Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15517 del 21/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/07/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 21/07/2020), n.15517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M. G. – rel. Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso iscritto al numero 12698 del ruolo generale dell’anno

2012, proposto da:

M.B.G., rappresentato e difeso, giusta procura

speciale in calce al ricorso, dall’avv.to Claudio Lucisano,

elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Roma,

Via Crescenzio n. 91;

– ricorrente –

Contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

Nonchè

Equitalia Nord s.p.a. – già Equitalia Nomos s.p.a.- in persona del

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta

procura speciale notarile in calce al controricorso, dall’avv.to

Maurizio Cimetti e dall’avv.to Sante Ricci, elettivamente

domiciliata presso lo studio dell’ultimo difensore in Roma, Via

delle Quattro Fontane n. 161;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Piemonte, n. 2/15/11 depositata in data 30 marzo 2011,

non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17 dicembre 2019 dal Relatore Cons. Maria Giulia Putaturo Donati

Viscido di Nocera.

Fatto

RILEVATO

Che:

-con sentenza n. 2/15/11 depositata in data 30 marzo 2011, non notificata, la Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto da B.G.M. nei confronti dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, e di Equitalia Nomos s.p.a.- in persona del legale rappresentante pro tempore, avverso la sentenza n. 85/19/08 della Commissione tributaria provinciale di Torino che aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal suddetto contribuente, esercente attività di ragioniere commercialista, avverso la cartella di pagamento n. (OMISSIS) con la quale era stata iscritta a ruolo, per l’anno 1999, la somma complessiva di Euro 2.3.500,72 a titolo di Irpef, Irap e Iva, interessi e sanzioni, a seguito di avviso di accertamento n. (OMISSIS) con il quale erano stati accertati nei confronti di quest’ultimo, sulla base dello strumento parametrico, per l’anno 1999, maggiori compensi ai fini Irpef, Irap e Iva;

– in punto di fatto dalla sentenza impugnata si evince che: 1) avverso la cartella di pagamento (OMISSIS) il contribuente, in data 19 marzo 2007, aveva proposto un primo ricorso nei confronti dell’Agenzia delle entrate, dinanzi alla CTP di Torino che con sentenza n. 90/16/07 lo aveva rigettato; 2) in data 5 marzo 2008 il contribuente aveva proposto un secondo ricorso avverso la medesima cartella nei confronti dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia Nomos s.p.a. dinanzi alla CTP di Torino che, con sentenza n. 85/19/2008, lo aveva dichiarato inammissibile avendo il ricorso conclusosi con la sentenza n. 90/16/07 ” esaurito il potere impugnativo della parte”; 3) avverso la sentenza n. 85/19/2008, il contribuente aveva proposto appello deducendo che, quand’anche si volesse ravvisare la violazione del principio del ne bis in idem, nel diritto processuale tributario non erano previste ipotesi di inammissibilitii nel caso di presentazione di doppio ricorso introduttivo, e che, in ogni caso, mancava il presupposto della identicità dei ricorsi introduttivi per essere stato nel primo ricorso impugnato “l’avviso di accertamento tramite l’impugnazione del ruolo” e nel secondo direttamente il ruolo, entrambi i ricorsi per motivi diversi;4) aveva controdedotto l’Agenzia insistendo per la conferma della sentenza di primo grado, stante il difetto di legittimazione passiva dell’Ufficio e, comunque, l’inammissibilità del ricorso per violazione del ne bis in idem e tardività del ricorso introduttivo per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21;

– la CTR, in punto di diritto, per quarto di interesse, ha osservato che:

il ricorso originario era inammissibile in quanto- avuto riguardo alla situazione accertata di bis in idem- il rispetto della regola del ne bis in idem imponeva al giudice di secondo grado di non pronunciarsi, dovendo dare atto della litispendenza, al fine di evitare un possibile contrasto tra giudicati;

– avverso la sentenza della CTR, il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a un motivo, cui resistono, con controricorsi, l’Agenzia delle entrate e Equitalia Nord s.p.a. – già Equitalia Nomos s.p.a;

– il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e dell’art. 380-bis.1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che

– con l’unico motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, “la violazione e mancata applicazione” del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18, comma 4, art. 21, comma 1, art. 61, comma 2, art. 19, comma 3, per avere la CTR confermato la pronuncia del primo giudice di inammissibilità del ricorso per litispendenza ancorchè: 1) quand’anche si volesse ravvisare la violazione del principio del ne bis in idem, nel diritto processuale tributario non erano previste cause di inammissibilità nel caso di presentazione di doppio ricorso introduttivo (artt. 18 e 21 cit.); 2) sia che si volesse o non considerare applicabile per analogia l’art. 61 cit., anche al ricorso introduttivo, operavano i “paletti” all’applicazione delle norme del c.p.c. stabiliti dall’art. 1 cit., comma 2,; 3) nel diritto processuale tributario non esisteva una norma che affermasse il ò principio del ne bis in idem, trattandosi di principi generali non codificati; 4) quand’anche si volesse ritenere esistente nel diritto tributario la regola del ne brs in idem, nel caso di specie non ricorreva l’ipotesi della proposizione di due ricorsi identici a fronte dello stesso atto (per essere con il primo ricorso impugnato l’avviso di accertamento tramite il ruolo e con il secondo il ruolo ed entrambi i ricorsi per motivi diversi l’uno dall’altro);

-premesso che, nel processo tributario, la sentenza pronunciata in grado di appello, che abbia deciso in via esclusiva su una questione di competenza (quale quella di declaratoria della litispendenza, cfr. Cass. 5115/1987; Cass. 3750 e 10606/1996; Cass. 3529/2004; Cass. 19131/2005), senza affrontare il merito della controversia, non è impugnabile con il regolamento necessario di competenza previsto dall’art. 42 c.p.c., ma con il ricorso ordinario per cassazioneez. 5, Sentenza n. 652 del 2014v: Invero, il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 5, comma 4 prevede espressamente l’inapplicabilità delle norme del codice di procedura civile relative a tutti i regolamenti di competenza, necessario, facoltativo e d’ufficio, con conseguente inammissibilità di detti regolamenti (cfr. tuttavia Cass. 11140/2005 e 18100/2013, secondo le quali, non essendo il divieto posto dall’art. 5 del processo tributario citato assoluto, in conformità all’esigenza di tutelare i diritti fondamentali garantiti dall’art. 24 Cost., comma 1 e art. 111 Cost., comma 2, e art. 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, deve ritenersi che il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 5, comma 4 non escluda la proposizione del regolamento di competenza avverso i provvedimenti di sospensione del processo ex art. 295 c.p.c.) il motivo, articolato in diversi subprofili, è inammissibile;

– in primo luogo, il ricorrente ha denunciato la violazione del principio del ne bis in idem invocando cumulativamente l’art. 360 c.p.c., comma 1, nn 3 e 5, in luogo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, e della conseguente nullità della sentenza, trattandosi di presunto error in procedendo, per avere la CTR violato le norme procedurali in tema di litispendenza; nè tantomeno le argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente consentono a questa Corte procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato;

– in secondo luogo, il contribuente, in difetto del principio di autosufficienza, non ha riportato in ricorso, per le parti rilevanti, gli atti difensivi dei gradi di merito, onde permettere a questa Corte di valutare, sulla base degli atti, la fondatezza della censura proposta; invero, per il principio di autosufficienza, il ricorso per Cassazione deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio e accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, a elementi o atti attinenti al progresso giudizio di merito (ex multis, in questo senso, ad esempio, Cass. n. 12970 del 2011; Cass. 10 marzo 2011, n. 5700);

– peraltro, in base all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi per i quali si richiede la cassazione, aventi carattere di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata, il che comporta l’esatta individuazione del capo di pronuncia impugnata e l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto, ovvero le carenze della motivazione, restando estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza non riguardante il “decisum” della sentenza gravata (così ad es. sez. 5 n. 17125 del 2007 e sez. 1 n. 4036 del 2011). In altri termini, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si traducano in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa à errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che là sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi della citata disposizione (così Cass., sez. 5, n. 21296 del 2016; Sez. 6 – 5, n. 187 del 08/01/2014; Sez. 5, n. 17125 del 03/08/2007; sez. 3, n. 359 del 2005 e altre); nella specie, non solo il motivo prospetta una pluralità di profili, ma le argomentazioni sottese ai diversi profili del motivo denunciato sono formulate in modo perplesso (“quand’anche si voglia”; “sia che si voglia e sia che non si voglia considerare”), con conseguente impossibilità di enucleare le specifiche ragioni portate a fondamento di ciascun profilo di doglianza, per difetto di specificità;

– in conclusione, il ricorso va rigettato;

– le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

la Corte:

– rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito;condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Equitalia Nord s.p.a. – già Equitalia Nomos s.p.a.- in persona del legale rappresentante pro tempore, delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 2.300,00 per compensi, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2020

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