Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15503 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 21/04/2010, dep. 30/06/2010), n.15503

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – rel. Consigliere –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

s.c.a. (già s.c.a.r.l.) LATTERIA SOCIALE di BOLZANO VICENTINO, con

sede in (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma alla Via di Ripetta n. 70 presso lo studio dell’avv. LOTTI

Massimo che la rappresenta e difende, insieme con l’avv. Mauro

ALBERTINI (del Foro di Venezia), in forza della procura speciale

rilasciata a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

il Comune di Bolzano Vicentino (VI), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma alla Via Giuseppe Avezzana

n. 1 presso lo studio dell’avv. Sciubba Lorenzo insieme con l’avv.

Antonio MOLLO (del Foro di Cassino) che lo rappresenta e difende in

forza della procura speciale del 20 dicembre 2006 autenticata dal suo

Segretario Generale;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 20/26/06 depositata il 15 giugno 2006 dalla

Commissione Tributaria Regionale del Veneto (notificata il 6

settembre 2006).

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 21 aprile 2010

dal Cons. dr. Michele D’ALONZO;

sentite le difese delle parti, perorate dall’avv. Massimo LOTTI, per

la ricorrente, e dall’avv. Antonio MOLLO, per il Comune;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.

GAMBARDELLA Vincenzo, il quale ha concluso per l’accoglimento del

primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso notificato al Comune di Bolzano Vicentino il 20 novembre 2006 (depositato il 4 dicembre 2006), la s.c.a. (già s.c.a.r.l.) LATTERIA SOCIALE di BOLZANO VICENTINO – premesso che: (1) era “proprietaria”, in detto Comune, di un “compendio immobiliare” (composto da tre unità immobiliari) “adibito parzialmente a caseificio, parzialmente a magazzino per la stagionatura e la conservazione dei prodotti derivati dalla lavorazione del latte e …

in minima parte ad abitazione e garage del custode” (2) il 5 ottobre 1999 l’UTE di Vicenza aveva eseguito (“senza sopralluogo”) il “classamento d’ ufficio degli immobili in questione”; tale classamento era stato notificato il 5 novembre 2000 e ” tempestivamente impugnato”; (3) il Comune aveva notificato un “avviso di liquidazione” relativamente alla maggiore “ICI per l’anno …

1995” ritenuta dovuta “alla luce delle risultanze del classamento d’Ufficio operato dall’UTE” -, in forza di tre motivi, chiedeva di cassare la sentenza n. 20/26/06 della Commissione Tributaria Regionale del Veneto (depositata il 15 giugno 2006 e notificata il 6 settembre 2006) che, ritenuta “non accoglibile la richiesta di riconoscimento del carattere di ruralità dei fabbricati”, aveva recepito l’appello del Comune avverso la decisione (69/09/04) della Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza la quale, rigettata la “richiesta di esenzione da ICI”, aveva accolto quella relativa “alla irretroattività della richiesta di versamento … per l’anno 1995 … comunque per intervenuta decadenza della pretesa”.

Nel controricorso notificato il 29 dicembre 2006 (depositato il 17 gennaio 2007), il Comune intimato instava per il rigetto dell’impugnazione di controparte.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Nella sentenza gravata la Commissione Tributaria Regionale – premesso che: (1) il giudice tributario di primo grado aveva respinto il ricorso “in ordine al riconoscimento della ruralità dei fabbricati … ai fini dell’esenzione dalla ICI” ed accolto “l’eccezione sulla irretroattività della rendita”; (2) il Comune aveva appellato tale sentenza sostenendo che la stessa aveva applicato “in maniera errata la L. 21 novembre 2002, n. 342, art. 14 e il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11, comma 1”; (3) nelle controdeduzioni in appello la società aveva chiesto, “in via principale”, “il riconoscimento della ruralità del complesso immobiliare assoggettato ad ICI col rimborso di quanto versato a titolo prudenziale, oltre agli interessi di legge” e, “in via subordinata”, “la conferma della decisione di primo grado” – ha accolto l’appello del Comune osservando:

– “la richiesta di riconoscimento del carattere di ruralità dei fabbricati”, avanzata dalla “Latteria Sociale”, non è “accoglibile” perchè “formulata nell’ambito delle controdeduzioni” e non “proposta” (come “doveva essere”) quale “ricorso incidentale”;

– “il contenuto dell’art. 74, commi 1 e 3, va interpretato nel senso di dare valore certo alla comunicazione della rendita catastale e non anche di precludere la possibilità di recuperare i tributi arretrati” atteso che “l’atto di attribuzione della rendita ha valore cognitivo e non costitutivo per cui il Comune può legittimamente recuperare l’ICI per gli anni pregressi in conformità al D.Lgs. n. 504 del 1992”.

2. La società censura tale decisione con tre motivi, con il primo dei quali la stessa – riprodotto quanto “dedotto” nel proprio “atto di controdeduzioni” – denunzia “violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 324, 326, 329, 342 333 (sic), nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 51, comma 1, e art. 38, comma 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 54, comma 2,” adducendo essere “evidente, sia dalla lettura della parte motiva sia … della parte conclusiva delle controdeduzioni”, la sua “volontà di sottoporre ad esegesi critica l’apparato argomentativo della Commissione Tributaria Provinciale …

relativamente alla asserita carenza nel caso concreto dei presupposti necessari al fine di predicare la ruralità dei fabbricati e … di richiedere alla Commissione Tributaria Regionale la riforma della sentenza nella parte in cui non è stata riconosciuta la natura rurale del compendio immobiliare”.

3. A tale specifico punto di censura il Comune oppone risultare “da un’attenta analisi dell’atto di controdeduzioni … come, non solo tale atto non contenga … una vera e propria impugnazione del capo in questione della sentenza, ma come esso risulti, altresì, privo del carattere di argomentazione specificamente antitetica rispetto a quella contenuta nella parte della sentenza avversa e come, per di più, nella correlata parte volitiva risulti omessa qualsiasi richiesta di riforma della sentenza”.

4. Il motivo di ricorso deve essere accolto perchè fondato.

L’affermazione del giudice di appello secondo cui “la richiesta di riconoscimento del carattere di ruralità dei fabbricati”, avanzata dalla “Latteria Sociale”, non è “accoglibile” perchè “formulata nell’ambito delle controdeduzioni” e non “proposta” (come “doveva essere”) quale “ricorso incidentale”, infatti, è giuridicamente errata in quanto la tesi, implicitamente (ma inequivocamente) affermata, della necessità di un “ricorso incidentale” per proporre appello incidentale attribuisce una prevalenza determinante alla mera forma che non trova riscontro nelle aderenti norme in particolare in quella dettata dal primo capoverso dell’art. 54 (“controdeduzioni dell’appellato e appello incidentale”) D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 secondo cui “nello stesso atto depositato nei modi e termini di cui al precedente comma”, ovverosia “nei modi e termini di cui all’art. 23 depositando apposito atto di controdeduzioni”, “può essere proposto, a pena di inammissibilità, appello incidentale” e contrasta con il principio – enunciato ” in materia di procedimento civile” ma valido (D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 1, comma 2 cit.:

vi giudici tributari applicano le norme dei presente decreto e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le norme del codice di procedura civile”) anche per il processo tributario, non essendo stata dettata per questo nessuna norma diversa e rilevandosi la disposizione pienamente compatibile con lo stesso; da ribadire per carenza di qualsivoglia convincente argomentazione contraria – per il quale (Cass., 3, 21 settembre 2007 n. 19484, tra le recenti, in cui si ricorda “Cass. 20 agosto 2004, n. 16360; Cass. 26 aprile 2004, n. 7918; Cass. 18 febbraio 2004, n. 3195”).

“Le domande e le eccezioni non accolte in primo grado … possono essere riproposte in qualsiasi forma idonea ad evidenziare la volontà di riaprire la discussione e sollecitare la decisione su di esse”.

Da tale principio discende che – diversamente da quanto affermato dal giudice a quo – anche nel processo tributario è del tutto irrilevante la mancata proposizione dell’appello sotto la forma del “ricorso incidentale” dovendosi avere esclusivo riguardo (oltre che all’osservanza dei “modi e termini di cui all’art. 23” del medesimo D.Lgs.) al contenuto delle “controdeduzioni” depositate per verificare se con lo stesso l’appellato abbia comunque manifestato la volontà di impugnare, a sua volta, chiedendone la riforma, la sentenza di primo grado nella parte ad esso sfavorevole: costituisce, infatti, “costante principio della giurisprudenza di legittimità” (così definito da Cass., 2, 15 novembre 2004 n. 21615, che cita “tra le altre, Cass. 3, 26/6/98 n. 6339, Cass. 1, 8/6/95 n. 6479, e le conf. Cass. 6633/97 … e 2120/94”) che “per la proposizione dell’appello incidentale della parte non totalmente vittoriosa in primo grado non occorrono formule sacramentali, essendo sufficiente che dal complesso delle deduzioni e delle conclusioni formulate dall’appellato nella comparsa di risposta risulti in modo non equivoco la sua volontà di ottenere la riforma della decisione del primo giudice”.

E’ appena il caso di evidenziare la ontologica diversità del preliminare accertamento concernente la “volontà” dell’appellato di “ottenere la riforma della decisione del primo giudice” rispetto a quello (logicamente successivo) della idoneità delle argomentazioni che sorreggono detta “volontà” a confutare le ragion della decisione impugnata, di conseguenza, l’irrilevanza, allo stato, dell’assunto del Comune secondo cui l’appello incidentale della società sarebbe, nel caso, “privo del carattere di argomentazione specificamente antitetica rispetto a quella contenuta nella parte della sentenza avversa”.

Le considerazioni che precedono impongono di cassare la sentenza impugnata per la evidenziata erroneità della stessa quanto alla affermata non accoglibilita (“non accoglibile”) – meglio:

inammissibilità – della “richiesta” della società appellata “di riconoscimento del carattere di ruralità dei fabbricati” (carattere disconosciuto dal giudice di primo grado) perchè non proposta “come ricorso incidentale” e di rinviare la causa a sezione diversa della stessa Commissione Tributaria Regionale che ha emesso la pronuncia cassata affinchè accerti l’esistenza, nelle controdeduzioni depositate in appello dalla società, di una impugnazione incidentale e, in caso positivo, valuti l’ammissibilità e, di poi, il fondamento della stessa tenuto conto dei principi enunciati dalle sezioni unite di questa Corte (sentenza depositata n. 18569 il 21 agosto 2009) specificamente in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), per i quali:

(1) “non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a)” soltanto “l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria ((OMISSIS)), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994. e successive modificazioni”;

(2) “L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale (OMISSIS) alfine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”.

Le ragioni della cassazione della sentenza di appello, intuitivamente, determinano l’assorbimento degli ulteriori due motivi di ricorso per cassazione proposti dalla società atteso che:

– il primo di essi “violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c.” per avere, si assume, la Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza (sentenza n. 1472/20/2001, asseritamene “passata in giudicato”, pronunciata nei confronti dell’Agenzia del Territorio) dichiarato la “ruralità” del “compendio immobiliare in questione” riflette proprio la qualità catastale del “compendio”, di cui il giudice di primo grado ha negato la “ruralità”; – l’altro (“violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, commi 2, 3, 4 e 11 nonchè della L. n. 342 del 2000, art. 14”, “la cui formulazione non offre argomenti per attribuire al provvedimento di attribuzione di rendita la natura dichiarativa e, quindi, la efficacia retroattiva”) suppone l’accertamento della mancanza del carattere di “ruralità” del compendio immobiliare.

Al giudice del rinvio va, infine, demandato anche di regolamentare le spese processuali di questo giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Veneto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

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