Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15516 del 14/07/2011

Cassazione civile sez. II, 14/07/2011, (ud. 10/05/2011, dep. 14/07/2011), n.15516

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.B.A. (OMISSIS), R.F.

(OMISSIS), M.P., C.T. VED.

C., D.R. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio

dell’avvocato CONTALDI MARIO, che li rappresenta e difende unitamente

agli avvocati SCIOLLA ALESSANDRO, INGRASSIA MARIA CLOTILDE;

– ricorrenti –

contro

AGEN TERRITORIALE CASA PROV TORINO P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL

PRESIDENTE LEGALE RAPPRRESENTANTE PROTEMPORE, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso lo studio

dell’avvocato CLARIZIA ANGELO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato DI CHIO GIUSEPPE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 502/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 23/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/05/2011 dal Consigliere Dott. LUCIO MAZZIOTTI DI CELSO;

udito l’Avvocato Contaldi Mario difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avv. Zanino Roberta per delega depositata in udienza

dell’Avv. Di Chio Giuseppe difensore della resistente che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per l’accoglimento del

secondo motivo del ricorso e l’assorbimento del resto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ai sensi dell’art. 1137 c.c. D.B.A., R.F., D.R., C.T. e M. P. convenivano in giudizio l’Agenzia per la Casa della Provincia di Torino (ATC) proponendo impugnazione della Delib. 20 ottobre 1994 del condominio di via (OMISSIS) del quale erano condomini. Sostenevano i ricorrenti: che l’ATC, condomino ed amministratore dello stabile, aveva convocato assemblea straordinaria per la delibera in merito ad interventi di manutenzione straordinaria attinenti ad ordinanza del Comune di Torino in materia di smantellamento di materiali contenenti amianto; che essi istanti non avevano partecipato all’assemblea con la quale era stato deliberato all’unanimità di provvedere ai lavori necessari assumendosi i relativi costi e conferendo all’ATC l’incarico di provvedere ai lavori; che i costi per i lavori in questione incombevano solo all’ATC esclusiva proprietaria dello stabile all’epoca dell’entrata in vigore della L. n. 257 del 1992 che aveva imposto al proprietario degli immobili di provvedere a proprie spese alla bonifica di materiali contenenti amianto; che l’ordinanza sindacale n. 3269/93 aveva individuato nell’ATC il soggetto tenuto a sopportare i detti costi; che l’ATC si trovava in situazione di conflitto di interesse nel partecipare all’assemblea e nell’esprimervi il proprio voto; che la delibera impugnata violava anche il regolamento condominiale.

La ATC, costituitasi, chiedeva il rigetto della domanda sostenendone l’infondatezza.

Con sentenza 16/12/2002 l’adito tribunale di Torino annullava la delibera impugnata.

Avverso la detta sentenza l’ATC proponeva appello.

Con sentenza 23/5/2005 la corte di appello di Torino dichiarava la nullità della pronuncia di primo grado osservando: che l’eccezione di inammissibilità dell’appello, per mancato deposito della delibera del Consiglio di Amministrazione dell’appellante contenente la ratifica della delibera del Presidente dell’ATC, pur se fondata, era tuttavia superata dall’avvenuta produzione in giudizio della delibera stessa; che tale produzione non era tardiva perchè la relativa necessità era insorta solo a seguito della contestazione della capacità processuale dell’appellante avvenuta all’udienza del 25/11/2004 (quando la delibera era comunque esistente e risalente al 12/5/2003); che doveva dichiararsi la nullità della sentenza impugnata in quanto resa in causa nella quale difettava il condominio convenuto quale parte necessaria; che il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, come risultava palese dall’esame di detto ricorso, aveva ad oggetto l’impugnazione ex art. 1137 c.c. della Delib. 20 ottobre 1994 dell’assemblea straordinaria del condominio di via (OMISSIS); che tale ricorso non era stato notificato al condominio, ma solo all’ATC in proprio e non quale amministratore del condominio, come risultava evidente dal semplice esame della relata di notifica del ricorso; che il condominio non era stato citato in causa nè si era costituito; che F ATC – come emergeva dalla difese dalla stessa articolate in primo e in secondo grado – si era costituita in giudizio in proprio e non quale rappresentante del condominio; che era quindi evidente il vizio di difetto di contrad- dittorio necessario non emendabile in quanto il soggetto citato in giudizio, ossia TATC in proprio, non era il giusto contraddittore in relazione alle domande proposte in giudizio.

La cassazione della sentenza della corte di appello di Torino è stata chiesta da D.B.A., R.F., D.R., C.T. e M.P. con ricorso affidato a cinque motivi. L’Agenzia Territoriale per la Casa della Provincia di Torino (ATC) ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il quinto motivo di ricorso – da esaminare logicamente in via prioritaria per il suo carattere eventualmente assorbente – i ricorrenti denunciano violazione degli art. 184 (testo antecedente alla modifica attuata con la L. n. 353 del 1990) e art. 359 c.p.c., art. 87 disp. att. c.p.c., D.P.R. n. 226 del 1975, art. 14, lett. f), nonchè vizi di motivazione, deducendo che l’ATC aveva proposto appello depositando solo la deliberazione autorizzativa a stare in giudizio assunta dal presidente in via di urgenza omettendo di depositare anche la delibera di ratifica del consiglio di amministrazione. Tale delibera è stata prodotta solo in data 29/12/2004 dopo la rimessione della causa al collegio. La corte di appello ha errato nel collegare alla contestazione di essi ricorrenti l’insorgere della necessità di depositare la deliberazione di autorizzazione a stare in giudizio: infatti, indipendentemente dalla formulazione dell’eccezione, era onere dell’ente fornire la prova della capacità processuale del suo legale rappresentante. Al momento della produzione del documento in questione la fase istruttoria era terminata con conseguente divieto di produrre documenti nuovi dopo la rimessione della causa davanti al collegio, come disposto dall’art. 184 c.p.c., vecchio testo. Peraltro i detti documenti sono stati depositati in cancelleria senza la notifica alla controparte del relativo elenco come imposto dall’art. 87 dis. att. c.p.c..

La censura non è fondata.

Va innanzitutto rilevato che l’eccezione di inammissibilità dell’appello per il mancato deposito della delibera del consiglio di amministrazione dell’ATC è stata sollevata in secondo grado dai ricorrenti-appellanti solo in sede collegiale per cui solo in questa sede l’ente appellante – reso edotta di detta eccezione – ha prodotto la detta delibera. Correttamente (e nel pieno rispetto del principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost.) la corte di appello ha esaminato la documentazione prodotta dall’ATC in sede collegiale – al fine di superare l’eccezione in questa sede sollevata dagli appellati – in quanto altrimenti avrebbe dovuto rendere edotte le parti (e, in particolare, la parte appellante) della possibilità di una decisione basata su una questione rilevata di ufficio e mai dibattuta nel processo.

Infatti la giurisprudenza di questa Corte è nel senso secondo cui:

– il giudice, ove ritenga di decidere la lite in base ad una questione rilevata di ufficio senza averla previamente sottoposta alle parti al fine di provocare sulla stessa il contraddittorio e consentire lo svolgimento delle rispettive difese in relazione al mutato quadro della materia del contendere, deve astenersi dal decidere solitariamente e deve procedere alla segnalazione della questione che intende rilevare di ufficio, riaprendo su di essa il dibattito e dando spazio alle consequenziali attività, in quanto, in caso contrario, si avrebbe violazione del diritto di difesa in ragione del mancato esercizio del contraddittorio (tra le tante, sentenze 9/6/2008 n. 15194; 31/10/2005 n. 21108);

– l’art. 182 c.p.c., comma 2, (nel testo applicabile “ratione temporis”, anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009), secondo cui il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione “può” assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, dev’essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2, nel senso che il giudice “deve” promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti “ex tunc”, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali (da ultimo, sentenza 22/9/2010 n. 20052).

Va aggiunto che la questione della mancanza “della capacità a stare in giudizio del legale rappresentante dell’Agenzia” (pagina 27 del ricorso) deve ritenersi superata e travolta atteso che i ricorrenti in questa sede di legittimità non hanno contestato che la delibera di ratifica del consiglio di amministrazione dell’ATC è stata prodotta in grado di appello (anche se in modo irrituale ed intempestivo in quanto dopo la rimessione della causa al collegio), nè hanno contestato la regolarità e la validità di detta delibera alla quale si fa espresso riferimento sia nella sentenza impugnata sia nel controricorso della resistente ATC per superare l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata in secondo grado dagli appellati (attuali ricorrenti).

Al riguardo va richiamato il principio che questa Corte ha avuto modo di affermare – implicitamente tenuto presente e fatto proprio dalla corte di appello – secondo cui la delibera di ratifica del consiglio di amministrazione di Istituto autonomo per le case popolari (poi ATC), richiesta al fine dell’efficacia della costituzione in giudizio del Presidente dell’Istituto medesimo (D.P.R. 14 febbraio 1975, n. 226, art. 14, norma richiamata dai ricorrenti nel motivo in esame), può essere prodotta in fase d’impugnazione, anche di legittimità, con valore sanante – con effetto retroattivo – della irregolarità afferente il giudizio di appello, solo se la sentenza impugnata non ne abbia rilevato la mancanza (ipotesi non sussistente nella specie) dichiarando il difetto di legittimazione processuale (sentenza 24/9/1991 n. 9968).

Infatti l’autorizzazione necessaria perchè un ente pubblico possa agire o resistere in giudizio, emessa dall’organo collegiale competente, e della quale l’organo rappresentante l’ente pubblico deve essere munito, attiene alla “legitimatio ad processum”, ossia all’efficacia e non alla validità della costituzione stessa, sicchè essa può intervenire ed essere prodotta in causa anche dopo che sia scaduto il termine per l’impugnazione o per l’opposizione a decreto ingiuntivo, con efficacia convalidante dell’attività processuale svolta in precedenza, sempre che il giudice di merito non abbia già rilevato il difetto di legittimazione processuale, ossia l’irregolarità della costituzione del rappresentante dell’ente pubblico, traendone come conseguenza l’invalidità degli atti compiuti (in tali sensi, sentenze 24/4/2008 n. 10609; 15/2/2007 n. 3454; 3/8/2004 n. 14813).

Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 112, 161 e 342 c.p.c. deducendo che qualsiasi nullità di una sentenza suscettibile di impugnazione si converte in motivo di gravame e, ove non proposto, comporta la formazione del giudicato interno sul punto con conseguente incontrovertibilità circa la regolarità formale della pronuncia. Nella specie l’ATC ha proposto gravame per un motivo di nullità (ossia per la mancata nomina di un curatore speciale al condominio) diverso rispetto al vizio rilevato dalla corte di appello. Pertanto, in assenza di una espressa impugnazione della sentenza di primo grado per la mancata notifica del ricorso introduttivo al condominio, la corte di appello non poteva rilevare tale nullità essendosi sul punto formato il giudicato interno. La corte di merito ha quindi violato gli artt. 112 e 342 c.p.c..

Con il secondo motivo i ricorrenti – denunciando vizi di motivazione e violazione dell’art. 1137 c.c., artt. 78, 156, 157, 159 e 160 c.p.c., R.D. n. 1165 del 1938, art. 35 e D.P.R. n. 2 del 1959, art. 18 – deducono che il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado è stato notificato all’ATC che era proprietaria di numerosi appartamenti nello stabile condominiale ed era l’amministratore del condominio ex lege a norma del citato R.D. n. 1165 del 1938, art. 35.

La corte di appello ha omesso di rilevare che tra i motivi di appello dedotti dall’ATC ben due (il terzo ed il quarto) concernevano la pretesa nullità del giudizio di primo grado per mancata nomina di un curatore speciale al condominio ex art. 78 c.p.c.: in tal modo l’ATC ha ammesso che nel giudizio di primo grado aveva rappresentato il condominio e si era comunque costituita anche in sua rappresentanza.

D’altra parte l’ATC in primo grado non ha mai contestato il proprio difetto di legittimazione passiva ed, anzi, ha preso posizione sul merito delle domande proposte difendendosi anche nell’interesse del condominio.

Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli artt. 156, 157, 159 e 160 c.p.c., R.D. n. 1165 del 1938, art. 35 e D.P.R. n. 2 del 1959, art. 18, sostenendo che, come statuito dal citato art. 156 c.p.c., “la nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”. Inoltre la nullità non può giovare alla parte che vi abbia rinunciato anche tacitamente.

Nella specie l’ATC ha proposto difese di merito implicanti l’assunzione della qualità di legale rappresentante del condominio.

Ne consegue che Tatto introduttivo del giudizio notificato all’amministratore ex lege del condominio ha raggiunto lo scopo cui era destinato. L’ATC ha altresì dedotto che il condominio si era costituito di fatto ma la situazione non era a tutti ben conosciuta per cui era ipotizzabile la notifica del ricorso introduttivo ad essa ATC in quanto gestore degli alloggi: da ciò l’applicabilità dell’art. 157 c.p.c. secondo il quale la nullità non può giovare alla parte che vi abbia tacitamente rinunciato.

Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 354 c.p.c. deducendo che non era consentito alla corte di appello pronunciare la nullità senza ulteriori provvedimenti per la continuazione del processo. Il giudice di appello avrebbe dovuto rinviare la causa al primo giudice per la rinnovazione degli atti nulli e, in particolare, per l’integrazione del contrad-dittorio nei confronti del condominio.

La Corte rileva l’infondatezza delle dette censure che, per evidenti ragioni di ordine logico e per economia di trattazione, possono essere esaminate in via congiunta per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando tutte, quale più quale meno sia pur sotto aspetti e profili diversi, le stesse questioni o questioni collegate.

Occorre innanzitutto osservare che con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado i ricorrenti hanno impugnato ex art. 1137 c.c. una delibera del condominio dell’edificio sito in (OMISSIS): unico legittimato passivo di tale giudizio è il condominio nella persona del suo amministratore in carica.

Ciò precisato va rilevato che la corte di appello a sostegno della sentenza impugnata ha affermato che il detto ricorso ex art. 1137 c.c. era stato notificato all’ATC in proprio e non quale amministratore del condominio in questione – non costituito nè in primo, nè in secondo grado – come risultava “evidente dal semplice esame della relata di notifica del ricorso”.

Tale punto essenziale della sentenza impugnata non ha formato oggetto di specifiche censure e contestazioni da parte dei ricorrenti i quali, con i motivi in esame, hanno sostenuto l’erroneità della decisione della corte di appello sotto aspetti e profili diversi.

Con riferimento a detti motivi va evidenziato che il dibattito tra le parti ha avuto ad oggetto l’individuazione del soggetto (l’ATC secondo i ricorrenti, il condominio secondo l’ATC) obbligato a sostenere le spese per lo smantellamento delle strutture condominiali contenenti amianto e che l’impugnata delibera condominiale aveva posto a carico del condominio.

In particolare tutte le difese articolate dall’ATC nei due gradi di merito -anche quelle alle quali hanno fatto riferimento i ricorrenti nel secondo e nel terzo motivo – sono state sviluppate dall’ente resistente al solo fine di tutelare la propria posizione individuale e non quella del condominio. D’altra parte non risulta – nè è stato dedotto dai ricorrenti – che l’ATC abbia reso edotto il condominio della pendenza del giudizio promosso da alcuni condomini avente ad oggetto l’impugnativa della delibera condominiale in questione ed abbia comunicato al condominio di essersi costituito in detto giudizio quale amministratore e organo rappresentativo unitario dell’ente di gestione delle cose comuni.

Da quanto precede discende logicamente la palese infondatezza delle censure mosse con il secondo ed il terzo motivo con le quali i ricorrenti sostengono che l’ATC, con le difese di merito svolte in primo grado e con i motivi di appello avverso la sentenza del tribunale, non aveva mai eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva ed aveva implicitamente ammesso di rappresentare il condominio e di essersi costituita anche in sua rappresentanza, in tal modo rinunciato ad eccepire la nullità dell’atto introduttivo del giudizio che aveva in ogni caso raggiunto lo scopo.

Del pari manifestamente destituita di fondamento è l’asserita violazione degli artt. 112 e 342 c.p.c. (denunciata con il primo motivo di ricorso) sul rilievo della pretesa formazione del giudicato interno sul punto “nullità della sentenza di primo grado” per aver l’ATC proposto appello sostenendo la nullità della sentenza di primo grado per una ragione diversa da quella rilevata di ufficio dalla corte di appello.

In proposito è appena il caso di segnalare che la corte di appello si è attenuta al principio – pacifico nella giurisprudenza di legittimità – secondo cui il difetto di “legitimatio ad causam”, attenendo alla verifica (sempre secondo la prospettazione offerta dall’attore) della regolarità processuale del con-traddittorio, è rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del giudizio compreso quello di legittimità, sempre che, sulla stessa, non si sia precedentemente formato il giudicato (tra le tante, sentenze 3/6/2009 n. 12832; 13/6/2007 n. 13850; 16/5/2007 n. 11321; 14/2/2006 n. 3140).

Nella specie la questione della legittimazione passiva del condominio non è stata dibattuta dalle parti nel giudizio di primo grado per cui correttamente la detta questione – non affrontata e risolta dal tribunale – è stata rilevata di ufficio dalla corte di appello in quanto sul punto non si era formato il giudicato interno.

Va aggiunto che, come già sopra rilevato, il condominio in persona dell’amministratore è l’unico legittimato passivo nelle cause promosse da uno dei condomini per impugnare le deliberazioni assembleari, ove queste non attengano a diritti sulle cose comuni.

Il difetto di legittimazione passiva dell’ATC – unica convenuta in giudizio dai ricorrenti con l’atto di impugnativa della delibera condominiale in questione – non poteva che condurre alla declaratoria di inammissibilità della domanda proposta dai condomini, in quanto la legittimazione assume priorità logico-giuridica rispetto alla integrità del contraddittorio. Nè era necessario il rinvio della causa al primo giudice a norma dell’art. 354 c.p.c. (come sostenuto dai ricorrenti con il quarto motivo) posto che nella fattispecie in esame unico legittimato passivo era il condominio e non l’ATC, con conseguente improponibilità della domanda per non essere stato chiamato in giudizio il legittimo contraddittore.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

La natura della controversia e delle questioni trattate e l’alterno esito dei giudizi di merito giustificano la compensazione per intero tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2011

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