Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15494 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 20/04/2010, dep. 30/06/2010), n.15494

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – rel. est. Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Arezzo, in persona del sindaco p.t., domiciliato in Arezzo,

piazza della Libertà n. 1, presso l’avvocato Ricciarini R., che lo

rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

S.G., rappresentato e difeso dall’avv. Amatucci Arnaldo e

domiciliato in Roma, via dei Gracchi n. 130, presso l’avv. Teresina

Titina Macrì, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7/24/06 della Commissione Tributaria Regionale

della Toscana, depositata in data 15 marzo 2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 20

aprile 2010 dal consigliere relatore Dott. Sergio Bernardi;

udito l’avvocato Stefano Pasquini, per delega, in difesa del

ricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

CICCOLO Pasquale Paolo Maria, il quale ha concluso per

l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.G. impugnò l’avviso di accertamento emesso nel 2003 dal Comune di Arezzo per il recupero della maggiore imposta ICI dovuta per l’anno 1999 relativamente a due suoi immobili. Sostenne che, già prima della notificazione dell’avviso, per il primo di essi (sub. 15, già sub 8), la rendita presa dal Comune a base della liquidazione era stata corretta a seguito di richiesta di variazione della classificazione da C1 a D8, accettata dall’Agenzia del Territorio, con conseguente riduzione dell’imponibile da 3.334.001.580 a L. 1.644.300.000; per il secondo (sub 14, già sub 9) aveva impugnato la rendita notificatagli e raggiunto una conciliazione con l’Ufficio che aveva ridotto l’imponibile accertato da L. 559.190.520 a L. 316.437.614. 11 Comune si costituì opponendo che le variazioni indicate dal contribuente, intervenute nel 2002.

non potevano applicarsi all’anno 1999, perchè derivavano da domanda di variazione catastale per frazionamento e fusione delle precedenti consistenze presentata dal contribuente il 31.07.2000. Osservò che il contribuente aveva successivamente (in data 6.12.2001) presentato anche una ulteriore denuncia di variazione, ma che le rendite applicabili per il 1999 erano quelle poste in atti il 29.11.1999 per gli immobili allora accatastati sub 8 e sub 9, comunicate con l’avviso di accertamento e divenute incontestabili perchè non impugnate nei confronti dell’Agenzia del Territorio, L. n. 342 del 2000, ex art. 74. La CTP di Arezzo respinse il ricorso. Adita in appello, la CTR della Toscana lo ha accolto, accertando ‘il diritto del contribuente a che l’imposta sia accertata sulla base delle rendite attribuite dall’Agenzia delle Entrate in rettifica di quelle precedenti”.

Il Comune di Arezzo ricorre per la cassazione della sentenza della CTR con un motivo. Il contribuente resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La CTR ha ritenuto decisivo stabilire se le nuove rendite attribuite nel 2002 fossero state determinate dall’Agenzia del Territorio a correzione di quelle precedenti riconosciute erronee, come sostenuto dal contribuente, ovvero se esse fossero state modificate a seguito della denuncia di “frazionamento e fusione” delle due unità immobiliari, secondo la tesi del Comune. Ha quindi dato conto di alcune risultanze processuali ed ha osservato: “Le considerazioni sopra svolte portano a ritenere che le due unità immobiliari di cui al sub. 15 ed al sub. 14 non abbiano, di fatto, subito modificazioni strutturali da renderle diverse da quelle che erano prima delle denunce di variazione e che, di conseguenza, le nuove rendite catastali derivino dal riconoscimento di una precedente errata classazione e quindi dalla sua correzione da parte dell’Agenzia del Territorio”.

Ha conseguentemente ritenuto che, nella specie, la regola del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5 comma 5 (secondo la quale il valore da considerare ai fini ICI è quello del 1^ gennaio dell’anno di imposizione) dovesse applicarsi con riferimento non alla rendita iscritta ma a quella minore successivamente stabilita con la variazione ricognitiva dell’errore.

Con l’unico motivo di ricorso il Comune di Arezzo deduce “violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”. Lamenta che l’assunto in fatto sul quale la CTR ha fondato la decisione “appare assolutamente erroneo ed errato”.

“Affermare, come fa la sentenza impugnata, che le due unità immobiliari non abbiano subito modificazioni strutturali tali da renderle diverse da quelle che erano prima delle denunce di variazione … è del tutto fuorviante…” perchè “come si è evidenziato in punto di fatto, ciò non corrisponde al vero … la primitiva rendita messa in atti dall’Agenzia in data 29.11.1999 …

era divenuta definitiva a tutti gli effetti di legge … e tale rimarrà fino alla data del 6.12.2001 cioè fino al momento della presentazione dell’ulteriore DOCFA sul quale si è operata la tante volte citata conciliazione … atto di conciliazione (ali. n. 7) che fa espresso riferimento alla rendita DOCFA 6.12.2001 e non alla rendita messa in atti il 29.11.1999, che quindi era ed è rimasta valida a tutti gli effetti di legge per l’annualità di cui è causa”.

Il motivo è inammissibile, perchè non rispetta la previsione dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, mancando di indicare chiaramente “il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione”. Il ricorso invero contraddice l’accertamento di fatto posto a base della decisione ma non ne evidenzia profili di incongruenza o contraddittorietà con le risultanze processuali (salvo l’accenno all’atto di conciliazione, che il ricorso peraltro non riporta integralmente, nè precisa se sia stato prodotto nei gradi di merito e dove ne sia stata sottolineata la valenza probatoria che afferma non adeguatamente considerata).

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, ed il ricorrente condannato al rimborso delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio, liquidate in Euro 2.200,00 (di cui Euro 2.000,00 per onorari) oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

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