Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15497 del 21/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/07/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 21/07/2020), n.15497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17653-2019 proposto da:

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Q.M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, P.ZA

UGO DA COMO 9, presso lo studio dell’avvocato ANDREA BARBUTO, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 1309/2019 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositato il 02/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/03/2020 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Ministero della Giustizia propone ricorso articolato in due motivi per la cassazione del decreto reso dalla Corte d’appello di Ancona il 2 aprile 2019, difendendosi con controricorso Q.M.C.. Questo decreto ha condannato il Ministero della Giustizia all’equa riparazione in favore di Q.M.C., pari ad Euro 4.000,00, oltre interessi, per la irragionevole durata di una procedura esecutiva immobiliare iniziata da Canon Italia il 14 maggio 1984 nei confronti della Q., sospesa dal 6 maggio 1992 al 31 marzo 2014, alla quale era stata poi riunita il 25 luglio 2000 la procedura esecutiva promossa il 9 dicembre 1999 da Credito Cooperativo di Fano e definita l’8 febbraio 2018.

La Corte di Ancona, pronunciando sull’opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, avanzata da Q.M.C. contro il decreto del magistrato designato, ha stimato in anni 8 e mesi 3 la durata non ragionevole del giudizio esecutivo imputabile all’Amministrazione della Giustizia.

Il primo motivo di ricorso del Ministero della Giustizia denuncia la nullità del decreto impugnato per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. sulla eccezione sollevata dallo stesso Ministero nella sua memoria difensiva, eccezione secondo cui l’eccessiva durata del procedimento esecutivo immobiliare si era risolta a favore della debitrice esecutata Q.M.C., la quale era rimasta sempre nel possesso dell’immobile pignorato.

Il secondo motivo di ricorso del Ministero della Giustizia allega la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, per non aver comunque la Corte d’appello tenuto conto che la lungaggine del giudizio esecutivo aveva consentito a Q.M.C. di lucrare un significativo vantaggio, consistente nell’aver beneficiato del possesso dell’immobile pignorato.

Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente fondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

I due motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, perchè connessi, e risultano fondati nei termini di seguito indicati.

Il decreto impugnato, riconoscendo esistente il danno per la non ragionevole durata pari ad anni 8 e mesi 3, ha omesso di motivare sulla circostanza di fatto, dedotta dal Ministero della Giustizia nella sua memoria difensiva in sede di opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter, che la debitrice esecutata avesse mantenuto, per tutta l’irragionevole durata del procedimento esecutivo, il possesso dell’immobile pignorato, circostanza decisiva perchè idonea a comportare, ove valutata, una diversa decisione sulla domanda di equa riparazione.

Secondo, infatti, il consolidato orientamento giurisprudenziale, la presunzione di danno non patrimoniale da irragionevole durata del processo esecutivo non opera per l’esecutato, poichè egli dall’esito del processo riceve un danno giusto. Pertanto, ai fini dell’equa riparazione da durata irragionevole, l’esecutato ha l’onere di provare uno specifico interesse alla celerità dell’espropriazione, dimostrando che l’attivo pignorato o pignorabile fosse ab origine tale da consentire il pagamento delle spese esecutive e da soddisfare tutti i creditori e che spese ed accessori sono lievitati a causa dei tempi processuali in maniera da azzerare o ridurre l’ipotizzabile residuo attivo o la restante garanzia generica, altrimenti capiente (Cass. Sez. 2, 07/05/2018, n. 10857; Cass. Sez. 6 – 2, 09/07/2015, n. 14382). Vieppiù non ha diritto all’equa riparazione per irragionevole durata del procedimento esecutivo il debitore esecutato che, essendo proprietario dell’immobile pignorato, si sia avvantaggiato del suo protrarsi, avendo mantenuto, “medio tempore”, la disponibilità del bene (Cass. Sez. 2, 10/07/2013, n. 17153). Peraltro, il debitore esecutato rimasto inattivo non ha diritto ad alcun indennizzo per l’irragionevole durata del processo esecutivo, giacchè questo è preordinato all’esclusivo interesse del creditore, sicchè egli – a differenza del contumace nell’ambito di un processo dichiarativo – è soggetto al potere coattivo del creditore, recuperando solo nelle eventuali fasi d’opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c., la cui funzione è diretta a stabilire un separato ambito di cognizione, la pienezza della posizione di parte, con possibilità di svolgere contraddittorio e difesa tecnica (Cass. Sez. 6 – 2, 07/01/2016, n. 89).

Conseguono l’accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto impugnato, con rinvio alla Corte d’appello di Ancona, che, in diversa composizione, sottoporrà la causa a nuovo esame, uniformandosi ai richiamati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato nei limiti della censura accolta e rinvia alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 6 marzo 2020.

Depositato in cancelleria il 21 luglio 2020

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