Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15536 del 27/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 27/07/2016, (ud. 15/06/2016, dep. 27/07/2016), n.15536

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12576/2015 proposto da:

P.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA E. GIGLIOLI

117, presso lo studio dell’avvocato SIMONA PETRINI, rappresentata e

difesa dall’avvocato LUIGI MASSARO giusta procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 6593/1/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di ROMA del 27/05/2014, depositata il 05/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI;

udito l’Avvocato Luigi Massaro difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti e chiede l’accoglimento del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

P.S., quale erede di M.M., ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo contro la sentenza resa dalla CTR del Lazio meglio indicata in epigrafe che ha dichiarato inammissibile l’appello dalla stessa proposto avverso la sentenza resa dalla CTP di Roma n. 52/50/08. Il giudice di appello ha rilevato che la parte non aveva comunicato alcuna variazione di domicilio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17, sicchè le comunicazioni dell’udienza e della sentenza di primo grado erano state eseguite ritualmente presso la Segreteria della CTP. Da qui l’inammissibilità, per tardività, dell’appello proposto oltre il termine perentorio di un anno e 46 giorni dalla pubblicazione della sentenza.

Nessuna difesa scritta ha depositato l’Agenzia delle entrate.

La prima censura, che prospetta la violazione dell’art. 153 c.p.c., comma 2, è manifestamente infondata. Correttamente la CTR ha escluso la possibilità di rimettere in termini gli eredi della parte contribuente rispetto alla proposizione dell’appello, essendo pacificamente emerso che la comunicazione dell’udienza di trattazione al contribuente era stata tentata correttamente presso il suo domicilio, poi ritualmente provvedendosi alla comunicazione in segreteria in relazione alla mancata comunicazione della variazione da parte del medesimo contribuente (D.Lgs. n. 547 del 1992, art. 17), ancora in vita all’epoca dell’udienza.

Nemmeno poteva ipotizzarsi alcun elemento idoneo a giustificare la rimessione in termini correlata alla comunicazione della sentenza di primo grado presso il domicilio del contribuente, ancora una volta compiuta ritualmente presso il domicilio indicato dal predetto.

Peraltro, ai fini del rigetto del ricorso, è decisiva la circostanza che la giurisprudenza di questa Corte si è andata sedimentando nel senso che nel processo tributario la nullità derivante dall’omessa od irregolare comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza può essere fatta valere solo impugnando tempestivamente la sentenza conclusiva del giudizio, ovvero proponendo l’impugnazione tardiva nei limiti ed alle condizioni di cui all’art. 327 c.p.c.. In mancanza, la sentenza acquista efficacia di giudicato e la nullità di essa non può essere fatta valere nei giudizi di impugnazione degli ulteriori atti consequenziali emanati dall’erario sulla base della sentenza ormai passata in giudicato – cfr., da ultimo, Cass. n. 6692/2015 e, in precedenza, Cass. 23323/2013. Ciò conferma la correttezza della decisione impugnata che ha fondato la declaratoria d’inammissibilità dell’appello proposto a quasi sei anni di distanza dalla pubblicazione della sentenza di primo grado e, per altro verso, l’infondatezza dei rilievi censori esposti dalla parte ricorrente a proposito della necessità di ammettere comunque la decorrenza del termine di impugnazione della sentenza di primo grado dall’epoca in cui la parte aveva avuto conoscenza della decisione.

Sulla base delle superiori considerazioni il ricorso va rigettato. Nulla sulle spese.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Rigetta il ricorso.

Nulla sulle spese.

Dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 15 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2016

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