Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15500 del 21/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/07/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 21/07/2020), n.15500

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25610-2019 proposto da:

BPER BANCA SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO

22, presso lo studio dell’avvocato DEBORATH FORTINELLI,

rappresentata e difeso dall’avvocato MARCELLO POGGIOLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositato il

21/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/03/2020 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La BPER Banca s.p.a. ha proposto ricorso articolato in unico motivo (violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2) avverso il decreto della Corte di appello di L’Aquila n. 42/2019, depositato il 21 gennaio 2019.

L’intimato Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensive.

Con ricorso depositato in data 4 ottobre 2017 presso la Corte di appello di L’Aquila, la BPER Banca s.p.a. chiese la condanna del Ministero della Giustizia all’equa riparazione per la irragionevole durata di una procedura fallimentare svoltasi davanti al Tribunale di Chieti, nella quale la BPER Banca aveva svolte insinuazioni al passivo della fallita società Euroimport 2000 s.r.l. Non avendo la ricorrente provveduto alla integrazione documentale richiesta dal magistrato designato, questi pronunciò decreto di rigetto della domanda di equa riparazione. Il collegio della Corte d’appello accolse poi parzialmente l’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, della BPER Banca s.p.a., con condanna del Ministero della Giustizia al pagamento dell’indennità di Euro 2.100,00, compensando tuttavia le spese processuali, sia per il “parziale rigetto dell’opposizione (era stato chiesto un indennizzo di Euro 3.240,00)”, sia per il “comportamento omissivo tenuto dalla ricorrente”, consistente nel “difetto di allegazione di dati fattuali rilevanti” e nel “difetto di prova”, che avevano comportato la necessità della richiesta di integrazione e della stessa opposizione, come anche dello “scrutinio dei singoli atti allegati, al fine di estrarre le notizie necessarie per la decisione”.

L’unico motivo di ricorso della BPER Banca s.p.a. deduce che nessuno degli argomenti esposti nell’impugnato decreto costituisce valida ragione per fondare la compensazione delle spese processuali, con conseguente violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., comma 2.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

Il Collegio ritiene, tuttavia, che il ricorso sia manifestamente infondato. Al riguardo, deve considerarsi come, anche dopo le novità introdotte dal D.L. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla L. n. 197 del 2016, il procedimento ex art. 380-bis c.p.c. può essere definito con rito camerale altresì ove ricorra un’ipotesi diversa da quella opinata nella proposta del relatore, atteso che la detta disposizione stabilisce che la Corte deve rimettere la causa alla pubblica udienza soltanto se ritiene che non ricorrano le ipotesi previste dall’art. 375 c.p.c., comma 1, nn. 1 e 5 (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 23/03/2017, n. 7605).

Ai sensi dell’art. 92 c.p.c., come risultante dalle modifiche introdotte dal D.L. n. 132 del 2014 (qui applicabile ratione temporis) e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, la compensazione delle spese di lite può essere disposta se vi è soccombenza reciproca, ovvero nell’eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92 c.p.c., comma 2.

Ora, la Corte d’appello di L’Aquila ha dapprima considerato, quale distinta ed autonoma ragione di compensazione integrale delle spese, sufficiente a giustificare la decisione adottata sul punto, il “parziale rigetto dell’opposizione” (in quanto era stato chiesto un indennizzo di Euro 3.240,00 ed è stato riconosciuto l’importo di Euro 2.100,00). E’ vero che questa Corte ha affermato che nel procedimento d’equa riparazione, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la liquidazione dell’indennizzo in misura inferiore a quella richiesta dalla parte, per l’applicazione, da parte del giudice, di un moltiplicatore annuo diverso da quello invocato dall’attore, non integra un’ipotesi di accoglimento parziale della domanda che legittima la compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, poichè, in assenza di strumenti di predeterminazione anticipata del danno e del suo ammontare, spetta al giudice individuare in maniera autonoma l’indennizzo dovuto, secondo criteri che sfuggono alla previsione della parte, la quale, nel precisare l’ammontare della somma richiesta a titolo di danno non patrimoniale, non completa il petitum della domanda sotto il profilo quantitativo, ma soltanto sollecita, a prescindere dalle espressioni utilizzate, l’esercizio di un potere ufficioso di liquidazione (Cass. Sez. 6 2, 16/07/2015, n. 14976; Cass. Sez. 2, 11/09/2018, n. 22021).

Nel caso in esame, però, la domanda di indennizzo nell’importo di Euro 3.240,00 avanzata dalla BPER Banca s.p.a. trovava fondamento non solo nella applicazione di un più elevato moltiplicatore annuo, ma anche nella prospettazione di un periodo eccedente la durata ragionevole stimato dall’attrice in cinque anni, ed invece riconosciuto dalla Corte d’appello pari a quattro anni e sei mesi.

Come, pertanto, in ogni altro caso di accoglimento parziale di una domanda di condanna al pagamento di una somma di denaro, ossia di accoglimento per un importo inferiore al richiesto, nella specie, con riferimento a domanda di equa riparazione risultata fondata in rapporto ad una minore durata eccedente il termine ragionevole rispetto a quella pretesa dall’attore, il giudice di merito può correttamente ravvisare una soccombenza reciproca, agli effetti dell’art. 92 c.p.c., comma 2, e perciò compensare le spese di lite, sulla base di valutazione discrezionale, fondata sul principio di causalità, che resta sottratta al sindacato di legittimità.

Sussistendo, pertanto, nella motivazione dell’impugnato decreto il riferimento all’autonoma ragione di compensazione delle spese costituita dalla soccombenza reciproca, è superfluo verificare se fossero altresì integrate le “gravi ed eccezionali ragioni”, ravvisate nell’impugnato decreto con riguardo alle carenze di allegazione e di prova dei fatti oggetto di domanda. Il ricorso deve pertanto essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese del giudizio di cassazione, in quanto l’intimato Ministero non ha svolto attività difensive.

Essendo il procedimento in esame esente dal pagamento del contributo unificato, non sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater – da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 6 marzo 2020.

Depositato in cancelleria il 21 luglio 2020

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