Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15509 del 21/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/07/2020, (ud. 09/04/2019, dep. 21/07/2020), n.15509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29606/2016 proposto da:

FT S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via Livorno n. 6, presso lo

studio dell’Avv. Barbara De Marchis, rappresentata e difesa, anche

disgiuntamente, dagli Avv. Luisa Tosi e Lorenzo Isoppo giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

presso cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 793 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

DELLA LIGURIA, depositata il 30 maggio 2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9

aprile 2019 dal Consigliere Dott. MUCCI ROBERTO.

Fatto

CONSIDERATO

che:

1. la CTR della Liguria ha rigettato il gravame interposto da FT s.p.a. avverso la sentenza della CTP di La Spezia di rigetto del ricorso della medesima società contro l’avviso di rettifica dell’accertamento e il relativo atto di irrogazione delle sanzioni riferiti all’importazione, effettuata da FT nel 2011, di tessuti in fibra di vetro, merce dichiarata di origine malese ed invece proveniente dalla Cina, scortata da certificati FORM A e assoggettata a dazio preferenziale;

2. ha ritenuto la CTR, per quel che qui ancora rileva, “congruamente e sufficientemente dimostrata” la pretesa di recupero dei dazi in esame ai sensi del D.Lgs. 8 novembre 1990, n. 374, art. 11, comma 5-bis, poichè basata “sulle risultanze di atti ispettivi (allegati o richiamati) degli organismi antifrode comunitari, come nella specie l’OLAF” (p. 3 della sentenza);

3. avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione FT affidato a due motivi, illustrati con memoria, cui replica l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con ricorso; il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto difese.

Diritto

RITENUTO

che:

4. va rilevata in limine l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, essendo unica legittimata passiva l’evocata Agenzia delle Dogane e dei Monopoli a seguito del trasferimento, operato dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, art. 57, comma 1, alle agenzie fiscali di tutti i rapporti giuridici, i poteri e le competenze facenti capo al detto dicastero a partire dal 1 gennaio 2001 (giorno di inizio di operatività delle agenzie fiscali in forza del D.M. 28 dicembre 2000, art. 1) (cfr., tra le altre, Sez. 5, 28 gennaio 2015, n, 1550);

5. con il primo motivo di ricorso FT denuncia violazione del D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5-bis: l’avviso di accertamento e l’irrogazione delle sanzioni sarebbero fondati su atti ignoti alla contribuente – come da questa ribadito anche nella memoria -, attesa la mancata allegazione del rapporto OLAF (cd. Mission Report) e l’assenza di qualsiasi richiamo per relationem ad esso; il riferimento al rapporto, pur contenuto negli atti impositivi, avrebbe dovuto comportare l’allegazione almeno del suo contenuto integrale onde garantire il diritto di difesa della ricorrente;

5.1. il mezzo è manifestamente infondato;

5.2. in tema di revisione dell’accertamento, attribuzioni e poteri degli uffici doganale, dispone il D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5-bis, che “La motivazione dell’atto deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato. Se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto non conosciuto nè ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale ai fini della difesa. L’accertamento è nullo se l’avviso non reca la motivazione di cui al presente comma.”;

5.3. nella specie, come si evince dal contenuto dello stesso ricorso (alle cui pp. 7-18 sono riportati testualmente il processo verbale di constatazione e l’avviso di rettifica di accertamento), gli atti impugnati, lungi dal contenere un mero richiamo al Mission Report dell’OLAF, ne riportano invece ampi e significativi stralci a suffragio della rilevata falsa dichiarazione dell’origine preferenziale malese della merce importata, stralci tali, pertanto, da consentire alla contribuente di essere pienamente edotta della pretesa fiscale;

5.4. è allora sufficiente ribadire il consolidato orientamento di legittimità secondo cui l’avviso di accertamento in materia doganale che si fondi su verbali ispettivi OLAF – i quali, come è noto, pur riservati, possono essere utilizzati dall’amministrazione e hanno piena valenza probatoria nei procedimenti amministrativi e giudiziari per inosservanza della regolamentazione doganale, spettando al contribuente che ne contesti il fondamento fornire la prova contraria è legittimamente motivato ove risponda alle prescrizioni del citato D.Lgs. n. 374 del 1990, art. 11, comma 5-bis, ossia riporti nei tratti essenziali, ai fini dell’esercizio del diritto di difesa, il contenuto di quegli atti presupposti richiamati per relationem, anche se non allegati, non rientrando la produzione del rapporto finale OLAF tra i requisiti di validità della motivazione e ciò anche con riferimento ai documenti cui faccia rinvio il rapporto OLAF allegato all’avviso di accertamento (si v., tra le altre, Sez. 5, 21 aprile 2017, n. 10118);

6. con il secondo motivo si denuncia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), concernente la quantificazione da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli delle sanzioni per le stesse importazioni “in misura differente” (p. 20);

6.1. il mezzo è inammissibile;

6.2. in disparte la considerazione, evidenziata dall’Agenzia, che gli atti di irrogazione delle sanzioni menzionati dalla ricorrente non risultano da questa impugnati, la censura è affatto carente in punto di autosufficienza non essendo dato comprendere dove e quando FT avrebbe sollevato la relativa questione, la cui sostanza rimane oscura anche dopo la lettura della memoria a tal punto da non consentire il vaglio della medesimezza delle ragioni di fatto ai fini dell’art. 348-ter c.p.c., commi 4 e 5.

7. In conclusione, il ricorso deve essere complessivamente rigettato e la ricorrente condannata alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo; nulla per le spese quanto al Ministero dell’Economia e delle Finanze intimato. Doppio contributo unificato a carico della ricorrente come per legge.

PQM

rigetta il ricorso proposto contro l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.000,00 oltre spese prenotate a debito; dichiara inammissibile il ricorso proposto contro il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 9 aprile 2019.

Depositato in cancelleria il 21 luglio 2020

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