Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15490 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 14/04/2010, dep. 30/06/2010), n.15490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – rel. Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.A., rappresentato e difeso dall’Avvocato CREMA

Giovanni del foro di Verona, nel cui studio in Zevio (VR), Via G.

Verdi, 11 è elettivamente domiciliato;

– ricorrente –

contro

COMUNE di ILLASI (Verona), in persona del responsabile dell’area

economica e finanziaria e del Sindaco, rappresentato e difeso

dall’Avvocato SANTI Umberto del foro di Padova, ed elettivamente

domiciliato in Roma, presso lo studio dell’Avvocato Maria Chiara

Morabito del foro di Roma, in Roma, Via Benaco n. 5;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della commissione tributaria

regionale del Veneto, Sezione staccata di Verona, 26 ottobre – 25

novembre 2005, n. 151/15/ 05

Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

presidente Dott. Enrico Altieri;

Sentito per il Comune di Illasi l’Avvocato Umberto Santi, il quale ha

concluso per il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con distinti ricorsi S.A. impugnava dinanzi alla commissione tributaria provinciale di Verona gli avvisi di liquidazione per maggiore imposta comunale sugli immobili, emessi dal Comune di Illasi per gli anni 1998, 1999 e 2000.

Previa riunione dei ricorsi la commissione li rigettava.

Lo S. proponeva appello, deducendo che il Comune aveva illegittimamente assunto, quale base per la determinazione del valore dei cespiti, una denuncia di accertamento della proprietà immobiliare del 1991, sprovvista di attribuzione di rendita; che, inoltre, secondo la L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 1, l’ente non poteva emettere gli avvisi di liquidazione in quanto le nuove rendite erano state attribuite successivamente al 1 gennaio 2000, e cioè il 12 agosto 2001. Costituitosi in giudizio, il Comune opponeva che la nuova rendita era stata attribuita sulla base di variazione presentata all’Ufficio Tecnico Erariale dal contribuente il 25 febbraio 1991, per cui la stessa rendita poteva legittimamente costituire la base imponibile dal 1993.

Con successiva memoria il contribuente osservava che, in difetto di attribuzione di rendita, le rendite precedenti erano state da lui dichiarate in via provvisoria, ed erano sempre state accettate dal Comune.

Con sentenza 26 ottobre – 25 novembre 2005 la commissione tributaria regionale del Veneto – sezione distaccata di Verona, confermava gli atti impositivi e dichiarava non dovute le sanzioni.

Ritenevano i giudici d’appello che gli avvisi di liquidazione fossero conformi a quanto previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 5, essendo la rendita attribuita corrispondente alla denuncia di variazione, con la quale si riconosceva che la consistenza catastale, a seguito di divisione e/o accorpamento d’immobili, non corrispondeva più a quella reale. Pertanto gl’immobili non potevano più considerarsi forniti di rendita, e i valori precedentemente attribuiti non potevano essere più indicati in dichiarazione.

Pertanto, legittimamente il Comune aveva determinato il valore sulla base della, nuova rendita attribuita nel 2001.

Per quanto atteneva al trattamento sanzionatoria la commissione regionale riteneva sussistere obiettive condizioni d’incertezza sulla portata e ambito di applicazione delle disposizioni in esame, non ancora passate al vaglio della giurisprudenza.

Avverso tale sentenza S.A. ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi.

Il Comune di Illasi resiste con controricorso.

2. I motivi di ricorso 2.1. Il ricorrente premette quanto segue:

nella prima dichiarazione i.c.i. – allegata alla dichiarazione dei redditi per il 1993 – egli aveva denunziato tutti gli immobili di sua proprietà nel Comune di Illasi, pagando l’i.c.i. dovuta per gli anni in contestazione;

– l’Agenzia del Territorio di Verona, dando seguito ad una sua denunzia di variazione e di aggiornamento dei dati catastali (Mod.

D/1991), procedeva al censimento solo nel 2001, apportando le seguenti variazioni: a) il Mn. (OMISSIS) veniva frazionato in due unità; b) il Mn. (OMISSIS) veniva aggiornato con rendita catastale; c) il Mn. (OMISSIS) veniva declassato da cat. (OMISSIS);

il Comune emetteva gli avvisi di liquidazione, considerando: a) omessa la dichiarazione per la restante unità frazionata risultante dal Mn. (OMISSIS); b) elevata la rendita per il Mn. (OMISSIS); c) omessa la dichiarazione per il Mn. (OMISSIS);

veniva proposto ricorso dinanzi alla commissione tributaria provinciale, sostenendosi che il pagamento dell’imposta era conforme alle risultanze catastali, con conseguente illegittimità dell’applicazione retroattiva della variazione; a sostegno di tale censura era stato prodotto certificato storico catastale;

– nel ricorso introduttivo si deduceva, fra l’altro, che s’ignorava in base a quale rendita fosse stato determinato il valore, dato che il citato Mod. D non riportava alcuna rendita.

2.2. Col primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 3, ripropone la censura di illegittima applicazione retroattiva della nuova rendita, attribuita il 23 agosto 2001. Sostiene, inoltre, l’erroneità della statuizione del giudice di merito, secondo cui la variazione avrebbe comportato la realizzazione di quattro nuove unità immobiliari, non formanti oggetto di denuncia. Ciò, in particolare, considerando omesso il cespite declassato, per il quale era stata addirittura pagata un’imposta per una maggiore rendita.

Sostiene il ricorrente che, secondo la L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, come interpretato dallo stesso Ministero delle Finanze con circolare n. 4 del 13 marzo 2001, gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali sono inefficaci fino a quando le stesse non siano state notificate al contribuente.

Col secondo motivo, denunciando omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata non abbia considerato la situazione di fatto, in quanto, dopo la denuncia di variazione, spettava solo all’U.T.E. di Verona determinare le nuove rendite, determinazione che, peraltro, era avvenuta soltanto nel 2001, a seguito di sollecitazione dei contribuente. Quindi le rendite dichiarate rispecchiavano fedelmente quelle risultanti in catasto.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3.1. Si deve premettere che la questione, svolta nel controricorso, d’inammissibilità delle censure per mancata formulazione dei quesiti di diritto, in relazione all’art. 366 bis cod. proc. civ., comma 1, non può trovare ingresso nel presente procedimento, in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata prima del 3 marzo 2006 (D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6).

3.2. Il primo motivo è inammissibile, in quanto volto a un diretto sindacato dell’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito, secondo il quale si era verificato un caso di omessa dichiarazione di alcune unità immobiliari. La censura, d’altra parte, difetta di autosufficienza, non essendo state spiegate le specifiche ragioni per cui la nuova situazione si risolveva soltanto in una modificazione di precedenti unità immobiliari, e non dava luogo, come ritenuto dal Comune, alla creazione di nuove unità prive di rendita.

3.4. Il secondo motivo è infondato. La richiesta di maggiore imposta a partire da un periodo successivo alla data di richiesta di attribuzione della rendita non costituisce affatto, come sostenuto dal ricorrente, un’indebita applicazione retroattiva dell’atto di attribuzione, dovendo assumersi come base imponibile la situazione di fatto influente sull’ammontare della rendita, dal momento in cui la stessa era venuta in essere, sulla base della dichiarazione presentata dal contribuente nel 1991. Come osservato nella sentenza impugnata, la modificazione della situazione legittimava la tassazione degli immobili in base alla modificazione denunciata; il che comportava, altresì, che la nuova situazione giustificava l’impiego dei criteri impositivi previsti per gl’immobili sprovvisti di rendita. Nessuna applicazione, quindi, vi era stata della rendita attribuita nel 2001, per cui nessuna influenza sugli atti impositivi impugnati derivava da tale rendita.

Come ha esattamente rilevato la difesa del Comune, nella specie non veniva pretesa l’imposta sulla base della rendita attribuita nel 2001, ma si discuteva dell’individuazione degl’immobili da tassare.

Pertanto:

3.5. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato. L’inesistenza di un consolidato orientamento giurisprudenziale all’epoca del ricorso giustifica una pronuncia di compensazione delle spese.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 14 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

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