Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15543 del 27/07/2016


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Cassazione civile sez. un., 27/07/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 27/07/2016), n.15543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente di Sez. –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di Sez. –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di Sez. –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente di Sez. –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26317-2015 proposto da:

G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G. MAZZINI

11, presso lo studio dell’avvocato RENATO TOBIA, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato LIVIA ROSSI, per delega in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, CONSIGLIO

DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI PERUGIA;

– intimati –

avverso la decisione n. 145/2015 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,

depositata il 24/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2016 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

uditi gli avvocati Renato TOBIA e Livia ROSSI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con deliberazione del 19.10.2007 notificata il 23.10.2007, il C.O.A. di Perugia sottoponeva l’Avv. G.F. a procedimento disciplinare, in quanto il (OMISSIS) coinvolto nei disordini tra tifosi e Polizia sorti in concomitanza con la partita di calcio (OMISSIS), per i quali in sede penale gli era stata applicata, con sentenza di patteggiamento ai sensi dell’art. 444 c.p.p.divenuta irrevocabile nell’ottobre del 2003, la pena della reclusione per sei mesi oltre alla misura di prevenzione dell’obbligo di firma per tre anni, presso il Commissariato di Polizia, in occasione delle partite di calcio della Roma, misura divenuta definitiva il 25.02.2003. Il C.O.A. di Perugia con decisione del 22.06.2012 depositata il 9.05.2013, riteneva l’Avv.to G. responsabile delle violazioni disciplinari ascrittegli, ricondotte all’art. 5, comma 2 del Codice Deontologico Forense approvato nel 1997, e gli infliggeva la sanzione della sospensione per mesi due dall’esercizio della sua professione. Con sentenza del 17.07.2014-24.09.2015 il C.N.F. respingeva il ricorso proposto dal professionista avverso la decisione del C.O.A di Perugia. Contro questa sentenza notificatagli il 22.10.2015, il G. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo e notificato il 2-3.11.2015 al PG presso questa Corte ed il 12-17.11.2015 al COA di Perugia, che non ha svolto difese. Col ricorso è stata anche chiesta in via preventiva e d’urgenza la sospensione dell’esecuzione dell’impugnata pronuncia e quindi dell’inflitta sanzione, ai sensi dell’art. 36, comma 7 della L.P.F. n. 247 del 2012, ma all’adunanza camerale fissata per la trattazione dell’istanza, i difensori del ricorrente hanno desistito dalla richiesta di sospensiva, sicchè con provvedimento del 9.02.2016 si è dichiarato il non luogo a provvedere sulla stessa.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

A sostegno del ricorso l’Avv.to G. ha dedotto “Eccezione di prescrizione L. n. 247 del 2012, ex art. 56 sui capi d’incolpazione A) B) C) rilevabile di ufficio” e chiesto che, in accoglimento del suo ricorso ed in riforma della sentenza del CNF, sia ritenuta estinta per prescrizione la violazione deontologica addebitatagli, risalendo i fatti d’incolpazione a circa 12 anni fa. Il ricorrente assume sostanzialmente che, quanto ai termini di prescrizione, al suo procedimento disciplinare ancora in corso al 2.02.2013, data di entrata in vigore della L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 56, comma 3, recante la Nuova disciplina dell’ordinamento forense, si dovrebbe applicare il limite di durata dell’azione disciplinare, pari a 7 anni e sei mesi, introdotto da quella nuova disposizione ed ormai superato, e ciò in quanto regime più mite da privilegiare ai sensi dell’art. 65, comma 5 del medesimo testo normativo.

Il motivo non ha pregio. Le disposizioni transitorie di cui alla L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 65, non legittimano l’attribuzione di portata retroattiva al precedente art. 56 del medesimo testo, implicante innovazioni del pregresso regime della prescrizione dell’azione disciplinare, contemplato dal R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 51) e superato dalla nuova disciplina; d’altra parte diversa conclusione non è giustificata nemmeno dal disposto del comma 5 del medesimo art. 65, secondo cui le norme contenute nel nuovo codice deontologico (in vigore dal 15.12.2014) se più favorevoli per l’incolpato si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, Queste Sezioni Unite hanno, infatti, già reiteratamente affermato il principio che la L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 65, comma 5riguarda esclusivamente la successione nel tempo delle norme incriminatrici del previgente e del nuovo codice deontologico del 2014; ne consegue che per l’istituto della prescrizione, la cui fonte è legale e non deontologica, resta operante il criterio generale dell’irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative, con conseguente inapplicabilità dell’invocata limitazione temporale, introdotta con l’art. 56, comma 3, della L. n. 247 (cfr Cass S.U. n. 11025 del 20.05.14; n. 1822 del 2.02.15: n. 14905 del 16.07.15: n. 23364 del 16.11.2015; n. 23836 del 23.11.15).

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto. Non deve statuirsi sulle spese del giudizio di cassazione, non avendo l’intimato COA svolto difese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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