Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15521 del 14/07/2011

Cassazione civile sez. II, 14/07/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 14/07/2011), n.15521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.F. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e

difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli

Avv.ti Castaldi Filippo e Michele D’Antonio ed elettivamente

domiciliata “ex lege” presso la Cancelleria della Corte di

cassazione;

– ricorrente principale –

contro

P.L. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso

dagli Avv.ti Sabato Salvati e Nicola D’Antonio in virtù di mandato a

margine del controricorso (contenente ricorso incidentale) ed

elettivamente domiciliato in Roma, v. Lima, n. 22, presso

l’abitazione dell’Avv. Giulio Nardone;

– controricorrente –

e

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 2793/06) proposto da:

P.L. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso

dagli Avv.ti Sabato Salvati e Nicola D’Antonio in virtù di mandato a

margine del controricorso (contenente ricorso incidentale) ed

elettivamente domiciliato in Roma, v. Lima, n. 22, presso

l’abitazione dell’Avv. Giulio Nardone;

– ricorrente incidentale –

contro

S.F. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e

difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dagli

Avv.ti Filippo Castaidi e Michele D’Antonio ed elettivamente

domiciliata “ex lege” presso la Cancelleria della Corte di

cassazione;

– ricorrente principale –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Salerno n. 495/2005,

depositata il 29 agosto 2005;

Udita la relazione della causa svoita nell’udienza pubblica dei 25

maggio 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto sia

del ricorso principale che di quello incidentale condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 29 settembre 1992, P. L., sul presupposto di essere proprietario di alcuni fondi rustici in (OMISSIS), lungo i quali correva una strada interpoderale della larghezza di mi 3 e lunga mt. 110, comune anche ad altri proprietari limitrofi, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Salerno la signora S.F., chiedendone la condanna al ripristino della servitù di passaggio con ogni veicolo sulla suddetta strada interpoderale, da essa convenuta illegittimamente ristretta all’altezza della sua proprietà mediante la costruzione di un muro, con la contestuale richiesta della sua condanna all’arretramento alla distanza legale di alcun alberi piantati a ridosso del confine tra le due proprietà. Costituitasi la convenuta, la causa veniva rimessa al Tribunale di Nocera Inferiore istituito con L. n. 127 del 1992, la cui Sezione stralcio, in persona del G.O.A. designato, con sentenza n. 92 del 2001, accoglieva la domanda proposta dal P., condannando la convenuta alla demolizione del muro nella parte in cui restringeva la carreggiata della strada dedotta in controversia con il ripristino della larghezza di mt. 3, nonchè alla rimozione degli alberi di ciliegio piantati a distanza non legale dal confine.

Interposto appello da parte della S., nella resistenza dell’appellato, la Corte di appello di Salerno, con sentenza n. 495 del 2005 (depositata il 29 agosto 2005), accoglieva il primo motivo di gravame relativo all’incompetenza del Tribunale in ordine alla domanda di arretramento degli alberi e confermava nel resto l’impugnata sentenza con le integrazioni individuate in motivazione, regolando le spese del doppio grado. A sostegno dell’adottata decisione, la Corte territoriale rilevava che, sulla scorta delle risultanze istruttorie acquisite, si sarebbe dovuto ritenere fondato l’assunto del P. in base ai quale la strada in questione, con la lunghezza e la larghezza esistenti prima dei lavori realizzati dalla S., si era formata “ex collazione privatorum agrorum” e, cioè, per effetto della cessione, da parte di più proprietari di fondi limitrofi, di porzioni delle loro rispettive proprietà per destinarle all’uso ed al passaggio comuni, ritenendosi, peraltro, pacifico che tale circostanza potesse essere provata con qualsiasi mezzo di prova e anche con presunzioni semplici, quali il prolungato e pacifico uso della strada da parte di tutti i proprietari dei fondi vicini, le caratteristiche obiettive dei luoghi e le esigenze connesse alle comunicazioni ed alle coltivazioni dei fondi.

Nei confronti della sentenza di secondo grado (notificata N1 ottobre 2005) ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 6 dicembre 2005 e depositato il 21 dicembre successivo) la S.F. basato su due motivi, avverso il quale ha resistito il P.L. con controricorso, contenente ricorso incidentale subordinato e condizionato riferito a quattro motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Deve, in primo luogo, disporsi la riunione dei due ricorsi in quanto proposti avverso la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).

2. Con il primo motivo del ricorso principale la S.F. ha dedotto la violazione degli artt. 345, 99, 112 e 329 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) sulla scorta dell’assunto che, avendo il P. richiesto, in primo grado, la tutela di un diritto di servitù ed avendo domandato, in secondo grado, la tutela di un diritto di comproprietà sulla strada (e, quindi, della titolarità di un diritto di transito “iure domini”), aveva, in effetti, proposto una domanda nuova in sede di gravame, in quanto diversa rispetto a quella formulata in precedenza. Pertanto, si doveva ritenere che la Corte territoriale, nell’accoglìere la nuova domanda e nel rigettare l’appello, aveva violato l’art. 345 c.p.c, non essendosi limitata ad integrare la motivazione della sentenza di prima istanza, ma aveva deciso su una vera e propria domanda nuova, dal momento che, nel giudizio di primo grado, il P. non aveva fatto alcun cenno a fatti da cui si potesse desumere il conferimento di parte del proprio terreno alla strada interpoderale, ovvero anche alla sua comproprietà del raccordo dedotto in causa.

3. Con il secondo motivo la S. ha denunciato la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 825, 1100, 2697, 2727 e 2729 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nonchè il vizio di omessa e/o carente motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in ordine al ragionamento fondato su presunzioni operato dalla Corte territoriale in ordine alla ritenuta formazione della strada interpoderale “ex collazione privatorum agrorum” e all’individuazione dei relativi presupposti oggettivi necessari a questo scopo.

4. Il P.L., per l’eventualità di rilevata fondatezza del ricorso principale ed in dipendenza del mancato accoglimento della sua domanda alternativa “iure servitutis”, ha proposto ricorso incidentale condizionato riferito: – alla omessa, insufficiente, illogica ed erronea motivazione su un punto decisivo della controversta (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5); – alla violazione o falsa applicazione degli artt. 1158 e 1031 c.c., comma 2, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3); – alla violazione dell’art. 116 c.p.c., commi 1 e 2, e disapplicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3); – alla violazione del principio della corrispondenza fra chiesto e pronunciato ed omessa pronuncia (art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma, nn. 3 e 4).

5. Il primo motivo formulato con il ricorso principale è infondato e deve, pertanto, essere respinto.

In effetti, il P., con la domanda originariamente proposta in primo grado, su presupposto che egli fosse proprietario di alcuni fondi rustici adiacenti alla strada interpoderale dedotta in controversia (ristretta dalla S.) che risultava comune anche ad altri proprietari limitrofi, aveva invocato la condanna della convenuta al ripristino della servitù di passaggio (anche veicolare) con l’ordine di ripristino della preesistente larghezza di mt. 3, rappresentando in appello (anche ai sensi dell’art. 346 c.p.c., a seguito della sua costituzione in dipendenza del gravame principale proposto dalla S.) che, sia che si trattasse di conferimento in proprietà, ovvero di costituzione di servitù di passaggio, il titolo posto a fondamento della domanda era costituito dal rogito sottoscritto dalle stesse parti in causa e, in ogni caso, indipendentemente dallo stesso, anche da una situazione di fatto venutasi a creare per effetto dell’avvenuta realizzazione della strada in questione. Sulla scorta di tale inquadramento dell’impostazione difensiva adottata dal P., questi, in effetti, sul presupposto dell’accertamento della natura del diritto comunque dedotto, aveva chiesto la condanna della convenuta alla demolizione del muro per l’ottenimento del ripristino della larghezza della strada comune ad altri proprietari confinanti. In questa ottica deve, perciò, interpretarsi la ricostruzione della domanda operata dalla Corte territoriale che, nella sentenza impugnata (v. pag. 8), aveva, comunque, proceduto ad una corretta qualificazione della complessiva domanda inizialmente formulata nel senso che essa era orientata all’ottenimento del ripristino dell’originaria larghezza della strada all’altezza della proprietà S., asserendo di vantare sulla strada stessa un diritto di passaggio veicolare come comproprietario della medesima strada interpoderale o, quanto meno, a titolo di servitù.

Conseguentemente, diversamente da quanto dedotto con la doglianza in esame, non può dirsi che la Corte di appello abbia pronunciato su una domanda da qualificarsi come nuova (e, quindi, inammissibile) rispetto a quella avanzata in primo grado, dal momento che l’attore non ha immutato il fatto giuridico costitutivo del diritto inizialmente dedotto, non ponendo a fondamento della sua pretesa fatti nuovi e diversi rispetto a quelli indicati nel giudizio di prime cure, senza, perciò, introdurre nel processo una tema di indagine e di decisione del tutto nuovo. Del resto, secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte (a cui si aderisce), deve ricordarsi che la proprietà e gli altri diritti reali di godimento appartengono alla categoria dei cosiddetti “diritti autodeterminati”, individuati, cioè, sulla base della sola indicazione del relativo contenuto quale rappresentato dal bene che ne forma l’oggetto, con la conseguenza che la “causa petendi” delle relative azioni giudiziarie si identifica con i diritti stessi e non con il relativo titolo che ne costituisce la fonte, la cui eventuale deduzione non svolge, per l’effetto, alcuna funzione di specificazione della domanda, ma è rilevante ai soli fini della prova (cfr. Cass. 4 marzo 2003, n. 3192; Cass. 13 febbraio 2007, n. 3089, con riferimento, ad es., alla ritenuta ininfluenza, sotto il profilo della novità della domanda, della circostanza che l’attore, nel richiedere la rimozione di un ostacolo posto dal vicino su una strada, in primo grado avesse dedotto la comproprietà della strada e, in grado di appello, un diritto di servitù di passaggio; Cass. 17 luglio 2007, n. 15915; Cass. 26 novembre 2008, n. 28228). In base a questa impostazione dogmatica si è, recentemente, ribadito (v. Cass. 24 novembre 2010, n. 23851; già in questo senso cfr. Cass. 7 luglio 1999, n. 7078, e Cass. 13 ottobre 1999, n. 11521) che i diritti reali, in quanto diritti assoluti, appartengono alla categoria dei diritti cd. autodeterminati, che si identificano in base alla sola indicazione del loro contenuto e non per il titolo che ne costituisce la fonte, con la conseguenza che, da un lato l’attore può mutare titolo della domanda senza incorrere nelle preclusioni della modifica della “causa petendi”, dall’altro il giudice può accogliere il “petitum” in base ad un titolo diverso da quello dedotto senza violare il principio della domanda di cui all’art. 112 c.p.c.;

pertanto, con riferimento a tali diritti, la deduzione, o l’aggiunta, di un diverso titolo d’acquisto non determina, comunque, la novità della domanda ed è ammissibile anche in appello.

6. Anche il secondo motivo dedotto con il ricorso principale è destituito di fondamento e deve, perciò, essere rigettato.

La Corte territoriale, con motivazione del tutto esauriente e fondata sia su accertamenti oggettivi che su elementi univocamente presuntivi ispirati a logicità e coerenza sistematica, ha desunto che la strada dedotta in controversia, con la lunghezza e la larghezza esistenti in epoca anteriore all’esecuzione dei lavori da parte della S., si era formata “ex collazione privatorum agrorum”, ovvero per effetto della cessione, da parte di più proprietari di fondi limitrofi, di porzioni delle loro rispettive proprietà per destinarle all’uso ed al passaggio comuni. A questo proposito, deve evidenziarsi che il giudice di appello è pervenuta alla richiamata conclusione sulla scorta di plurime circostanze tra loro concordanti, ossia: – la non contestazione dell’originaria appartenenza dei fondi della parti in causa ad unici danti causa (sulla scorta di apposita ricostruzioni dei titoli pubblici di provenienza); – l’avvenuta verifica dello stato dei luoghi con adeguato accertamento di fatto dell’avvenuto conferimento da parte del P. sia nel tratto richiamato nell’atto per notar Perillo (dipartentesi da via Paludicella), sia nel punto frontista della S. ove insiste il raccordo che congiunge i due tratti della strada interpoderale; – la riscontrata attitudine in concreto della strada a collegare fra di loro due vie pubbliche e i fondi latitanti con le stesse, nonchè a rispondere alle esigenze colturali dei fondi medesimi, ivi compreso quello di proprietà del P.; – le risultanze scaturite dall’esperita c.t.u., supportate dai riscontri dell’aerofotogrammetria e dagli stralci catastali di riferimento.

Così pronunciandosi la Corte salernitana si è conformata all’insegnamento di questa Corte alla stregua del quale la formazione di una via agraria al servizio dei proprietari dei fondi latistanti (v. Cass. 15 aprile 1994, n. 3536) ex “collatione privatorum agrorum” (sul presupposto che non è richiesto il rigoroso regime probatorio della rivendica) può essere dimostrata, al pari di ogni altra “communio incidens”, anche per presunzioni, dalla situazione dei luoghi, dalla posizione del sedime rispetto ai fondi delle parti, dalla pacifica utilizzazione a via d’accesso a detti fondi e di comunicazione con la strada pubblica, dai documenti e da ogni altro accertamento idoneo allo scopo (cfr. Cass. 19 ottobre 1994, n. 8534;

Cass. 18 aprile 1998, n. 3984, e Cass. 9 ottobre 1998, n. 9996).

Altrettanto esattamente la Corte territoriale ha osservato, in punto di diritto, che, nell’ipotesi di strada vicinale agraria privata formata “ex collatione privatorum agrorum” dai proprietari dei fondi latistanti, si costituisce una comunione fra tutti i titolari del diritto di proprietà via via succedutisi in quei fondi al cui servizio la strada è stata costituita, determinandosi un vincolo di accessorietà di natura permanente comune a tutti i fondi conferenti che non viene meno a causa della successione nella titolarità nel diritto di proprietà del fondo o di una parte di esso, di modo che ciascun proprietario, anche se di un diritto frazionato rispetto all’intero fondo conferente, conserva la titolarità del diritto di transito “iure domini” sulla strada comune, nè tale diritto può estinguersi per il semplice non uso da parte del suo titolare (v.

Cass. 22 aprile 1980, n. 2596, e Cass. 10 aprile 1990, n. 2995).

7. In virtù del rigetto di entrambi i motivi proposti dalla ricorrente principale consegue l’assorbimento dei motivi del ricorso incidentale siccome formulati condizionatamente all’eventualità della ravvisata fondatezza di quelli dedotti dalla S..

8. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno, perciò, poste, nella misura come liquidata in dispositivo, a carico della ricorrente principale S.F..

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale. Condanna la ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2011

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