notificato nel 1982, al de cuius, per ILOR ed IRPEF dovute in relazione all’anno d’imposta 1976, resosi definitivo a seguito di decisione della C.T.C., depositata nel 2009, – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva accolto il ricorso del contribuenti, nella qualità, limitatamente agli interessi dovuti per carenza di motivazione nei criteri di calcolo e nei periodo di decorrenza degli stessi.
A seguito di deposito di proposta ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti; il Collegio ha disposto la redazione della ordinanza con motivazione semplificata.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7, D.P.R. n. 602 del 1973, art. 20, e D.M. n. 321 del 1999, art. 6, in quanto ali interessi sono dovuti per legge ed anche la data di decorrenza degli stessi è prevista dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 20.
2. La censura è infondata.
Questa Corte ha già affermato (Cass. 8651/2009; cfr. in motivazione Cass. 4516/2012) che “in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento degli interessi maturati su un debito tributario dev’essere motivata, non rilevando che il debito sia stato riconosciuto in una sentenza passata in giudicato, dal momento che il contribuente dev’essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi, tanto più che alle cartelle di pagamento notificate dopo l’entrata in vigore della L. n. 212 del 2002 dev’essere allegata la sentenza”.
I giudici d’appello hanno considerato che nella cartella viene riportata solo la cifra globale degli interessi dovuti, senza essere indicato come si è arrivati a tale calcolo, non specificando le singole aliquote prese a base delle varie annualità, essendo l’accertamento riferito all’anno d’imposta 1976, concernendo dunque un periodo di 35 anni, ed hanno ritenuto, perciò, che l’operato dell’ufficio era ricostruibile “attraverso difficili indagini dovute anche alla vetustà della questione” che non competevano al contribuente che vedeva, così, violato il suo diritto di difesa.
Tale ratio decidendi, secondo cui il computo degli interessi è criptico e non comprensibile anche in ragione dei lungo periodo considerato, non è incisa dal solo richiamo al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 20, venendo in rilievo non la spettanza degli interessi, ma, proprio, il modo con cui è stato calcolato il totale riportato nella cartella.
3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Essendo l’amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1 – quater, (nel caso di prenotazione a debito il contributo non è versato ma prenotato ai fine di consentire, in caso di condanna della controparte alla rifusione delle spese in favore dei ricorrente, il recupero dello stesso in danno della parte soccombente).
PQM
Respinge il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, favore di ciascuno dei due controricorrenti V., delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.500.00, titolo di compensi, oltre rimborso forfetario spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017