Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1552 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. VI, 23/01/2020, (ud. 01/10/2019, dep. 23/01/2020), n.1552

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14763-2019 proposto da:

B.M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI

LIBURNI 2, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO BIZ,

rappresentata e difesa dall’avvocato ENEDINO ZICARELLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositato il

06/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

01/10/2019 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

B.M.C. propone ricorso articolato in tre motivi avverso il decreto reso il 6 novembre 2018 dalla Corte d’Appello di Salerno, che ha rigettato l’opposizione L. n. 89 del 2001 ex art. 5 ter, contro il decreto del 13 ottobre 2015, con cui era stata respinta la domanda di equa riparazione, avanzata in data 8 giugno 2015, per la irragionevole durata di un giudizio penale svoltosi davanti al Tribunale di Cosenza e conclusosi con l’assoluzione della B. per alcuni dei reati a lei contestati e con la declaratoria di prescrizione di altri.

La Corte d’Appello di Salerno ha fatto leva sulla L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quinquies, evidenziando come il processo penale aveva riguardato 44 imputati e concerneva i reati di falso, ricettazione, truffa in danno di enti pubblici ed esercizio abusivo di professione. La Corte di Salerno ha peraltro esposto che B.M.C. era rimasta contumace nel processo penale presupposto, manifestando il disinteresse a comparirvi; non aveva rinunziato ad avvalersi della prescrizione; nè aveva chiesto l’applicazione di riti alternativi. Il processo penale comprendeva, peraltro, numerose persone offese e parti civili costituite, aveva subito diversi rinvii per problemi di notifiche e di contraddittorio, ed era stato gravato da questioni preliminari poste dai difensori degli imputati, nonchè ritardato dalla trascrizione delle intercettazioni telefoniche. Da ciò la Corte d’Appello ha concluso che la condotta processuale di B.M.C. non era stata “improntata alla celere definizione del giudizio”.

Il primo motivo di ricorso di B.M.C. deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quinquies, lett. d, come introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012.

Il secondo motivo di ricorso di B.M.C. deduce la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quinquies, lett. d, come introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, in correlazione all’art. 99 c.p.c. ed all’art. 111 Cost.

Il terzo motivo di ricorso di B.M.C. denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2, nonchè degli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 27Cost., comma 2, degli artt. 111 e 117 Cost., in relazione all’art. 6, p.2, CEDU.

Le tre censure contestano che il richiamato L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quinquies, lett. d, non sia applicabile allorchè per alcuni capi d’imputazione l’interessato, come avvenuto nella specie, sia stato assolto, come non sia valutabile in termini di condotta dilatoria la scelta dell’imputato di restare contumace, e come non possano valutarsi quali impedimenti alla celere definizione del processo i rinvii resi necessari dall’instaurazione del contraddittorio o dalla risoluzione di questioni preliminari.

Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

I tre motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano fondati.

Si ha riguardo, ratione temporis, al testo della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012 (poi sostituito dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 777, per il quale, in forza dell’art. 2, comma 2-sexies, lett. a, si presume insussistente il pregiudizio da irragionevole durata del processo, salvo prova contraria, nel caso di “dichiarazione di intervenuta prescrizione del reato, limitatamente all’imputato”).

La disposizione applicata dalla Corte d’Appello di Salerno stabiliva: “Non è riconosciuto alcun indennizzo: (…) nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte”.

L’interpretazione di questa Corte, alla quale la Corte d’Appello di Salerno non si è uniformata, precisa come l’equa riparazione per irragionevole durata del processo penale non può essere esclusa per il sol fatto che il ritardo nella definizione del giudizio abbia prodotto l’estinzione del reato per prescrizione, occorrendo invece apprezzare se l’effetto estintivo sia intervenuto per l’utilizzazione, da parte dell’imputato (e, dunque, nella specie, da parte di B.M.C., indipendentemente dalla condotta processuale degli altri imputati) di tecniche dilatorie o strategie sconfinanti nell’abuso del diritto di difesa, ovvero dipenda, in tutto o in parte (e, in tal caso, con valenza preponderante), dal comportamento delle autorità procedenti, senza che, in quest’ultima ipotesi, la mancata rinuncia alla prescrizione ad opera dell’imputato medesimo valga ad elidere, di per sè, il danno derivante dall’irragionevole durata (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 09/06/2016, n. 11841; Cass. Sez. 2, 09/11/2018, n. 28784; Cass. Sez. 6 – 2, 02/09/2014, n. 18498).

La Corte d’appello ha omesso di svolgere ogni apprezzamento in ordine alla configurabilità, o meno, di un intenzionale comportamento dilatorio da parte di B.M.C.d.M., finalizzato a favorire il maturarsi della prescrizione dei reati a lei contestati (a tanto non valendo ex se la scelta di rimanere contumace), non avendo altrimenti rilievo comportamenti delle autorità procedenti e degli altri imputati. Neppure il provvedimento impugnato ha considerato che la ricorrente era stata del tutto assolta per alcuni dei reati oggetto del processo penale presupposto.

Conseguono l’accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto impugnato, con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno, che, in diversa composizione, sottoporrà la causa a nuovo esame, tenendo conto dei rilievi svolti, e provvederà altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 1 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020

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