Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15487 del 21/07/2020

Cassazione civile sez. II, 21/07/2020, (ud. 06/02/2020, dep. 21/07/2020), n.15487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21780/2019 proposto da:

S.M.N., rappresentato e difeso dall’avvocato

GIOVANBATTISTA SCORDAMAGLIA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

e contro

PROCURA REPUBBLICA CATANZARO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2307/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 28/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/02/2020 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO.

Fatto

RILEVATO

che:

è stata impugnata da S.M.N. la sentenza n. 2307/2018 della Corte di Appello di Catanzaro con ricorso fondato su due motivi e resistito con controricorso dalla parte intimata.

Per una migliore comprensione della fattispecie in giudizio va riepilogato, in breve e tenuto conto del tipo di decisione da adottare, quanto segue.

L’odierna parte ricorrente chiedeva, come da atti, alla competente Commissione Territoriale il riconoscimento, sotto vari profili, della protezione internazionale.

La domanda, accolta quanto alla richiesta di protezione umanitaria D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6, veniva rigettata nel resto in ordine alle pur richieste maggiori forme di protezione internazionale.

Impugnata la decisione della detta Commissione con successivo ricorso, quest’ultimo veniva rigettato con provvedimento del Tribunale di Catanzaro in data 12.7.2016.

All’esito dell’interposto appello avverso la decisione del Tribunale stesso, l’adita Corte di Appello, con la sentenza oggetto del ricorso, rigettava il proposto gravame.

Il ricorso viene deciso ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., con ordinanza in Camera di consiglio non ricorrendo l’ipotesi di particolare rilevanza delle questioni in ordine alle quali la Corte deve pronunciare.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- Il primo motivo del ricorso è – testualmente così rubricato: “Violazione art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4: errore di procedura – nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c.; violazione del principio del contraddittorio e di corrispondenza fra chiesto e pronunciato; violazione art. 99 c.p.c.; violazione principio della domanda – violazione art. 100 c.p.c. – interesse ad agire”.

Il motivo è fondato e va accolto nel limite e nel senso di seguito specificato.

La competente Commissione territoriale, come già innanzi accennato, riteneva “che sussiste nei confronti dell’interessato (ricorrente) l’esigenza di protezione umanitaria”.

Provvedeva, quindi, la stessa Commissione a riconoscere tale tipo di protezione, rigettando ogni altra ulteriore istanza.

L’odierna parte ricorrente svolgeva, quindi, impugnazione – al fine di ottenere maggiore protezione – innanzi al Tribunale di Catanzaro che “rigettava il ricorso” non rendendosi verosimilmente conto che, quanto al suddetto beneficio umanitario ex art. 5 cit., non vi era domanda alcuna di revoca.

Con l’atto di appello l’odierno ricorrente, pur senza concludere univocamente per la violazione, da parte del primo Giudice, dell’obbligo di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, insisteva nelle varie domande già svolte e, in conclusionale, chiedeva comunque di “confermare il diritto alla protezione umanitaria”.

La Corte territoriale, con la sentenza oggetto del ricorso in esame, neppure si avvedeva della violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’obbligo di corrispondenza fra chiesto e pronunciato, provvedendo – quindi – ad un generalizzato “rigetto dell’appello (con), per l’effetto, conferma del provvedimento impugnato” ovvero della decisione del Tribunale.

Appare, quindi, fondato il motivo di impugnazione qui in esame, con conseguente cassazione, in punto, della decisione gravata, la quale non poteva pronunciarsi, per di più in assenza di apposita impugnazione fin dal primo grado del giudizio, pure sulla già concessa protezione umanitaria.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione di legge “in relazione alla protezione sussidiaria”.

Il motivo non può essere accolto.

Esso non coglie, comunque, la ratio del provvedimento per cui è ricorso per cassazione, il quale – con specifiche, argomentate ed esaustive motivazioni (v. pp. 4 ss. sentenza impugnata) ha dato conto dell’insussistenza dei requisiti per il riconoscimento di quanto ulteriormente richiesto dal ricorrente al di là della protezione umanitaria che non costituiva più, per quanto innanzi ricostruito ed esposto, oggetto del contendere.

La sentenza impugnata ha, invero (e quanto alle istanze di protezione ulteriori rispetto alla protezione umanitaria già accordata dalla competente Commissione territoriale) affrontato ogni aspetto delle questioni e, quindi, l’inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto per il riconoscimento dello status di rifugiato politico e della protezione sussidiaria.

Il motivo qui in esame deve, perciò, essere respinto.

3.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto l’impugnata sentenza – in accoglimento del primo motivo e nel limiti dello stesso – va cassata.

4.- In ragione della natura della controversia e della stessa condotta processuale complessiva delle parti, devono ritenersi sussistenti i presupposti per disporre la compensazione delle spese.

5.- Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte:

accoglie il primo motivo del ricorso, rigetta il secondo e cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cessazione, il 6 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2020

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