Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15544 del 22/06/2017

Cassazione civile, sez. VI, 22/06/2017, (ud. 19/05/2017, dep.22/06/2017),  n. 15544

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Presidente –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30137-2014 proposto da:

AVV. M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso da sè medesimo;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA R. GRAZIOLI

LANTE 16, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO BONAIUTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANNA MARIA PACCIARINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 600/2013 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata l’1/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/05/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO ANTONIO

GENOVESE.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Ancona, con la sentenza n. 600 del 2013 (pubblicata il 1 ottobre 2013), ha respinto il gravame proposto da M.D. contro la sentenza del Tribunale di Pesaro che, tra l’altro, oltre a dichiarare che egli era il “padre naturale” di Bi.Gu., ha respinto anche la sua domanda di risarcimento danni proposta contro la madre del predetto, B.G., per il concepimento “a sua insaputa e contro la sua volontà”.

Secondo la Corte territoriale, l’appellante aveva proposto un gravame in gran parte inammissibile (oltre che infondato) in quanto, da un lato, la sentenza di prime cure non era stata utilmente censurata nella parte in cui aveva affermato una responsabilità colposa dell’attore “avendo egli deciso di avere rapporti sessuali (…) senza l’uso di contraccettivi”, sicchè era possibile “evidenziare che egli avesse accettato il rischio di una possibile procreazione”, e da un altro, avendo egli ammesso di avere avuto una pluralità di rapporti non protetti sicchè, ove anche fosse stato vero che la B. gli aveva mentito sulla sua non fertilità in un certo dato giorno non poteva dirsi che il concepimento fosse avvenuto proprio in quell’occasione. Senza dire che, in generale, la nascita di un figlio non può integrare un danno ingiusto, ai sensi dell’art. 2043 c.c..

Il ricorrente, di contro, impugna per cassazione con due motivi allegando la violazione (o falsa applicazione) degli artt. 2043, 2733 e 2735 c.c. e art. 41 c.p. (per il dolo nella causazione della procreazione) e l’omesso esame di un fatto decisivo costituito dalla menzogna fraudolenta come causa determinante dell’evento procreativo.

Il Collegio condivide la proposta di definizione della controversia notificata alla parte costituita nel presente procedimento, pur avendo il ricorrente mosso osservazioni critiche con la memoria illustrativa.

Il ricorso, infatti, è inammissibile perchè una duplice ragione. Da un lato, perchè, in contrasto con il principio di diritto posto da Cass. SU civili (nella Sentenza n. 8053 del 2014), sotto le apparenti spoglie della violazione dei menzionati dispositivi di legge (o dell’omesso esame di un fatto decisivo), sollecita questa Corte a compiere un sostanziale – e non consentito riesame delle risultanze processuali ed una diversa valutazione degli apprezzamenti giudiziali sulla reale portata di quanto accertato nella fase di merito.

Da un altro, per quanto la memoria cerchi di rimediare- ormai oltre la sede ed il tempo consentiti – al rilevato difetto, il ricorso non censura l’affermazione centrale contenuta nella sentenza impugnata costituita dalla non sussumibilità del fatto-procreazione sotto lo stampo dell’illecito ex art. 2043.

Da ultimo, e solo per completezza di esame delle questioni poste – inammissibilmente anche con la memoria – si osserva che questa stessa Corte (Cass. sez. 3, sent. n. 10906 del 2017, pp. 6-7) ha confermato il principio di diritto non censurato sopra espresso dal giudice a quo.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso seguono le spese processuali (liquidate come in dispositivo) e l’affermazione della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

 

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di questa fase del giudizio che liquida in complessivi Euro 4.100,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara che sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Dispone che, ai sensi del D.Lgs. n. 198 del 2003, art. 52, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi, in caso di diffusione del presente provvedimento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 – 1 sezione civile della Corte di cassazione, il 19 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA