Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1553 del 28/01/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1553 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: GRECO ANTONIO

Imposte dirette
accertamento

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RANIZZOLD ANIMO,

rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio

Pietrobon e dall’avv. Alberto Maria Papadia, presso il quale è
elettivamente domiciliato in Roma alla via Catanzaro n. 9;
,

45

5g-

ricorrente –

contro

P – iefr
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato
presso la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n.
12;
– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale
del Veneto n. 47/28/04, depositata il 4 giugno 2007;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 29 aprile 2014 dal Relatore Cons. Antonio Greco;
uditi l’avv. Giorgio Pietrobon per il ricorrente e
l’avvocato dello Stato Mario Capolupo per la controricorrente e
ricorrente incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Paola Màstroberardino, che ha concluso per

/4.9

Data pubblicazione: 28/01/2015

l’accoglimento del secondo motivo e per il rigetto del primo
motivo del ricorso principale e per il rigetto del ricorso
incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Antonio Panizzolo propone ricorso per cassazione, affidato
a due motivi ed illustrato con successiva memoria, nei confronti
della sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

di accertamento – rispettivamente, cinque per ritenute alla fonte
non operate negli anni 1993, 1994, 1995, 1996 e 1997, quattro, ai
fini dell’IRPEF per gli anni 1994, 1995, 1996 e 1997, con i quali
venivano recuperati a tassazione costi indeducibili a fronte di
operazioni inesistenti, relative a fatture emesse da tale Giacamo
Colomba, e due con le quali venivano rettificate le dichiarazioni
IVA per gli anni 1995 e 1996 contestandogli la contabilizzazione
di fatture oggettivamente inesistenti -, accogliendo parzialmente
l’appello dell’ufficio finanziario, ha ritenuto legittimi
cinque atti impositivi riguardanti la mancata effettuazione di
ritenute alla fonte per gli anni dal 1993 al 1997, mentre ha
confermato l’annullamento degli altri avvisi.
Il giudice di secondo grado ha anzitutto escluso la non
specificità dei motivi dell’appello, rilevando che
l’amministrazione aveva chiaramente indicato, richiamando anche
la giurisprudenza, le ragioni in base alle quali chiedeva la
conferma della sentenza impugnata.
In ordine alla prima contestazione, vale a dire l’impiego
di manodopera non registrata ed il conseguente omesso versamento
di ritenute alla fonte, ha ritenuto sussistenti sufficienti
elementi per giudicare fondate le censure dell’amministrazione,
rilevando che, “fermo restando quanto evidenziato nei processi
verbali di constatazione_ e negli avvisi di accertamento o
rettifica”, agli atti vi erano numerosi elementi utili all’esame
della controversia, risultando che “l’impiego di manodopera non
registrata nel libro paga e libro matricola era stato
riconosciuto dalla sentenza 543/02 della sezione lavoro del
tribunale di Padova, con la quale è stato respinto il ricorso del
Panizzolo contro le ingiunzioni con le quali l’INPS ha chiesto il
versamento dei contributi previdenziali e relative sanzioni ed

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che, nel giudizio introdotto con l’impugnazione di undici avvisi

accessori. Nella stessa sentenza si legge che l’impiego di
manodopera non registrata è confermato dalle dichiarazioni di
natura confessoria, ex art. 2736 cod. civ., rese dal Panizzolo
all’ispettore dell’INPS”.
Quanto alla seconda contestazione, ha ritenuto che, a
fronte del dato oggettivo costituito dalla sentenza del Tribunale
di Padova relativa ai risvolti penali del presunto utilizzo di
Panizzolo perché il fatto non sussiste, la tesi dell’ufficio
appariva fondata esclusivamente sulle dichiarazioni del Colomba,
il quale, avendo omesso la tenuta delle scritture contabili,
aveva un evidente interesse a negare l’emissione delle fatture.
Né nella specie le presunzioni emergenti dalla sentenza penale
potevano dirsi gravi, precise e concordanti.
L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso
articolando un motivo di ricorso incidentale.
MYflVI reluk DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale, siccome
proposti nei confronti della medesima decisione, vanno riuniti
per essere definiti con unica pronuncia.
Con il primo motivo del ricorso principale il contribuente,
con riguardo alla reiezione dell’eccezione di inammissibilità
dell’appello, denunciando difetto assoluto di motivazione e vizio
di motivazione, nonché violazione dell’art. 53 del d.lgs. n. 546
del 1992, censura la sentenza impugnata per aver affermato che
l’ufficio appellante avrebbe chiaramente indicato le ragioni in
base alle quali chiedeva la riforma della decisione di primo
grado, ed assume l’insufficienza, alla luce della disposizione in
rubrica, della “mera ripetizione da parte dell’appellante delle
proprie tesi” difensive formulate in primo grado, e della
“enunciazione di aver fornito la prova o quant’altre apodittiche
affermazioni di parte”.
Il motivo è infondato, ove si consideri che questa Corte ha
chiarito come “nel processo tributario, qualora l’Amministrazione
finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le
stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della
legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado,
in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la

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fatture per operazioni inesistenti, che aveva assolto il

legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi
assolto l’onere d’impugnazione specifica previsto dall’art. 53
del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, secondo il quale il ricorso
in appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione”
e non già “nuovi motivi”, atteso il carattere devolutivo pieno
dell’appello, che è un mezzo di impugnazione non limitato al
controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, Ma

3064 del 2012, n. 14031 del 2006).
Con il secondo motivo, denunciando “violazione delle norme
di cui agli artt. 115-116 c.p.c., 62 d.lgs. 546/92 in relazione
all’art. 360, n. 5, c.p.c. Difetto assoluto di motivazione e
violazione della norma di cui all’art. 2909 c.c.”, premesso che
la decisione impugnata “aveva tratto il proprio convincimento non
già dalle prove assunte, né tantomeno dagli accertamenti
ispettivi, bensì esclusivamente dalla sentenza 543/02 della
sezione lavoro del Tribunale di Padova” avendo “ritenuto che quel
giudizio riguardasse, come in effetti riguardava, i medesimi
fatti posti a base, peraltro acriticamente, dei verbali di
constatazione della Guardia di finanza e degli avvisi di
accertamento impugnati, considerando quasi alla stregua dì un
giudicato esterno”, rileva che, tuttavia, come risultava dagli
atti di secondo grado, detta sentenza era stata appellata. E si
duole che il Giudice d’appello abbia basato “esclusivamente il
proprio convincimento e la motivazione della propria decisione
“per relationem” facendo cioè esclusivo riferimento ad altrui
valutazioni o ritenuti accertamenti di altra causa fra altre
parti, ancorché riguardante sostanzialmente i medesimi fatti, lì
dove poi la decisione era non definitiva”, ed assume che debba
essere posta nel nulla la “decisione presa per relationem lì dove
poi venga ad essere totalmente riformata la decisione ed i
conseguenti ritenuti accertamenti e valutazioni su cui il Giudice
abbia esclusivamente fondato il proprio convincimento e la
propria motivazione, risultati viceversa infondati con sentenza
passata in giudicato”.
Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Ed invero la sentenza impugnata ha ritenuto fondate le
contestazioni dell’ufficio relative alla ripresa a tassazione

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rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito” (Cass. n.

delle ritenute alla fonte in quanto “risulta che l’impiego di
manodopera non registrata nel libro paga e nel libro matricola
registrata è stato riconosciuto dalla sentenza 543/02 della
sezione lavoro del Tribunale di Padova, con la quale è stato
respinto il ricorso del Panizzolo contro le ingiunzioni con le
quali l’INPS ha chiesto il versamento dei contributi
previdenziali e relative sanzioni ed accessori. Nella stessa

confermato dalle dichiarazioni di natura confessoria, ex art.
2736 c.c., rese dal Panizzolo all’ispettore dell’INPS”.
Ora, la detta sentenza di primo grado del Giudice del
lavoro è stata riformata dalla Corte d’appello di Venezia – con
decisione divenuta definitiva, depositata dopo che era andata a
sentenza la pronuncia impugnata nella presente sede – la quale ha
accolto il gravame del Panizzolo revocando i decreti ingiuntivi e
l’ordinanza ingiunzione opposti, sul rilievo che “pur in presenza
di indizi probatori contrari_ reputa questa Corte che mancano
sicuri indici della “subordinazione” affermata, intesa quale
assoggettamento del prestatore al potere direttivo e disciplinare
del datore di lavoro, alla luce delle univoche dichiarazioni rese
dai tre lavoratori escussi in sede stragiudiziale circa
l’occasionalità e la saltuarietà delle prestazioni, oltre la
volontarietà dell’assunzione o meno dell’incarico di volta a
volta affidato per specifici e particolari lavori (il solo
Pagliaro)e dell’assenza della prova di controlli e direttive sul
loro operato ed altresì della non attendibilità_ nonché
considerato che le dichiarazioni del Colomba in sede
stragiudiziale non sono state riscontrate in sede giudiziale_ e
soprattutto sono state confutate dall’intervenuto fallimento del
medesimo e dagli eventi successivamente intervenuti, oltre che
dalle dichiarazioni rese dal lavoratore Martorana quanto al
lavorare nel cantiere per il medesimo Colomba e dalla mancata
allegazione in causa delle copie delle fatture e delle bolle di
consegna visionate in sede ispettiva”.
In relazione a diverse fattispecie processuali si è
ritenuto che “nel caso di ricorso per cassazione avverso la
sentenza la cui motivazione si limita a rinviare alle
argomentazioni contenute nell’altra, deve ritenersi sufficiente a

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sentenza si legge che l’impiego di manodopera no registrata è

soddisfare il requisito della specificità dei motivi anche il
solo motivo di ricorso che si richiami alla concreta ed attuale
possibilità di una riforma della decisione alla quale è stato
operato il rinvio e chieda la cassazione della sentenza impugnata
per il caso di annullamento della prima, in ragione del
sopravvenuto riconoscimento dell’inidoneità a sorreggerla degli
argomenti addotti a suo sostegno” (Cass. n. 1634 del 2003).

impugnata ha ritenuto fondate le contestazioni dell’ufficio
concernenti l’omesso versamento di ritenute alla fonte relative
all’impiego di manodopera non registrata sulla base
dell’accertamento del fatto, costituito dall’impiego di
manodopera non registrata, compiuto da una sentenza non
definitiva del Giudice del lavoro; che a seguito
dell’accertamento, nell’ambito di quello stesso giudizio, e con
sentenza divenuta definitiva, dell’insussistenza di rapporti di
lavoro subordinato, la motivazione della pronuncia della
Commissione regionale, che su quel primo accertamento era
imperniata, si appalesa come insufficiente.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale l’Agenzia delle
entrate, con riguardo al negato recupero a tassazione di costi
indeducibili a fronte di operazioni inesistenti, denuncia
“motivazione insufficiente e contraddittoria ai sensi dell’art.
360, n. 5, cod. proc. civ.”.
Il motivo è inammissibile, in quanto non conforme a quanto
prescritto dall’art. 366 bis cod. proc. civ.
Infatti, “in tema di formulazione dei motivi del ricorso
per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata
in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, ed impugnati per
omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiché
secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma,
nel caso previsto dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.,
l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali_ la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare
la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di

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Nel caso in esame è sufficiente osservare che la sentenza

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sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva
puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in
sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità” (Cass., sez. un., 1 0 ottobre 2007, n. 20603; Cass.
n. 8897 del 2008).
In conclusione, va accolto il secondo motivo del ricorso
principale e vanno rigettati il secondo motivo del ricorso

cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, anche
per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria
regionale del Veneto.

P.Q.M.
La Corte, riuniti i giudizi, accoglie il secondo motivo del
ricorso principale e rigetta il secondo motivo del ricorso
principale ed il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata
in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad
altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto.
Così deciso in Roma il 29 aprile 2014.
Il Consigliere estensore
(Antonio Greco)
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Il Presidente
(Aurelio C pabianca)

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principale ed il ricorso incidentale, la sentenza impugnata va

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