Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15548 del 08/07/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 15548 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 15820-2008 proposto da:
MOSCHELLA PIERA C.F.MSCPRI57H69A509C, ED IL MARITO
MARALLO WALTER C.F.MRLWTR56B20I129R, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 132-18,
presso lo studio dell’avvocato DE AMICIS FULVIO,
rappresentati e difesi dall’avvocato IORIO QUIRINO;
– ricorrenti –

201
contro

120

SARNO NICOLA C.F.SNRNCL48A02M130M – QUALE PROCURATORE
DELLA

SIG.RA

MARGHERITA

PISANO,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA VELLETRI 21, presso lo

Data pubblicazione: 08/07/2014

studio

dell’avvocato

PAPA

FRANCESCANTONIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato GAROFALO ANNA;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 525/2008 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 12/02/2008;

udienza del 14/05/2014 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito

l’Avvocato

brio

Quirino

difensore

dei

ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Dalla sola narrativa della sentenza impugnata si ricava che Nicola Sarno,
non in proprio ma quale procuratore generale della madre, aveva agito innanzi
al Tribunale di Avellino nei confronti di Walter Marallo e di Piera Moschella,

resistere in giudizio i convenuti chiedevano, in via riconvenzionale, che fosse
accertato il loro acquisto della proprietà del fondo per intervenuta usucapione.
Si ricava, altresì, che il Tribunale abbia rigettato la domanda principale e
accolto quella riconvenzionale, nei riguardi della sola Piera Moschella,
compensando le spese.
Adita in via principale da Nicola Sullo e in via incidentale da Walter
Marallo e da Piera Moschella, la Corte d’appello di Napoli, accolto l’appello
principale e rigettato quello incidentale, ribaltava la pronuncia di primo
grado, dichiarando la rappresentata Margherita Pisano proprietaria esclusiva
del fondo.
Osservava che dalla testimonianza di Sabino Moschella (fratello di Piera),
il cui contenuto non era adeguatamente contrastato dalle pur numerose altre
testimonianze, era risultato che Margherita Pisano aveva concesso l’uso
gratuito del fondo alla sorella Giovannina, madre di Piera, e al marito di lei, i
quali erano soliti disobbligarsi per il favore ricevuto corrispondendo parte dei
frutti ricavati e del vino prodotto. Pertanto, poiché Giovannina Pisano, prima,
e la figlia Piera e il marito di lei, Walter Marallo, poi, avevano ricevuto “la
detenzione del terreno de quo per mero spirito di tolleranza (e di affetto
fraterno)”, e poiché non risultava essere stato posto in essere alcun atto
d’interversione del possesso, tale detenzione non era mai stata mutata in
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per l’accertamento della proprietà di un fondo ubicato in San Potito Ultra. Nel

possessio ad usucapionem. Il terreno, quindi, era sempre rimasto in proprietà
a Margherita Pisano (come del resto risultava dall’opposizione al P.R.G. che
quest’ultima aveva sollevato nel 1992).
Per la cassazione di tale sentenza Piera Moschella e Walter Marallo

Resiste con controricorso Nicola Sarno, nella ridetta sua qualità.
I ricorrenti hanno depositato memoiia.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Col primo motivo i ricorrenti deducono l’omessa e/o insufficiente
motivazione della sentenza impugnata, per la mancata descrizione della
sentenza di primo grado, il che avrebbe impedito di confrontare questa con
quella d’appello. Precisano al riguardo che la narrativa della sentenza della
Corte territoriale fa riferimento a tutt’altra vicenda, di talché la possibilità di
valutare le censure di cui al ricorso mediante il solo esame della sentenza
d’appello risulta frustrata.
2. – Il secondo motivo (rubricato sotto la lettera A), corredato da quesito di
diritto ex art. 366-bis c.p.c., applicabile al ricorso ratione temporis, espone la
violazione degli artt. 112 e 345, comma 2 c.p.c., in relazione all’art. 1144 c.c.
Il potere dei convenuti sulla res, che la stessa parte attrice aveva definito nel
giudizio di primo grado come possesso, sebbene ne avesse allegato
l’inidoneità all’usucapione perché esercitato in mala fede, non poteva essere
considerato in grado d’appello come mera detenzione dovuta all’altrui
tolleranza, in quanto una tale eccezione deve ritenersi nuova e dunque
inammissibile.

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propongono ricorso, affidato a cinque motivi.

3. – Il terzo motivo (rubricato sotto la lettera B) deduce l’omessa e/o
insufficiente motivazione in ordine alla detenzione per mera tolleranza del
fondo in contestazione.
Sostiene parte ricorrente che la deposizione del teste Sabino Moschella,

dalla Corte d’appello, la quale ha attribuito ai ricordi di lui, che all’epoca di
inizio della coltivazione del fondo da parte del padre era appena decenne,
l’attitudine a fornire la giusta qualificazione giuridica dei fatti.
Inoltre, la Corte territoriale non affermerebbe il vero quando esclude
l’esistenza di atti d’interversione, perché concedere ai vicini la servitù di
acquedotto, elettrodotto ed altro sul terreno è certamente atto di esercizio del
possesso, sicché gli elementi raccolti al riguardo smentiscono categoricamente
quanto affermato dai giudici d’appello.
Ancora, la teste Paola Moschella ha riferito che il padre (suo e di Piera,
n.d.r.) aveva affermato che l’atto di divisione del 1969 era puramente formale,
perché la zia (cioè Margherita Pisano) non aveva alcun interesse alla proprietà
del terreno, sicché tutti loro da quel momento se ne erano sentiti proprietari.
Né ha rilievo alcuno l’atto di opposizione al P.R.G. del 1992, perché diretto
alla P.A. e non agli odierni ricorrenti.
4. – Il quarto mezzo d’annullamento (identificato dalla lettera C) lamenta
l’errata applicazione dell’art. 1144 c.c., in quanto la tollerann non può
protrarsi per oltre 30 anni per puro affetto familiare, avendo invece per sua
natura carattere occasionale, saltuario ed incostante.
5. – Il quinto motivo, infine, denuncia l’omessa e/o insufficiente
motivazione “per disapplicazione dei canini di logica ordinaria nella
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fratello di Piera Moschella, è stata valutata in maniera illogica e incongruente

valutazione degli elementi di prova raccolti, e segnatamente delle risultanze
testimoniali”.
Parte ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto attendibile il
teste Sabino Moschella, senza considerare che da un documento datato

ceduto a titolo gratuito proprio una porzione del terreno per cui è causa,
porzione sulla quale è necessario che transiti la nuova strada realizzata da
Sabino Moschella, spostando arbitrariamente il precedente percorso su cui
transitavano gli odierni ricorrenti (e prima ancora il padre di Sabino e Piera
Moschella).
Inoltre, la Corte territoriale non ha considerato né che nel precedente
giudizio possessorio instaurato dal Sarno (sempre nella ridetta sua qualità)
innanzi al Tribunale di Avellino il suddetto teste aveva reso dichiarazioni di
segno opposto, negando addirittura che prima del 1999 il fondo di proprietà di
Margherita Pisano fosse stato coltivato dai Moschella; né che in detto giudizio
egli sia stato ritenuto inattendibile per essere in disaccordo con la sorella Piera
su questioni inerenti al fondo e alla servitù di passaggio.
Non si comprende, conclude parte ricorrente, come il medesimo rapporto
di parentela renda il teste Sabino più attendibile degli altri nove testi escussi,
tra cui la sorella Paola, che non si è limitata a riferire del mero potere di fatto
degli odierni ricorrenti, ma ha parlato all’evidenza di possesso.
6. – Il ricorso è improcedibile non essendo stata depositata la copia della
sentenza impugnata con la relata di notifica, come prescritto dall’art. 369, 2°
comma, n. 2 c.p.c.

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7.2.1999 e prodotto dal Sarno risulta che Margherita Pisano gli avrebbe

La previsione – di cui al secondo comma, n. 2, dell’art. 369 cod. proc. civ. dell’onere di deposito a pena di improcedibilità, entro il termine di cui al
primo comma della stessa norma, della copia della decisione impugnata con la
relazione di notificazione, ove questa sia avvenuta, è funzionale al riscontro,

quindi, non disponibile dalle parti) del rispetto del vincolo della cosa
giudicata formale – della tempestività dell’esercizio del diritto di
impugnazione, il quale, una volta avvenuta la notificazione della sentenza, è
esercitabile soltanto con l’osservanza del cosiddetto termine breve.
Nell’ipotesi in cui il ricorrente, espressamente od implicitamente, alleghi che
la sentenza impugnata gli è stata notificata, limitandosi a produrre una copia
autentica della sentenza impugnata senza la relata di notificazione, il ricorso
per cassazione deve essere dichiarato improcedibile, restando possibile evitare
la declaratoria di improcedibilità soltanto attraverso la produzione separata di
una copia con la relata avvenuta nel rispetto del secondo comma dell’art. 372
cod. proc. civ., applicabile estensivamente, purché entro il termine di cui al
primo comma dell’art. 369 cod. proc. civ., e dovendosi, invece, escludere ogni
rilievo dell’eventuale non contestazione dell’osservanza del termine breve da
parte del controricorrente ovvero del deposito da parte sua di una copia con la
relata o della presenza di tale copia nel fascicolo d’ufficio, da cui emerga in
ipotesi la tempestività dell’impugnazione (Cass. nn. 25070/10, S.U. 9005/09).
Nella specie, dall’epigrafe del ricorso si ricava che la sentenza d’appello è
stata notificata all’avv. Quirino brio, procuratore in grado d’appello degli
odierni ricorrenti, in data 3.4.2008. Tale sentenza, tuttavia, risulta essere stata
depositata in copia autentica ma senza ia relata di notifica.
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da parte della Corte di cassazione – a tutela dell’esigenza pubblicistica (e,

7. – Oltre a ciò, il ricorso è pure inammissibile per difetto del requisito, di
cui all’art. 366, primo comma, n. 3 c.p.c., della mancata esposizione
sommaria dei fatti di causa.
Il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l’esposizione dei

tale mancanza non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui
si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza
di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso
l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di autonomia del ricorso
per cassazione (Cass. S.U. n. 11308/14).
8. – Data la precedenza della questione d’improcedibilità rispetto a quella
d’inammissibilità (cfr. Cass. n. 6706/13), il ricorso va dichiarato
improcedibile.
9. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della
parte ricorrente.

P. Q. M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna i ricorrenti alle
spese, che liquida in E 3.200,00, di cui 200,00 per esborsi, oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile
della Corte Suprema di Cassazione, il 14.5.2014.

fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile;

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