Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15547 del 22/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/06/2017, (ud. 12/05/2017, dep.22/06/2017),  n. 15547

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21992-2015 proposto da:

D.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TUSCOLANA

982, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO COSENZA; che le

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’amministratore

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, V.GUIDO ALFANI 29, presso

lo studio dell’avvocato GIANMARCO PANETTA, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIANFRANCO SALUTARI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 284/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 25/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/05/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

D.N. ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi avverso la sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila n. 284/2015 del 25 febbraio 2015. La sentenza impugnata ha rigettato l’appello formulato dallo stesso D.N. avverso la sentenza resa il 18 luglio 2013 dal Tribunale di Avezzano. Il giudizio aveva avuto inizio con ricorso per decreto ingiuntivo presentato dal Condominio (OMISSIS), nei confronti di D.N., relativo al pagamento della somma di Euro 15.174,78 dovuta a titolo di contributo per i lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio deliberati nel 2000 ed eseguiti tra il 2000 ed il 2002, avendo poi il D’Incoronato alienato la propria unità immobiliare nel 2003.

Resiste con controricorso il Condominio (OMISSIS).

La Corte d’Appello di L’Aquila nella sentenza impugnata, per quanto qui rilevi, ha dichiarato inammissibile perchè tardiva l’eccezione di prescrizione dell’opponente, poi appellante, D., in quanto avanzata in primo grado non con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, ma solo con la comparsa di costituzione del suo nuovo difensore depositata il 30 aprile 2013, ben dopo la maturazione delle preclusioni deduttive. La Corte di L’Aquila ha poi definito infondata l’eccezione di carenza di legittimazione passiva del D. (ovvero, di suo difetto di titolarità passiva del rapporto obbligatorio per cui è causa), essendo lo stesso appellante condomino al momento in cui vennero deliberati i lavori di manutenzione straordinaria, e perciò obbligato alle spese ad essi inerenti, pur non essendo più condomino all’epoca dell’approvazione della delibera di ripartizione dell’aprile 2006.

Il primo motivo di ricorso di D.N. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2937 c.c., in relazione all’eccezione di prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c., comma 4. Il ricorrente critica la Corte di L’Aquila per aver erroneamente ritenuto rinunciata tacitamente la prescrizione, avendo eccepito la stessa solo nella comparsa del nuovo difensore. Viene all’uopo citata giurisprudenza concernente la rinuncia implicita o tacita alla prescrizione.

Il secondo motivo di ricorso deduce la contraddittoria motivazione in relazione alla carenza di legittimazione passiva del D. con riguardo alla pretesa creditoria del Condominio (OMISSIS), la quale si basa su una delibera di ripartizione delle spese del 2006, allorchè egli aveva ormai venduto la propria unità immobiliare ai signori R. e V. e non poteva quindi partecipare all’assemblea nè impugnarne la decisione.

Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato per manifesta infondatezza, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il Condominio (OMISSIS) ha presentato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Il primo motivo di ricorso denota un evidente difetto dei necessari requisiti di specificità, completezza e riferibilità alla sentenza impugnata, in quanto non si confronta con la ratio decidendi di essa.

Dalla lettura del provvedimento, emerge con chiarezza che la Corte d’Appello di L’Aquila non ha ritenuto tacitamente o implicitamente rinunciata la prescrizione (come contesta il ricorrente), ma ha dichiarato inammissibile la relativa eccezione, giacchè formulata non già con l’atto di opposizione a decreto ingiuntivo, ma solo con la comparsa di costituzione del nuovo difensore depositata il 30 aprile 2013.

La decisione della Corte di L’Aquila è corretta, in quanto la preclusione del convenuto alla proposizione di eccezioni non rilevabili d’ufficio, ex art. 167 c.c., comma 2, quale appunto è l’eccezione di prescrizione (eccezione in senso stretto: art. 2938 c.c.), nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, nel quale l’opponente è solo formalmente attore, ma è sostanzialmente parte convenuta, va riferita all’atto di opposizione ai sensi dell’art. 645 c.p.c. (arg. da Cass. Sez. L, 28/09/2016, n. 19186; Cass. Sez. L, 14/07/1997, n. 6391).

Il secondo motivo di ricorso è, poi, inammissibile, o comunque infondato.

La doglianza deduce un vizio di contraddittorietà della motivazione e non tiene conto del vigente parametro dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto questo, come riformulato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012, contempla soltanto il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo. Ne consegue che tale vizio va denunciato nel rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, dovendo il ricorrente indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”.

Tale motivo si duole, peraltro, della carenza di legittimazione passiva del D. rispetto alla pretesa creditoria del Condominio, per aver egli già alienato la sua unità immobiliare al momento della deliberazione assembleare di ripartizione delle spese di manutenzione straordinaria, fatto esaminato e superato nella sentenza impugnata, la quale ha dato correttamente rilievo alla data della deliberazione di approvazione di tali lavori, allorchè il ricorrente era ancora condomino e perciò era obbligato a contribuire agli esborsi.

Trova qui applicazione ratione temporis, attesa l’epoca di insorgenza dell’obbligo di spesa per cui è causa, l’art. 63 disp. att. c.c., comma 2, nella formulazione antecedente alla modificazione operata dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220. In forza di tale norma, chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Dovendosi individuare, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 2, quando sia insorto l’obbligo di partecipazione a spese condominiali per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni (ristrutturazione della facciata dell’edificio condominiale)”, deve farsi riferimento alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l’esecuzione di tale intervento, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione (Cass. Sez 6 – 2, 22 marzo 2017, n. 7395; Cass. Sez. 2, 03/12/2010, n. 24654). Tale momento rileva anche per imputare l’obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, se gli stessi non si siano diversamente accordati, rimanendo, peraltro, inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro.

Questa Corte ha in passato affermato che, poichè, una volta perfezionatosi il trasferimento della proprietà di un’unità immobiliare, l’alienante perde la qualità di condomino e non è più legittimato a partecipare alle assemblee (potendo far valere le proprie ragioni sul pagamento dei contributi solo attraverso l’acquirente che gli è subentrato), non può essere chiesto ed emesso nei suoi confronti decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 1, per la riscossione dei contributi condominiali, atteso che la predetta norma di legge può trovare applicazione soltanto nei confronti di coloro che siano condomini al momento della proposizione del ricorso monitorio (cfr. Cass. Sez. 2, 09/09/2008, n. 23345; Cass. Sez. 2, 09/11/2009, n. 23686).

Tuttavia, per quanto dapprima detto, obbligato a contribuire alle spese di manutenzione straordinaria dell’edificio è chi era condomino, giacchè proprietario dell’unità immobiliare poi alienata, al momento della delibera assembleare che abbia disposto l’esecuzione di detti lavori, proprio per il valore costitutivo della relativa obbligazione. La circostanza della vendita dell’unità immobiliare prima che siano stati approvati tutti gli stati di ripartizione delle spese inerenti quei lavori, o comunque prima che il condomino che aveva approvato gli stessi abbia adempiuto ai propri oneri verso il condominio, può impedire che sia emesso il decreto ingiuntivo con la clausola di immediata esecutività ex art. 63 disp. att. c.c., comma 1, ma di certo non estingue il debito originario del cedente, che rimane azionabile in sede di processo di cognizione, o di ingiunzione ordinaria di pagamento.

Il ricorso va perciò rigettato e il ricorrente va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione integralmente rigettata.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 12 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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