Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15552 del 27/07/2016

Cassazione civile sez. trib., 27/07/2016, (ud. 18/03/2016, dep. 27/07/2016), n.15552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INTINI SOURCE s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Lucrino n. 10,

presso l’avv. Carla Efrati, che la rappresenta e difende unitamente

all’avv. Angelo Marozzi, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia n. 11/02/08, depositata il 4 marzo 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18

marzo 2016 dal Relatore Cons. Dott. Biagio Virgilio;

udito l’avvocato dello Stato Alessandro Maddalo per la ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, il quale ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento “per quanto di ragione” dell’appello della I.M.T. Intini Multiservizi Tecnologici s.p.a. (ora Intini Source s.p.a.), è stato ad essa ritenuto spettante il credito d’imposta previsto dalla L. n. 388 del 2000, art. 7 e dalla L. n. 289 del 2002, art. 7, per l’assunzione di lavoratori disoccupati in aree svantaggiate per gli anni 2001/2003 (rimettendo all’Ufficio l’esatta determinazione dell’ammontare del credito).

Il giudice a qua ha affermato che l’incentivo in esame è diretto ai lavoratori e non alle imprese, per cui non è applicabile la regola de minimis prevista dalle norme citate. Ha aggiunto che il Regolamento CE n. 2204/2002 comporta che gli incentivi all’assunzione dei lavoratori svantaggiati non sono soggetti a detto criterio.

2. La Intini Source s.p.a. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, formulando il quesito “se l’impresa che ottenga il richiesto beneficio di cui della L. n. 388 del 2000, art. 7 e della L. n. 289 del 2002, art. 63, in misura inferiore a quella ritenuta spettante, abbia l’onere di impugnare tale provvedimento nel termine di 60 giorni dalla sua conoscenza, e se possa impugnare il provvedimento confermativo adottato successivamente dal competente ufficio”.

Il motivo è inammissibile perchè il quesito si rivela palesemente generico e privo di alcun riferimento alla concreta fattispecie.

2. Col secondo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000 e della L. n. 289 del 2002, art. 63. Viene, in conclusione, formulato il seguente duplice quesito: “se il giudice tributario possa disapplicare una norma interna, che impone limiti alla concessione di un beneficio per l’incremento dell’occupazione, adducendo a giustificazione il fatto che non è ravvisabile un limite analogo nella normativa comunitaria; di conseguenza, “se possano disapplicarsi le disposizioni contenute nella L. n. 388 del 2000, art. 7 e L. n. 289 del 2002, art. 63, in materia di limiti quantitativi alla concessione di un contributo per l’incremento dell’occupazione, per il fatto che tale contributo non costituirebbe un aiuto di Stato per il quale la normativa comunitaria prescriva l’obbligo di comunicazione nel caso di superamento dei predetti limiti”.

Il motivo è inammissibile per inidoneità del quesito, perchè, pur prescindendo dal rilievo che trattasi di quesito plurimo, esso si risolve nella formulazione di un interpello generico, senza individuazione delle pertinenti regole di diritto in ipotesi applicabili.

3. Con la terza censura, la ricorrente denuncia nuovamente la violazione e falsa applicazione delle norme sopra citate, in relazione agli artt. 87 e 88 Trattato CE. Chiede “se il beneficio previsto dalla L. n. 388 del 2000, art. 7 e L. n. 289 del 2002, art. 63, configuri un aiuto di Stato ovvero un aiuto ai lavoratori, e se pertanto debbano trovare applicazione in materia le disposizioni dettate dal diritto comunitario in materia di aiuti di Stato, in applicazione delle disposizioni fondamentali contenute nell’art. 87 del Trattato C.E.” Col quarto motivo la sentenza è di nuovo censurata per violazione e falsa applicazione delle norme sopra citate, in relazione ai Regolamenti comunitari n. 69 del 2001 e n. 2204 del 2002.

Il quesito è: “se l’entrata in vigore del Regolamento UE n. 2204/2002 sugli aiuti di Stato a favore dell’occupazione possa consentire la concessione di contributi alle imprese ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 63, oltre il limite stabilito dalla regola de minimis, senza adempiere agli obblighi di comunicazione prescritti in via generale dall’art. 88, par. 3, del Trattato CE, e se questa pretesa esenzione dagli obblighi di comunicazione possa comportare il diritto delle imprese a fruire del credito d’imposta richiesto per incrementi occupazionali oltre il tetto massimo previsto dalla normativa nazionale”.

I motivi sono anch’essi inammissibili (come eccepito dalla controricorrente) per assoluta mancanza di specificità dei quesiti, in quanto, in violazione dell’art. 366 bis c.p.c., come costantemente interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte, non viene esattamente indicato quale sia l’errore interpretativo in cui sia incorso il giudice d’appello e le regulae iuris che si vogliono invece affermate, con ciò impedendo alla Corte l’esercizio della propria funzione nomofilattica (cfr., tra le tante, Cass., sez. un., n. 26020 del 2008).

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 18 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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