Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15490 del 21/07/2020

Cassazione civile sez. un., 21/07/2020, (ud. 12/02/2019, dep. 21/07/2020), n.15490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20039/2017 proposto da:

V.C., in proprio e nella qualifica di titolare legale

rappresentante della Ditta individuale GMG Gruppi Marini Generali di

V.C., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MAURIZIO MORINI;

– ricorrente –

contro

PROCURATORE GENERALE RAPPRESENTANTE IL PUBBLICO MINISTERO PRESSO LA

CORTE DEI CONTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BAIAMONTI

25;

– controricorrente –

e contro

PROCURATORE REGIONALE PRESSO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE

GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE MARCHE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 123/2017 della CORTE DEI CONTI – II SEZIONE

GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO – ROMA, depositata il 27/02/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/02/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO GRECO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

V.C., titolare della ditta individuale GMG Gruppi Marini Generali, propone ricorso per cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione avverso la sentenza della Corte dei Conti, seconda sezione giurisdizionale centrale d’appello, con la quale è stata confermata la condanna in primo grado per l’indebita percezione di un contributo di Euro 100.000 – relativo al Documento unico di programmazione per gli interventi strutturali comunitari nella Regione Marche -, condanna per responsabilità amministrativa costituita dal mancato rispetto degli impegni assunti a fronte del beneficio, dalla mancata realizzazione di lavori connessi al finanziamento e dal fatto che alcuni beni strumentali acquistati non possedevano le caratteristiche prescritte dal bando, perchè usati e non nuovi.

Il Giudice contabile ha affermato la propria giurisdizione sulla controversia alla stregua del principio secondo il quale la concessione di contributi a soggetti privati per l’attuazione di progetti nell’ambito di programmi che l’ente pubblico si propone di realizzare instaura con esso un rapporto di servizio in senso lato, in ragione dell’obbligo per il soggetto esterno inserito nell’iter procedimentale dell’attività amministrativa, di svolgerla secondo i fini pubblici cui è preordinato il finanziamento: l’inadempimento di tale obbligo, in ragione degli obbiettivi vulnerati del programma, lo sottopone alla giurisdizione contabile a prescindere dalle azioni civili o amministrative autonomamente esercitabili dalla stessa pubblica amministrazione.

Il Procuratore Generale presso la Corte dei Conti resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Col primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1, art. 362 c.p.c., comma 1, per violazione dell’art. 103 Cost., comma 2, R.D. n. 2440 del 1923, R.D. n. 1214 del 1934, D.P.R. n. 3 del 1957, L. n. 20 del 1994 e D.L. n. 543 del 1996, il ricorrente V.C. assume che la situazione soggettiva oggetto del giudizio davanti alla Corte erariale non rientra fra le materie attribuite alla sua competenza giurisdizionale per la insussistenza di un valido rapporto di servizio fra il privato e la pubblica amministrazione, ovvero per la mancanza assoluta di prova certa che quel rapporto si debba o si possa considerare tecnicamente instaurato.

Col secondo motivo, denunciando “la violazione delle norme comunitarie di cui agli artt. 267 e 267, comma 3 TFUE, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 1 e art. 362 c.p.c., comma 1”, si duole dell’illegittima mancata interrogazione della Corte di giustizia da parte della Corte erariale in ordine alla corretta interpretazione delle norme di fonte comunitaria applicabili alla fattispecie, con conseguente violazione dell’obbligo per l’organo giudicante nazionale di rivolgersi alla predetta Corte di giustizia e alla Corte EDU ai sensi del Protocollo n. 16 della Convenzione.

Col terzo motivo lamenta la “violazione del principio del ne bis in idem in relazione alla Carta dei diritti fondamentali (art. 50) secondo il disposto normativo dell’art. 6, par. 2 TUE, dell’art. 54 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen e dell’art. 4 del Protocollo 7 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo”. Espone infatti che il procedimento penale svoltosi dinanzi al Tribunale di Ancona e poi in appello, per ipotesi delittuose fondate su quegli stessi fatti materiali posti a base dell’azione promossa dalla Procura erariale e conclusasi con la condanna di cui si discute, si era concluso con il suo proscioglimento per estinzione del reato per prescrizione. E si duole di essere stato così giudicato per una seconda infrazione scaturente palesemente dagli stessi fatti o da fatti sostanzialmente identici e a seguito di un procedimento giudiziario di sicura valenza afflittiva.

Il ricorso è inammissibile.

Con riguardo alla prima censura si osserva che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, “ai fini del riconoscimento della giurisdizione della Corte dei Conti per danno erariale non deve aversi riguardo alla qualità del soggetto che gestisce il denaro pubblico – che può anche essere un privato o un ente pubblico non economico – bensì alla natura del danno e degli scopi perseguiti. Ne consegue che qualora l’amministratore di un ente, anche avente natura privata, cui siano erogati fondi pubblici, per sue scelte incida negativamente sul modo d’essere del programma imposto dalla P.A., alla realizzazione del quale esso è chiamato a partecipare con l’atto di concessione del contributo, in tal modo determinando uno sviamento delle finalità perseguite, egli provoca un danno per l’ente pubblico, del quale deve rispondere davanti al giudice contabile (Cass., sez. un., 23 settembre 2009, n. 20434). Ciò in quanto sussiste la responsabilità erariale dei soggetti privati che, avendo percepito fondi pubblici, abbiano disposto della somma in modo diverso da quello programmato, anche se non abbiano presentato la domanda di concessione del finanziamento, poichè tra la p.a. che eroga un contributo e colui che la riceve si instaura un rapporto di servizio, inserendosi il beneficiario dell’importo nel procedimento di realizzazione degli obiettivi pubblici (Cass., sez. un., 4 ottobre 2019, n. 24858).

Si è in particolare osservato che l’erogazione di contributi comunitari per la zootecnia, avvenuta sulla base di dichiarazioni non veritiere del proprietario dell’allevamento in ordine alla sussistenza dei requisiti richiesti dalla vigente normativa configura un’ipotesi di danno erariale e rientra nell’ambito della giurisdizione della Corte dei Conti ai sensi dell’art. 103 Cost., comma 2 (Cass., sez. un., 27 gennaio 2016, n. 1515; ed inoltre, Cass. sez. un., 31 luglio 2017, n. 18991, e Cass., sez. un., 5 giugno 2018, n. 14436).

Va del pari disatteso il secondo motivo, al lume del consolidato orientamento di questa Corte secondo cui “la non sindacabilità da parte della Corte di Cassazione ex art. 111 Cost., comma 8, delle violazioni del diritto dell’Unione Europea e del mancato rinvio pregiudiziale ascrivibili alle sentenze pronunciate dagli organi di vertice delle magistrature speciali è compatibile con il diritto dell’Unione, come interpretato dalla giurisprudenza costituzionale ed Europea, in quanto correttamente ispirato ad esigenze di limitazione delle impugnazioni, oltre che conforme ai principi del giusto processo ed idoneo a garantire l’effettività della tutela giurisdizionale, tenuto conto che è rimessa ai singoli Stati l’individuazione degli strumenti processuali per assicurare tutela ai diritti riconosciuti dall’Unione” (Cass., sez. un., 17 dicembre 2018, n. 32622).

Si è affermato non essere affetta dal vizio di eccesso di potere giurisdizionale, e “pertanto insindacabile sotto il profilo della violazione del limite esterno della giurisdizione, in relazione al diritto Euro unitario, la decisione, adottata dal Consiglio di Stato, di non disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, giacchè il controllo che l’art. 111 Cost., comma 8, affida alla S.C. non include il sindacato sulle scelte ermeneutiche del giudice amministrativo, suscettibili di comportare errori “in iudicando o “in procedendo” per contrasto con il diritto dell’Unione Europea, salva l’ipotesi “estrema” in cui l’errore si sia tradotto in un’interpretazione delle norme Europee di riferimento in contrasto con quelle fornite dalla COGUE, sì da precludere, rendendola non effettiva, la difesa giudiziale” (Cass., sez. un., 18 dicembre 2017, n. 30301).

Anche il terzo motivo si rivela inammissibile, in quanto il vizio denunciato si risolve in un error in iudicando sui limiti interni della giurisdizione, sotto il profilo della proponibilità o proseguibilità della domanda per effetto di una precedente pronuncia del giudice penale, laddove il sindacato del giudice di legittimità è circoscritto al controllo dei limiti esterni della giurisdizione, e considerato che l’eventuale interferenza tra il giudizio penale e quello contabile pone esclusivamente un problema di proponibilità dell’azione di responsabilità erariale, essendo le giurisdizioni reciprocamente indipendenti nei loro profili istituzionali, anche in relazione allo stesso fatto materiale (Cass., sez. un., n. 21926 del 2018, Cass., sez. un., 28 dicembre 2017, n. 31107).

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Non v’e luogo a provvedere sulle spese, in ragione della qualità di parte solo in senso formale del Procuratore presso la Corte dei Conti.

Va dato atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, dichiara il ricorso inammissibile.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 12 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2020

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