Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15512 del 22/06/2017


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Cassazione civile, sez. II, 22/06/2017, (ud. 16/05/2017, dep.22/06/2017),  n. 15512

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23673-2013 proposto da:

P.N. (OMISSIS), I.M. (OMISSIS),

I.A. (OMISSIS), I.B. (OMISSIS), I.D.

(OMISSIS), I.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA BUCCARI 2, presso lo studio dell’avvocato CRISTINA

SALVUCCI, rappresentati e difesi dall’avvocato DAVIDE CALABRO’;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS) elettivamente domiciliato in ROMA, V.PIETRO

TACCHINI 32, presso lo studio dell’avvocato FIAMMETTA GUALTIERI,

rappresentato e difeso dall’avvocato SANDRA SALVIGNI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3898/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/05/2017 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA.

Fatto

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Rilevato che la Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 18.7.2012 – per quanto ancora interessa – ha rimesso la causa davanti al primo giudice (Tribunale di Frosinone) ai sensi dell’art. 354 c.p.c. ritenendo che il giudizio promosso dal Condominio (OMISSIS) di (OMISSIS) (attore e appellante) e i condomini I. – P. (convenuti e appellati) dovesse svolgersi, in relazione alla domande di accertamento di proprietà condominiale o esclusiva di aree e relative domande di restituzione, nel contraddittorio di tutti i condomini dell’edificio, quali litisconsorti necessari;

che contro tale decisione ricorrono per cassazione con unico motivo, illustrato da memoria, P.N. nonchè gli eredi I. (cioè la stessa P., nonchè I.B., M., D., P. e A.) denunziando violazione e/o falsa e/o omessa applicazione dell’art. 1130 c.c. e art. 1131 c.c., commi 2 e 3 nonchè degli artt. 182 e 350 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, rimproverando alla Corte d’Appello di non avere verificato se nel caso in esame vi fossero tutte le condizioni formali e sostanziali per la corretta instaurazione del contradditorio, posto che il Condominio, per impugnare la sentenza ad esso sfavorevole, avrebbe dovuto essere autorizzato dall’assemblea con apposita delibera non prodotta in giudizio;

ritenuto che la censura è infondata;

considerato, in linea di principio, che le sezioni unite, dirimendo un contrasto giurisprudenziale sulla legittimazione passiva e sui poteri ex art. 1131 c.c., commi 2 e 3, hanno affermato che l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni, ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all’Assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’art. 1131 c.c., commi 2 e 3, può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione (v. Sez. U, Sentenza n. 18331 del 06/08/2010 Rv. 614419; Sez. 3, Sentenza n. 12972 del 24/05/2013 Rv. 626693);

considerato che nel caso di specie il Condominio controricorrente ha richiamato l’esistenza di una apposita delibera assembleare del 19.6.2009, con cui si autorizzava l’amministratore ad impugnare la sentenza sfavorevole e che i ricorrenti non hanno mai mosso contestazioni nè sulla esistenza della delibera nè sul contenuto della stessa, limitandosi invece a dedurre unicamente la sua mancata produzione in atti (e del resto l’esistenza di una delibera autorizzativa alla proposizione dell’appello è dimostrata proprio dal fatto che nel giudizio di secondo grado nessuna eccezione era stata sollevata al riguardo dal difensore degli appellati che pur aveva tutto l’interesse a farlo);

ritenuto pertanto che la censura oggi introdotta per la prima volta dal nuovo difensore dei ricorrenti non coglie nel segno, dovendosi ritenere che la Corte d’Appello abbia ritenuto, seppur implicitamente, pacifica la circostanza e che pertanto il ricorso va respinto con addebito di spese;

considerato infine che, trattandosi di ricorso successivo al 30 gennaio 2013 e deciso sfavorevolmente, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato-Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, il comma 1 quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

la Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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