Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1551 del 27/01/2014
Civile Sent. Sez. 5 Num. 1551 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO
SENTENZA
sul ricorso 25076-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro
LVHM ITALIA SPA in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA
DELLE MUSE N. 8, presso lo studio dell’avvocato
DONNAMARIA VINCENZO, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato SALERNO FRANCESCO giusta
Data pubblicazione: 27/01/2014
delega in calce;
– controricorrente
–
avverso la sentenza n. 42/2008 della COMM.TRIB.REG.
di MILANO, depositata il 26/06/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
FRANCESCO TERRUSI;
udito per il controricorrente l’Avvocato SIRIGNANI
delega Avvocato DONNAMARIA che ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
udienza del 20/11/2013 dal Consigliere Dott.
25076-08
Svolgimento del processo
La LVHM Italia s.p.a. e la LVHM Fashion Group Italia
s.p.a. (poi incorporata dalla prima) proposero istanze di
rimborso delle somme pagate a titolo di tassa sui
contratti di borsa, in relazione a distinte compravendite
di azioni e di quote di partecipazione al capitale di
,
.
altrettante società del medesimo gruppo LVHM S.A.
Eccepirono l’indebito alla luce dell’art. l, 3 0 co., del
r.d. n. 3278 del 1923, essendo state tutte le società acquirenti e venditrici soggette al controllo della
capogruppo LVHM S.A.
Formatosi il silenzio-rifiuto, la incorporante LVHM Italia
s.p.a. propose ricorso al giudice tributario.
La commissione tributaria provinciale di Milano respinse
il ricorso, affermando non provato il vincolo di controllo
societario.
La decisione, impugnata dalla società, è stata riformata
dalla commissione tributaria regionale della Lombardia,
sulla considerazione che, invece, la prova al riguardo
necessaria era da rinvenire nella produzione degli
estratti di bilancio della capogruppo, non contestati, e
delle certificazioni di conformità della società di
revisione.
La commissione regionale invero sosteneva che l’art. l, 30
co., del r.d. n. 3278-23 aveva disciplinato le fattispecie
di esclusione oggettiva dal tributo per il sol fatto della
presenza dei presupposti considerati; e che solo ove
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interpretata
in
tal
modo
la
disciplina
potevasi
considerare coerente con la direttiva comunitaria
69/335/CE.
Per la cassazione della sentenza, depositata il 26 giugno
2008 e non notificata, l’agenzia delle entrate ha proposto
ricorso affidato a due motivi.
L’intimata ha replicato con controricorso.
Motivi della decisione
I. – Col primo
motivo, deducendo violazione e falsa
applicazione dell’art. l, 3 0 co., del r.d. n. 3278-23, in
relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la ricorrente assume
che la commissione tributaria regionale avrebbe dovuto
ritenere esclusi dall’esenzione i soli contratti aventi a
oggetto trasferimenti infragruppo conclusi secondo gli usi
di borsa, e che quindi sarebbe errato interpretare la
disposizione nel senso della esenzione dal tributo di ogni
contratto riguardante trasferimenti infragruppo.
Col secondo motivo, dedotto per l’ipotesi in cui venisse
reputato costituire capo autonomo della sentenza
l’affermazione della commissione regionale secondo la
quale l’interpretazione in termini di inapplicabilità
dell’esenzione ai trasferimenti infragruppo, avvenuti
secondo gli usi di borsa, rappresenta una violazione della
direttiva comunitaria, si denuncia il vizio di
ultrapetizione (art. 112 c.p.c.), non avendo la società
avanzato alcuna doglianza, nel processo tributario,
parametrata alla violazione di norme comunitarie.
2
- Il primo motivo è infondato, e tanto determina
l’assorbimento di quanto eccepito col secondo.
L’art. l del r.d. 30-12-1923, n. 3278, per la parte che
viene in rilievo nella controversia (la norma è stata
difatti abrogata dall’ articolo 37, 4 0 co., del d.l. 3112-2007, n. 248), assoggetta i contratti di borsa alla
tassa speciale, stabilendo che nella denominazione di
“contratti di borsa”, agli effetti della tassa, si
intendono compresi:
“a) i contratti, siano fatti in borsa o anche fuori borsa,
tanto a contanti, quanto a termine, fermi, a premio o di
riporto, ed ogni altro contratto conforme agli usi
commerciali, di cui formino oggetto i titoli di debito
dello Stato, delle province, dei comuni e di enti morali;
le azioni ed obbligazioni di società, comprese le cartelle
degli istituti di credito fondiario, e in generale
qualunque titolo di analoga natura, sia nazionale, sia
estero, siano o no quotati in borsa”;
“b) le compre-vendite a termine di valori in moneta o
verghe, siano fatte in borsa o anche fuori borsa”;
“c)
le compre-vendite, a termine, di derrate e merci,
stipulate secondo gli usi di borsa, in borsa o anche
fuori, purché in questo caso vi sia l’intervento di uno o
più mediatori iscritti. Non sono comprese nella presente
disposizione le operazioni di sconto di cambiali”.
In base al 3 0 comma della disposizione, la tassa si
applica anche ai contratti a titolo oneroso, aventi per
oggetto i titoli e i valori di cui alle sopra scritte
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lettere a) e b) del secondo comma, nonché le quote di
partecipazione in società di ogni tipo, conclusi per atto
pubblico o scrittura privata o comunque in altro modo non
conforme agli usi di borsa, “esclusi quelli soggetti ad
imposta di registro in misura proporzionale e quelli
riguardanti trasferimenti effettuati fra soggetti, società
od enti, tra i quali esista un rapporto di controllo ai
sensi dell’articolo 2359, primo comma, numeri 1) e 3), del
codice civile, o fra società controllate direttamente o
indirettamente, ai sensi delle predette disposizioni, da
un medesimo soggetto. Le quote di partecipazione in enti
aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di
attività commerciali sono assimilate a quelle di
partecipazione in società”.
III. – Come la stessa ricorrente giustamente osserva, la
ratio di tale ultima disposizione (introdotta dal d.l. n.
417 del 1991) è da rinvenire nel duplice intento di
ostacolare, da un lato, la diffusa prassi di stipulare
contratti di trasferimento di titoli di partecipazione
mediante semplici scritture private, senza ricorrere cioè
all’uso di fissati bollati, e di agevolare, dall’altro, le
operazioni di ristrutturazione nell’ambito dei gruppi
societari, sul rilievo che tali operazioni non rivestono
carattere speculativo, e che per questo non avvengono, di
solito, in modo conforme agli usi di borsa.
IV. – Orbene, è abbastanza chiaro allora che giustappunto
la
ratio
della previsione rende insostenibile la tesi
della ricorrente, giacché è contraddittorio affermare,
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••
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dopo aver correttamente ricostruito, nei termini esposti,
la detta ratio,
che l’esenzione riguarderebbe i contratti
aventi a oggetto trasferimenti infragruppo alla sola
condizione che gli stessi risultino negoziati secondo gli
usi di borsa.
trasferimenti infragruppo prendendo atto della natura non
speculativa degli stessi, e quindi di agevolarli di per
sé, in base alla constatazione del dato di fatto opposto a
quanto dall’amministrazione predicato nel caso di specie,
e cioè dell’evidenza per cui è inusuale che le relative
negoziazione avvengano in modo conforme agli usi di borsa.
Spese processuali alla soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle
spese processuali, che liquida in euro 12.200,00, di cui
euro 12,000,00 per compensi, oltre accessori di legge.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta
Al contrario, la norma ha la funzione di agevolare i