Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15511 del 14/07/2011

Cassazione civile sez. II, 14/07/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 14/07/2011), n.15511

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ASS NAZ MUTILATI INVALIDI LAV IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE

PRO-TEMPORE p.i. (OMISSIS), elettivamente domiciliatA in ROMA,

CORSO VITTORIO EMANUELE II, 18, presso lo studio GREZ E ASSOCIATI

SRL, rappresentato e difeso dagli avvocati LAUDADIO FELICE,

BUONFANTINO ROBERTO;

– ricorrente –

contro

REG CAMPANIA P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL SUO LEGALE

RAPPRESENTANTE PRESIDENTE PRO-TEMPORE DELLA GIUNTA REGIONALE

B.A., selettivamente domiciliata in ROMA, Via Poli,

29, presso l’UFFICIO RAPPRESENTANZA REGIONE CAMPANIA, rappresentata e

difesa dall’avvocato GRANDE CORRADO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1925/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/04/2011 dal Consigliere Dott. GAETANO ANTONIO BURSESE;

udito l’Avvocato Laudadio Felice difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Edoardo Vittorio che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato in data 6.11.91 la regione Campania conveniva dinnanzi al tribunale di Napoli l’A.N.M.I.L. – Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi del Lavoro, esponendo : che con il D.P.R. 24 luglio 1977 l’ente convenuto era stato trasformato da ente pubblico ad ente morale di diritto privato e che gli immobili di sua proprietà erano stati trasferiti alle regioni nel cui territorio insistevano; che sulla base del predetto D.P.R. 24 luglio 1977 dovevano essere trasferite alla Regione Campania n. 66 unità immobiliari delle 68 che componevano il fabbricato sito in (OMISSIS), mentre al nuovo ente dovevano rimanere due unità immobiliari; che I’ A.N.M.I.L. era rimasto in possesso di n. 4 appartamenti al primo piano e di un locale al piano terra; tutto ciò premesso chiedeva la Regione attrice la condanna dell’ente convenuto al rilascio di n. 3 dei 5 locali ancora in suo possesso, oltre al risarcimento dei danni conseguenti al mancato godimento delle rendite di tali immobili.

Si costituiva in giudizio I’ A.N.M.I.L. contestando la domanda attrice rilevando che le unità immobiliari in questione erano destinate alle proprie attività istituzionali, per cui in via riconvenzionale chiedeva che fosse riconosciuta la sua proprietà sui predetti immobili.

Il tribunale adito, previo espletamento della CTU, rigettava la domanda attrice, accogliendo la riconvenzionale della convenuta, dichiarando pertanto che le residue 5 unità immobiliari in possesso dell’A.N.M.I.L erano di sua proprietà. La regione Campania formulava quindi appello avverso la predetta sentenza, riproponendo le precedenti domande, a cui resisteva l’appellata. L’adita Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 1925/2005, depos. in data 24.6.05, disattesa la pregiudiziale eccezione d’inammissibilità dell’appello in relazione alla dedotta nullità della notifica della sentenza impugnata, accoglieva l’appello stesso e, in riforma dell’appellata sentenza, condannava l’A.N.M.I.L. a rilasciare gli immobili in questione in favore della regione, nonchè al pagamento di una somma a titolo di risarcimento del danno, con compensazione delle spese di entrambi i gradi. Avverso la predetta sentenza l’A.N.M.I.L. propone ricorso per cassazione fondato su 3 mezzi; la Regione l’intimata resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso l’A.N.M.I.L. denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 144, 325, 326 c.p.c.. Deduce di avere eccepito nel giudizio di 2 grado, l’inammissibilità dell’appello in quanto tardivamente proposto dalla Regione Campania il 6.6.2001, dopo il decorso di gg. trenta dalla notifica della sentenza in forma esecutiva effettuata in data 9.7.2001 all’avv. Tonino De Franco (uno dei due originari procuratori, sostituito nel corso del giudizio di 1 grado dall’avv. Corrado Grande) presso il domicilio eletto costituito dalla sede dell’ufficio legale della regione stessa. La notifica della sentenza di 1 grado sarebbe quindi valida e rituale, in quanto effettuata presso uno dei due procuratori originari, nello stesso domicilio eletto (l’Ufficio legale della Regione), per cui l’appello doveva ritenersi inammissibile in quanto proposto oltre il termine (breve) di cui all’art. 325 c.p.c..

La doglianza è infondata.

Osserva il Collegio che, ai fini della decorrenza del termine d’impugnazione, la notificazione della sentenza può essere effettuata, su istanza di parte, a norma dell’art. 170 c.p.c., comma 1 e 3, secondo cui tutte le notificazioni devono essere fatte al procuratore costituito. Orbene, il procuratore costituito della Regione era dal maggio 1999 il solo avv. Grande, domiciliato in via S. Lucia 21, il quale era subentrato ad entrambi i precedenti f difensori (e non soltanto al solo avv. De Franco, come sembra sostenere il ricorrente) per procura a margine della comparsa di costituzione del 20.5.99. Ne discende che la notifica della sentenza impugnata è nulla ed è tempestivo l’appello in quanto proposto comunque entro il termine di cui all’art. 327 c.p.c..

Si osserva al riguardo che secondo questa Corte regolatrice “l’art. 326 c.p.c. collega la decorrenza del termine breve di impugnazione di una sentenza non alla conoscenza, sia pure legale, di essa, ma al compimento di una formale attività acceleratoria e sollecitatoria, data dalla notifica nelle forme previste dagli artt. 285 e 170 c.p.c. Pertanto la notifica di una sentenza al domicilio reale della parte anzichè presso il suo procuratore costituito, pur non essendo nulla, ma anzi pienamente valida ad altri fini, è inidonea alla decorrenza del termine per impugnare, anche per colui che l’ha notificata.” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1069 del 01/02/2000; Cass. n. 276 del 13/01/1999; Cass. n. 276 del 28/04/1999; Cass. 29.3.2010, n. 7527).

Con il 2^ motivo, l’esponente deduce la violazione e falsa applicazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c., nonchè il vizio di motivazione. Sostiene che le unità immobiliari in questione rientravano tra quei beni necessari per lo svolgimento dell’attività dell’ente D.P.R. n. 616 del 1977, ex art. 115 e che tale normativa doveva essere necessariamente integrata con la nuova documentazione prodotta (nota trascrizione della conservatoria dei registri immob.ri di Napoli, atto di trascrizione di conferma dell’accettazione dell’atto di donazione; atto per notaio Galizia del 30.10.54). La corte territoriale infatti non aveva tenuto conto che il menzionato il D.P.R. n. 616 del 1977, art. 115, garantiva la conservazione dei beni necessari per lo svolgimento della residua attività associativa dell’ente nè aveva valutato-le due prodotte “note di trascrizione” dalle quali “risultava dimostrata la fattispecie tipica prevista dall’art. 115 cit. con la portata provvedimentale dell’atto del dirigente della stessa Regione che assegnala) i beni all’ANMIL” e che “le modalità di acquisto e di costruzione dell’immobile di (OMISSIS) rientra(va) nella fattispecie tipica di cui al D.P.R. n. 616 del 1977, art. 115, norma violata dalla decisione della Corte d’Appello”.

La doglianza non ha pregio.

Essa non è autosufficiente in quanto si richiama ai documenti prodotti senza trascriverne il contenuto nei tratti salienti, ed è altresì inammissibile in quanto si tratterrebbe di documenti mai depositati nei precedenti gradi di giudizio; inoltre viene introdotta una questione nuova per quanto riguarda la disapplicazione del provvedimento amministrativo che aveva individuato i beni trasferiti alla regione (tali beni erano stati individuati dall’apposita Commissione a suo tempo costituita ex D.P.R. n. 617 del 1977, la cui proposta era stata poi recepita dal D.P.R. n. 31 marzo 1979).

Con il 3^ motivo l’esponente infine contesta la condanna al risarcimento dei danni operata dalla corte territoriale e sostiene che nulla era dovuto a tale titolo non essendo configurabile alcuna occupazione abusiva dei predetti locali che invece sarebbero dovuti rimanere nel patrimonio dell’ente per lo svolgimento delle sue attività.

Anche tale doglianza non ha pregio non essendo autosufficiente nel richiamo agli scritti anteriori e nuovamente prospetta la disapplicazione del provvedimento d’individuazione dei beni trasferiti alla luce di una più corretta applicazione del D.P.R. n. 616 del 1977, art. 115.

in conclusione i ricorso in esame dev’essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 6.200,00, di cui Euro 6.000,00 per onorario, oltre spese ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2011

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