Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15551 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 12/05/2010, dep. 30/06/2010), n.15551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI OPPEANO in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio

dell’avvocato MANZI LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MACCAGNANI GIOVANNI, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

M.L., elettivamente domiciliata in ROMA VIA P. LETO 2,

presso lo studio dell’avvocato STRONATI CLAUDIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato MANZO FRANCESCO, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 27/2006 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

VERONA, depositata il 16/05/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2010 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato ALBINI, per delega dell’Avvocato

MANZI, che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.L. proponeva ricorso avverso n. 5 avvisi di accertamento, notificatile dal Comune di Oppeano, relativi all’imposta ICI per gli anni dal 1997 al 2001 con i quali era stato rettificato il valore di un terreno, del quale era usufruttuaria essendo i figli nudi proprietari,per essere stato lo stesso inserito nel piano urbanistico comunale come area di espansione residenziale, sia pure in carenza di strumento attuativo. La adita Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso, negando le agevolazioni richieste quale coltivatore diretto per carenza di prova sui requisiti di cui al del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 9. La relativa sentenza veniva impugnata dalla contribuente.

La Commissione Tributaria Regionale con la sentenza di cui in epigrafe accoglieva l’appello ritenendo provato che la contribuente ed i di lei figli avessero la qualifica di coltivatore diretto.

Contro tale sentenza ricorre con motivo unico il Comune; la contribuente controdeduce.

Diritto

MOTIVAZIONE

Il comune ha dedotto la violazione ed erronea applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 9, con riferimento anche all’art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3); lamenta che il giudice dell’appello abbia ritenuto che il beneficio di cui alla L. n. 504 del 1992, art. 5, comma 7, competa alla contribuente pur essendo incontestato che il terreno in questione risulti condotto non dalla stessa, usufruttuaria del terreno e già coltivatrice diretta oggi in pensione, ma dai di lei figli, nudi proprietari e coltivatori diretti.

La contribuente al contrario nel controricorso contesta quanto sopra e, richiamato il disposto del D.P.R. n. 139 del 1998, art. 2, comma 1, lett. a) in tema di “possesso”, rileva che il fatto che il beneficio possa spettare al contribuente – che può anche non essere il possessore e conduttore dei terreni – non impedisce alla norma di realizzare in pieno la sua ratio, che riflette la volontà del legislatore di concedere un beneficio economico al contribuente che, pur potendo disporre ed utilizzare di un terreno come edificabile, lo destina ad attività agricola.

Il ricorso è fondato in applicazione del principio già affermato da questa Corte, e condiviso da questo Collegio, (Sentenza n. 214 del 07/01/2005; e n. 24504 del 2009) secondo il quale “In tema di imposta comunale sugli immobili, la riduzione (dell’imposta) per i terreni agricoli prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9, è condizionata alla ricorrenza dei requisiti della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, e della conduzione diretta dei terreni; ai fini di detta norma, si considerano coltivatori diretti o imprenditori a titolo principale, secondo il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 58, comma 2, le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dalla L. 19 gennaio 1963, n. 9, art. 11, e soggette al corrispondente obbligo dell’assicurazione per invalidità, vecchiaia e malattia. Ne consegue che, mentre l’iscrizione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, è idonea a provare, al contempo, la sussistenza dei primi due requisiti, atteso che chi viene iscritto in quell’elenco svolge normalmente a titolo principale quell’attività (di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo) legata all’agricoltura, il terzo requisito, relativo alla conduzione diretta dei terreni, va provato in via autonoma, potendo ben accadere che un soggetto iscritto nel detto elenco poi non conduca direttamente il fondo per il quale chiede l’agevolazione, la quale, pertanto, non compete” Nel caso di specie non è contestato che, con riferimento alle annualità in questione, il fondo sia stato condotto dai figli (coltivatori diretti) della contribuente e non dalla medesima, che peraltro già coltivatrice diretta oggi in pensione. Tanto comporta la carenza del terzo requisito, cioè quello della conduzione diretta del terreno da parte del contribuente che chiede di fruire del beneficio fiscale, requisito obbligatoriamente necessario quanto gli altri due.

Nè, in senso contrario soccorre la norma richiamata dalla controricorrente, cioè il D.P.R. n. 139 del 1998, art. 2: la stessa, infatti, oltre ad essere stata abrogata dal D.P.R. 30 dicembre 1999, n. 536, art. 1, era relativa al riconoscimento della ruralità dei fabbricati o porzioni di fabbricati destinati ad edilizia abitativa, essendo contenuta nel Regolamento recante norme per la revisione dei criteri di accatastamento dei fabbricati rurali. Si tratta quindi di una norma che non offre alcuno spunto ai fini di una ricostruzione sistematica circa il beneficio concesso dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9.

Nè può ritenersi, come erroneamente deduce la controricorrente che abbia rilevanza giuridica la conduzione del fondo de quo da parte della famiglia G. (marito della ricorrente) già da molti anni, e/o la mera convivenza della contribuente con i di lei figli.

Ed infatti, come ha già affermato questa Corte (sentenza n. 19925 del 2007), anche se con riferimento all’espropriazione per pubblico interesse (o pubblica utilità) “In tema di indennità di espropriazione, il proprietario che, avendo dichiarato ai fini I.C.I. la natura agricola di terreni poi espropriati, chieda la determinazione dell’indennità sulla base di detta natura invocando il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, lett. b, – per il quale non sono fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai soggetti indicati nell’art. 9, comma 1 (coltivatori diretti od imprenditori agricoli che esplicano la loro attività a titolo principale) – deve fornire la prova rigorosa della sussistenza delle condizioni previste dalle norme indicate ed in particolare di condurre i terreni stessi e che su questi persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale, non essendo sufficienti nè la costituzione di una società semplice diretta alla coltivazione del fondo, nè l’iscrizione della stessa nella speciale sezione riservata alle imprese agricole presso la Camera di commercio, nè la circostanza che l’intero nucleo familiare risieda presso la corte interna del fondo espropriato, in quanto è necessario provare l’esercizio effettivo dell’impresa familiare agricola. Nel caso di specie non è stata nè affermata nè provata l’esistenza di un’impresa familiare agricola, con la conseguenza di una palese divaricazione tra il contribuente fruitore del beneficio richiesto ed il soggetto detentore e conduttore diretto del fondo. Da tutto quanto esposto deriva l’affermazione del seguente principio di diritto: “In tema di imposta comunale sugli immobili, la riduzione per i terreni agricoli prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9 è condizionata dalla ricorrenza dei requisiti della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale e della conduzione diretta dei terreni; ai fini di detta norma il requisito relativo alla conduzione diretta dei terreni non può ritenersi sussistente in capo all’usufruttuario del terreno che non conduca il terreno stesso, anche se sussiste in capo al nudo proprietario.

Il ricorso deve, pertanto, essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

Tenuto conto delle alterne vicende processuali si compensano integralmente tra le parti le spese dell’intero procedimento.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente. Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero procedimento.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

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