Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15551 del 14/07/2011

Cassazione civile sez. I, 14/07/2011, (ud. 27/04/2011, dep. 14/07/2011), n.15551

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.N., domiciliato in Roma, alla piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione, unitamente all’avv.

MARRA Alfonso Luigi, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro

p.t., domiciliato in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, dalla quale è rappresentato e

difeso per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte di Appello di Napoli n. 2770/08,

depositato il 7 ottobre 2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27

aprile 2011 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. GOLIA Aurelio, il quale ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con decreto del 7 ottobre 2009, la Corte di Appello di Napoli ha accolto la domanda di equa riparazione proposta da C.N. per la violazione del termine di ragionevole durata del processo, verificatasi in un giudizio dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Campania promosso dall’istante nei confronti della Regione Campania, ed ha condannato il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento di Euro 5.750,00, a titolo di indennizzo per il danno non patrimoniale, nonchè alla rifusione delle spese processuali, che ha liquidato in complessivi Euro 700.00, ivi compresi Euro 420,00 per onorario, Euro 260,00 per diritti ed Euro 20,00 per spese, oltre al rimborso delle spese generali.

In proposito, la Corte ha ritenuto applicabile l’art. 50, lett. b), della tariffa forense, osservando che la trattazione del ricorso in Camera di consiglio non escludeva la natura contenziosa del procedimento, non annoverabile tra quelli di volontaria giurisdizione, la cui caratteristica indefettibile consiste nell’assenza originaria di una posizione conflittuale tra le parti.

2. – Avverso il predetto decreto il C. propone ricorso per cassazione, articolato in sette motivi. Il Ministero resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il secondo motivo, il cui esame appare logicamente preliminare rispetto agli altri, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 6, par. 1, della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 1 del relativo Protocollo aggiuntivo, sostenendo che la Corte d’Appello ha liquidato le spese processuali in misura insufficiente rispetto agli standards europei.

1.1. – La censura è infondata.

Nei giudizi di equa riparazione promossi ai sensi della L. n. 89 del 2001, che si svolgono dinanzi al giudice italiano secondo le disposizioni processuali dettate dal codice di rito, la liquidazione delle spese processuali deve essere infatti effettuata applicando le tariffe professionali vigenti nell’ordinamento italiano, e non già in base agli onorari liquidati dalla Corte EDU, i quali attengono esclusivamente al regime del procedimento che si svolge dinanzi alla Corte di Strasburgo, dal momento che la liquidazione del compenso per l’attività professionale prestata dinanzi ai giudici dello Stato deve aver luogo secondo le norme che disciplinano la professione legale davanti alle corti ed ai tribunali di quello Stato (cfr.

Cass., Sez. 1, 11 settembre 2008, n. 23397).

2. – Sono invece inammissibili, per difetto di autosufficienza, il primo, il terzo ed il quarto motivo d’impugnazione, con cui il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., nonchè l’omessa. insufficiente, contraddittoria o incongrua motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, censurando il decreto impugnato nella parte in cui ha liquidato le spese processuali secondo la tariffa professionale relativa ai procedimenti di volontaria giurisdizione, anzichè in base a quella relativa ai procedimenti contenziosi.

2.1. – Il ricorrente si limita infatti a criticare astrattamente il riferimento, contenuto nella motivazione del decreto impugnato, agli onorari previsti dall’art. 50, lett. b) della tabella A allegata al D.M. 8 aprile 2004, n. 127, per i procedimenti speciali davanti alle corti d’appello, il cui richiamo appare di per sè insufficiente a giustificare l’affermazione dell’avvenuta violazione della tariffa professionale, in assenza della dimostrazione che l’applicazione di tale disposizione ha condotto in concreto al riconoscimento di compensi inferiori a quelli minimi inderogabilmente previsti dalla tabella relativa ai procedimenti contenziosi.

3. – Per analoghi motivi, sono inammissibili gli ultimi tre motivi, con cui il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. e della L. 13 giugno 1942, n. 794, art. 24, nonchè l’omessa, insufficiente, contraddittoria o incongrua motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, osservando che, nella liquidazione delle spese processuali, la Corte d’Appello si è discostata dalla nota specifica da lui depositata, senza fornire alcuna motivazione.

3.1. – Il ricorrente, infatti, pur dolendosi del mancato riconoscimento delle prestazioni indicate nella nota specifica asseritamente depositata nel giudizio dinanzi alla Corte d’Appello, si è astenuto dal riportarne il contenuto nel ricorso, limitandosi ad includervi alcune tabelle estratte dalla tariffa professionale, la cui trascrizione non appare sufficiente a consentire a questa Corte la necessaria verifica in ordine alla denunciata violazione, in mancanza di una specifica indicazione delle voci e degl’importi di cui si contesta l’omessa liquidazione (cfr. Cass., Sez. 3^, 19 aprile 2006, n. 9082; Cass., Sez. 1^, 16 marzo 2000. n. 3040).

2. – Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, e condanna C.N. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro 900,00 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 27 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2011

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