Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15515 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 21/04/2010, dep. 30/06/2010), n.15515

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CONAGIT SCARL ora CONAGIT SPA, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato PAZZAGLIA MARIA LUISA con studio in CITTA’ DI CASTELLO

CORSO V. EMANUELE 36 (avviso 1261 postale), giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CITTA’ DI CASTELLO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato NISI FABIO con studio in PERUGIA CORSO V. EMANUELE 3 8

(avviso postale), giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 56/2006 della COMM. TRIB. REG. di PERUGIA,

depositata il 27/11/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DIDOMENICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato BONAIUTI DOMENICO per delega Avv.

PAZZAGLIA M. LUISA, che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione Regionale dell’Umbria con sentenza dep. il 27/11/2006 ha accolto l’appello del Comune di Città di Castello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia che aveva accolto il ricorso della CON.AG.IT. Soc. coop. a r.l. in ordine agli avvisi di accertamento per ICI per l’anno 1998, 1999 e 2000; la CTR,in particolare, riformando la sentenza gravata, aveva escluso l’esenzione dall’ICI in quanto gli immobili non erano utilizzati direttamente da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale e perchè nel caso in esame tra il consorzio proprietario degli immobili e i coltivatori esisteva la interposizione delle cooperative.

Avverso detta sentenza la CON.AG.IT. Soc. coop. a r.l. ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a due motivi fondati su violazione di legge e vizio motivazionale. Il Comune ha resistito con controricorso.

La causa è stata rimessa alla decisione in pubblica udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo i ricorrenti deducono violazione dell’introdotto D.L. n. 557 del 1993, art. 9, comma 3 bis dalla L. n. 139 del 1998 e vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla natura rurale degli immobili in questione.

Col secondo motivo deducono violazione e falsa applicazione delle superiori disposizioni e vizio di omessa motivazione in ordine alla questione soggettiva della titolarità dei beni al fine del riconoscimento dell’esenzione pur in assenza di previsione normativa.

I motivi per la stretta connessione devono essere trattati congiuntamente.

Gli stessi devono essere decisi in relazione alla recente pronunzia delle SS.UU. di questa Corte (n. 18565/2009) che hanno ricostruito il corretto approccio metodico alla problematica della natura rurale di un fabbricato insistente su area rurale, in relazione al principio base della normativa sull’ICI che assegna al classamento catastale (e alla rendita catastale) la natura di “presupposto” su cui si fonda il tributo Le SS.UU. prendono le mosse dal recente D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, che recita: “Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni” ha fornito una chiave di lettura particolare del rapporto tra terreno e costruzione che vi insiste.

La norma che fa richiamo alla L. n. 212 del 2000, art. 1, comma 2, e, pertanto, è dichiarata espressamente disposizione di interpretazione autentica ed è quindi applicabile retroattivamente (SS.UU. 18565/2009) convince che il fabbricato ha natura autonoma rispetto al terreno su cui insiste e non ne mutua sic et simpliciter la natura, potendovi essere fabbricato insistente su terreno agricolo di natura rurale e, pertanto secondo l’ultima disposizione citata, per radicale scelta legislativa non considerato fabbricato, ovvero non rurale e pertanto soggetto a imposta.

Le SS.UU. evidenziano “la decisività della classificazione catastale come elemento determinante per escludere (o per affermare) l’assoggettabilita ad ICI di un fabbricato” e affermano il seguente principio di diritto che, per la sua esaustività,si trascrive: “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria ((OMISSIS) o (OMISSIS)), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale (OMISSIS) o (OMISSIS) al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta. Per i fabbricati non iscritti in catasto l’assoggettamento all’imposta è condizionato all’accertamento positivamente concluso della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della ruralità del fabbricato previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, e successive modificazioni che può essere condotto dal giudice tributario investito dalla impugnazione dell’avviso di accertamento o di liquidazione proposta dal contribuente, sul quale grava l’onere di dare prova della sussistenza dei predetti requisiti in base alla normativa vigente ratione temporis.

Facendo questa Corte proprio l’insegnamento espresso dalla superiore sentenza delle SS.UU. circa il rapporto tra l’iscrizione in catasto quali rurali di tali fabbricati con l’esclusione ipso jure dall’ambito di applicabilità dell’ICI, salva la possibilità per il Comune di impugnare il classamento – e la diversa ipotesi in cui non sia classato in cui spetta al giudice del merito accertare la ruralità dell’immobile in relazione alla normativa vigente ratione temporis, nel caso in esame dal ricorso non risulta se l’immobile sia stato o meno accatastato, e pertanto quale sia la opzione interpretativa consentita al giudice. Invero una valutazione positiva di ammissibilità dei motivi di ricorso fondati sui dedotti requisiti di ruralità, presupporebbe l’ipotesi dell’immobile non accatastato, in cui il giudice – secondo l’insegnamento delle SS.UU. – ha il potere incidentale di verificare la ruralità del fabbricato secondo la normativa ratione temporis applicabile, laddove un accatastamento “sfavorevole” per il contribuente o per il Comune, imporrebbe la previa impugnativa dello stesso. Orbene nel caso in esame, per quanto concerne l’immobile – adibito ad abitazione del custode, risulta dalla sentenza n. 87/05 della CTR dell’Umbria tra le stesse parti (oggetto di analogo ricorso deciso da questa Corte nella medesima udienza) che lo stesso era accatastato quale immobile urbano e gli era attribuita una rendita.

Occorreva, pertanto,in base al superiore orientamento, la preventiva impugnazione dell’accatastamento per rimuovere la qualificazione pregiudizievole al contribuente.

Il giudice del merito non avrebbe pertanto potuto delibare incidenter tantum la natura agricola dell’immobile onde il relativo motivo è inammissibile.

Per quanto concerne gli altri immobili il ricorso non fornisce tali elementi necessari, e cioè non indica se gli immobili fossero o meno accatastati e, in caso positivo, con quale categoria, per una corretta scelta della linea interpretativa,non potendo questa Corte adottare decisioni aventi il carattere della ipoteticità o della alternatività, che sarebbero necessariamente consequenziali alla genericità sul punto del ricorso.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Ricorrono giusti motivi per compensare interamente le spese del giudizio, essendo l’intervento chiarificatore delle SS.UU. intervenuto successivamente alla proposizione del ricorso.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 21 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

 

 

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