Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15514 del 21/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/07/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 21/07/2020), n.15514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. TINARELLI FUOCHI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4301/2012 R.G. proposto da:

EDILRAPPO S.n.c. di R.A. & C., C.F. (OMISSIS), con sede in

Villaga (VI), Via Dante n. 2;

R.A., C.F. (OMISSIS);

G.M.R., C.F. (OMISSIS);

tutti rapp.ti e difesi, giusta procura a margine del ricorso,

dall’Avv. Claudio Maggiolo del Foro di Vicenza, ed elett.te dom.ti

presso lo studio dell’avv. Andrea Miccichè in Roma, Via G. Nicotera

n. 29;

– ricorrenti –

Contro

AGENZIA delle ENTRATE, C.F. 06363391001, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del

Veneto, n. 128/01/10, depositata il 21 dicembre 2010.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre

2019 dal Cons. Luigi Nocella.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La s.n.c. Edilrappo di A.R. & C. (in avanti Edilrappo) ed i suoi soci R.A. e G.M.R., in esito al rigetto di istanza di autotutela e del mancato accoglimento di istanza per adesione, proponevano innanzi alla CTP di Vicenza ricorso avverso l’avviso di accertamento N. (OMISSIS), notificato il 12.12.2007, con il quale l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Vicenza 2, in esito a pvc di verifica eseguita nei confronti della WTC s.r.l. di Milano contenente segnalazione di operazioni soggettivamente inesistenti nei confronti dell’odierna ricorrente, le contestava l’indebita detrazione di IVA per Euro 81.152,22 per l’esercizio 2002 e recuperava il relativo importo, irrogando le conseguenti sanzioni.

La Società deduceva in via pregiudiziale eccezione di nullità della notifica dell’avviso, per essere stata la relata estesa nel frontespizio e non già in calce all’atto; nel merito deduceva l’effettività del rapporto di fornitura documentata da fatture, assegni bancari, perizia contabile, nonchè l’inerenza dei costi e l’assenza di prova della colpevolezza o connivenza da parte di essa contribuente.

La CTP adita, con sentenza n. 114/06/2008 (allegata all’odierno ricorso), confermava l’avviso, respingendo l’eccezione preliminare e quelle di merito, ritenendo irrilevanti le prove documentali offerte in riferimento; quindi, con la pronuncia oggetto della presente impugnazione, la CTR del Veneto ha respinto l’appello della Società, confermando la sentenza appellata e compensando le spese di lite anche di secondo grado.

In particolare il giudice d’appello, manifestata condivisione della motivazione del rigetto dell’eccezione preliminare di nullità in ragione dell’avvenuto raggiungimento dello scopo dell’atto, pur dando atto della serietà delle questioni di merito sollevate, ha ritenuto che “da un lato non vi è prova tranquillizzante di mancanza di colpevolezza del contribuente, data l’importanza della forniture.. che dalla documentazione in atti non risulta effettivamente uscita dalla WTC, l’incertezza della documentazione di trasporto, la non definitività dei pagamenti con assegno per la possibile restituzione delle relative somme, tutti elementi che non escludono la partecipazione dell’appellante alla frode; dall’altro la chiara e ferma giurisprudenza della Suprema Corte in merito alle prestazioni soggettivamente inesistenti, rispetto alle quali anche le perizie in atti non possono sopperire alla detta carenza soggettiva; che dunque…omissis…in ipotesi di inesistenza soggettiva come la presente l’obbligo di corrispondere l’importo corrispondente all’imposta deriva dal precetto normativo di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, mentre risulta evasa l’imposta dovuta per l’operazione effettivamente realizzata…. omissis…

Che dunque il diritto alla detrazione non sorge immancabilmente per il solo fatto dell’avvenuta corresponsione di imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi altresì che l’imposta sia effettivamente dovuta, e cioè corrispondente ad operazione effettivamente soggetta all’IVA. Ciò perchè il particolare meccanismo postula la ricorrenza dell’ulteriore requisito…..dell’inerenza all’impresa dell’operazione fatturata;

requisito che è onere del contribuente comprovare…. omissis…

Che d’altronde tutto il complesso sistema dell’IVA poggia sul presupposto che l’IVA sia versata a chi ha eseguito prestazioni imponibili (che a sua volta potrà compensarla con l’IVA versata per l’acquisto di beni e servizi), mentre…il versamento dell’IVA ad un soggetto non operativo apre la strada al recupero…dell’IVA stessa…”.

La Edilrappo ed i suoi soci ricorrono per la cassazione di tale sentenza, con atto notificato a mezzo posta il 3.02.2012, fondato su tre motivi e illustrato con memoria.

L’Agenzia delle Entrate ha notificato in data 14 marzo 2012 controricorso, concludendo per il rigetto del ricorso.

Nella camera di consiglio del 12.11.2019, all’esito della relazione del cons. Nocella, la Corte ha deciso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., violazione e falsa applicazione degli artt. 148 e 156 c.p.c. come richiamati dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60: premessa l’incontroversa apposizione della relata di notifica sul frontespizio delle prime pagine degli avvisi rispettivamente loro notificati, ricordano che questa Corte ha già ritenuto nulla tale forma di notifica per mancanza di un requisito essenziale della relata così concepita; ne deducono che l’impossibilità del raggiungimento dello scopo certificativo della relata renderebbe illegittima l’applicazione della sanatoria per raggiungimento dello scopo dell’atto.

Il motivo è infondato.

La causa di sanatoria delle nullità degli atti processuali prevista nell’art. 156 c.p.c., comma 3, ha natura generale ed è applicabile a tutte le ipotesi di nullità, purchè vi sia l’accertamento del fatto che l’atto abbia raggiunto il suo scopo. Poichè l’obbligo di apposizione della notifica in calce all’atto notificando è finalizzato a garantire al destinatario la completezza della conoscenza di questo (cfr. a mero titolo esemplificativo Cass. Sez.V 21.03.2007 n. 6749), la sanatoria si realizza tutte le volte che il Giudice del merito accerti che il destinatario ha avuto conoscenza dell’atto completa e tale da garantirgli l’esercizio del diritto di difesa. In particolare questa Corte ha già affermato che la specifica nullità derivante da violazione delle modalità di apposizione della relata fissate nell’art. 148 c.p.c. (e persino dalla mancata estensione della relata) è sanata quante volte il destinatario proponga tempestiva impugnazione avverso l’atto, dimostrando mediante le eccezioni ed allegazioni proposte di conoscerne compiutamente il contenuto (Cass. Sez.V 9.05.2018 n. 11043; Cass. Sez.VI-V ord. 28.09.2016 n. 19145); essendo comunque onere di chi deduca la nullità contestarne in modo specifico la completezza e conformità dell’atto ricevuto all’originale da notificare (Cass. Sez.VI-V ord.14.11.2016 n. 23175).

Nel caso di specie la CTR ha correttamente interpretato ed applicato il contenuto precettivo delle norme invocate in combinato disposto dal ricorrente, evidenziando che questa era stata in grado di impugnare tempestivamente l’avviso impugnato, proponendo una molteplicità di eccezioni sul merito dell’accertamento, avendo peraltro presentato prima dell’impugnazione istanza di annullamento del medesimo in autotutela e partecipando attivamente al procedimento di accertamento con adesione in sede amministrativa.

Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia insufficiente e contraddittoria motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: contraddittoria per avere fondato la decisione sulla ritenuta “non inerenza” delle operazioni fatturate all’attività d’impresa, nonostante avesse dato atto delle “serie argomentazioni

dell’appellante circa l’esistenza dei costi, l’inerenza e l’effettività degli stessi” e fosse stata prodotta idonea documentazione in proposito; insufficiente in quanto, applicando il disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, concernente il venditore o prestatore di servizi, ha trascurato che anche per l’acquirente sussiste omologa disposizione che consente comunque la detrazione dell’imposta pagata.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19: nell’ipotesi si potesse intendere che la ritenuta obbligatorietà del pagamento dell’IVA da parte dell’acquirente discende dall’applicazione del menzionato art. 19 (e non già dal 21, come in sentenza richiamato), sussisterebbe parimenti violazione e falsa applicazione di legge alla luce dell’insegnamento di questa Corte che, in consonanza con la giurisprudenza della Corte di Giust. UE, ha sempre valorizzato, in tema di operazioni soggettivamente inesistenti, l’atteggiamento dell’acquirente incolpevolmente non consapevole dell’eventuale raggiro della normativa IVA; laddove nessun elemento la CTR ha accertato circa la consapevolezza o connivenza della Edilrappo in una potenziale elusione della normativa IVA, se non la generica espressione “non vi è prova tranquillizzante della mancanza di colpevolezza del contribuente”.

I due motivi, con i quali vengono dedotti profili distinti ma logicamente collegati, sono infondati.

In effetti la ratio decidendi della sentenza impugnata è unica, e non duplice (come presupposto dai ricorrenti): essa consiste nell’aver affermato l’avvenuta dimostrazione, da parte dell’Agenzia, dei fatti ed elementi documentali addotti dall’Agenzia a sostegno della presunzione di colpevole coinvolgimento nell’operazione soggettivamente inesistente realizzata dalla WTC s.r.l.; senza che i ricorrenti abbiano evidenziato diverse fonti di prova idonee a contrastare la valenza della presunzione adottata dai Giudici dell’appello; e, anche se, nello sviluppare l’argomentazione giuridica che sostiene l’accertamento in fatto circa la indetraibilità dell’IVA, sembra parificare erroneamente tale concetto all’inerenza all’impresa” dell’operazione fatturata, del cui accertamento in concreto non si occupa, immediatamente dopo conclude che il meccanismo operativo dell’IVA fa sì che “il versamento dell’IVA ad un soggetto non operativo apre la strada al recupero indebito dell’IVA stessa” (recte: al recupero della stessa IVA indebita), sull’implicito presupposto di diritto che il pagamento dell’IVA al cedente a titolo di rivalsa non sia configurabile come satisfattivo dell’obbligazione tributaria tutte le volte che l’operazione si riveli anche solo soggettivamente inesistente ed il contribuente non provi l’incolpevole ignoranza della falsità ideologica delle fatture (Cass. Sez.V 24.07.2009 n. 17377; Cass. Sez.V 30.10.2013 n. 24426; Cass. Sez.V 2.07.2014 n. 15044; Cass. Sez.V 9.09.2016 n. 17818; Cass. Sez.V 30.10.2018 n. 27566).

In tal senso è del tutto destituita di fondamento la critica dei ricorrenti secondo la quale la CTR non avrebbe fornito elementi a sostegno di tale carenza probatoria: infatti subito di seguito alla frase citata alla fine del terzo motivo di ricorso la CTR evidenzia come la dedotta incolpevolezza della Società acquirente è fortemente posta in dubbio dalla carenza probatoria circa la effettiva provenienza delle merci cedute dalla WTC s.r.l., della quale era comprovata la totale inoperatività; dall’incertezza dei documenti di trasporto che, come ricordato dalla difesa Erariale, non contenevano gli estremi identificativi del trasportatore e dei mezzi di trasporto impiegati, così da porre in dubbio quanto meno la reale provenienza delle merci fornite; dall’inidoneità dei pagamenti mediante assegni a documentare gli effettivi destinatari dei flussi finanziari, avendo la GdF evidenziato effettive o possibili restituzioni delle somme accreditate; così offrendo un compendio di elementi presuntivi ampiamente superiore al minimo richiesto (Cass. Sez.V 21.04.2017 n. 10120; Cass. Sez.V ord. 5.07.2018 n. 17619). Sicchè del tutto irrilevante è anche il dedotto profilo di contraddittorietà della motivazione, giacchè la CTR non ha revocato in dubbio la oggettiva sussistenza delle operazioni, avendo anzi esplicitamente affermato che le stesse dovessero essere ritenute solo soggettivamente inesistenti.

Di qui anche l’infondatezza delle due censure di violazione di legge: comunque possa essere interpretato il non perspicuo riferimento della sentenza al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, è evidente che la decisione della CTR è conforme a tale norma, letta in combinato disposto con l’art. 19 del medesimo testo normativo, nell’interpretazione ormai consolidata datane da questa Corte, nel senso che “se vengono emesse fatture per operazioni inesistenti, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato…nella fattura e il corrispondente tributo viene ad essere considerato “fuori conto” e la relativa obbligazione isolata da quella risultante dalla massa di operazioni effettuate e estraniata dal meccanismo di compensazione tra IVA “a valle” e IVA “a monte” che presiede alla detrazione d’imposta di cui al D.P.R. cit., art. 19 ” (Cass. Sez.V 18.02.2015 n. 3197; Cass. Sez.V 27.01.2014 n. 1565).

Tali rilievi consentono di escludere in modo assoluto sia la contraddittorietà che l’insufficienza della motivazione dedotte dai ricorrenti, poichè ciò che rileva, alla luce della motivazione, non è la sussistenza o l’inerenza dei costi, ma la sussistenza dell’elemento soggettivo che legittimava la detrazione dell’IVA che si assume corrisposta all’apparente venditrice WTC s.r.l..

All’infondatezza di tutti i motivi consegue il rigetto del ricorso e la condanna degli appellanti in solido alla rifusione in favore dell’Agenzia controricorrente delle spese di questo giudizio, nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso, e condanna i ricorrenti in solido alla rifusione in favore dell’Agenzia contro ricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2020

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