Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15485 del 22/06/2017


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Cassazione civile, sez. un., 22/06/2017, (ud. 07/03/2017, dep.22/06/2017),  n. 15485

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente di sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 6308-2016 proposto da:

MINISTERO DELLA DIFESA, MINISTERO DELL’INTERNO, in persona dei

rispettivi Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

V.M., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la

Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANDREA BAVA;

– controricorrente –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata in data

18/01/2016.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2017 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

udito l’Avvocato Andrea Bava.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Roma ha respinto l’impugnazione proposta dal Ministero dell’Interno e della Difesa avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale della stessa sede che aveva riconosciuto il Cadetto dell’Accademia Navale di Livorno Q.L. vittima del dovere e condannato il Ministero della Difesa al riconoscimento dei seguenti benefici assistenziali: elargizione L. n. 206 del 2004, ex art. 5, comma 1, speciale assegno vitalizio L. n. 206 del 2004, ex art. 5, commi 3 e 4, diritto all’esenzione dalla partecipazione alle spese per prestazioni sanitarie e farmaceutiche, nonchè ai medicinali di fascia C gratuiti e assegno vitalizio L. n. 407 del 1998, ex art. 2.

La Corte, nel respingere l’eccezione del difetto di giurisdizione, ha posto in rilievo che si era in presenza di un diritto soggettivo di accesso alle elargizioni previste dalla invocata normativa, essendo la pubblica amministrazione priva di ogni potere di valutazione autonoma dei presupposti oggettivi di derogabilità. La stessa Corte ha poi evidenziato che sussistevano le condizioni di accesso alle provvidenze assistenziali, posto che nel giudizio conclusosi con sentenza n. 1480/2000 della Corte d’appello di Roma era stata accertata la grave negligenza del pilota di aereo e, quindi, del maggior rischio cui era stato esposto il defunto cadetto nel corso del volo di ambientamento preventivamente e debitamente autorizzato.

Infine, la Corte territoriale ha ritenuto la novità dell’eccezione di compensazione sollevata dalla difesa erariale in merito alle altre prestazioni percepite dall’appellata in conseguenza dello stesso evento, oltre che infondata per la mancata dimostrazione della percezione di tali provvidenze.

Per la cassazione della sentenza ricorrono il Ministero della Difesa e dell’Interno con cinque motivi.

Resiste con controricorso V.M., madre vedova del militare, la quale deposita, altresì, memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la difesa erariale dei Ministeri ricorrenti deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 1, assumendo che la Corte d’appello di Roma, nel dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario, non ha tenuto conto della circostanza che la giurisprudenza richiamata si riferiva ai privati vittime del terrorismo e della criminalità e non alla diversa fattispecie oggetto di causa, vale a dire quella inerente le vittime del dovere e l’attività di servizio svolta dal personale militare. Invero, secondo tale assunto difensivo, l’Amministrazione, per poter erogare gli eccezionali benefici previsti per le vittime del dovere L. n. 266 del 2005, ex art. 1, commi 563 e 564, deve necessariamente procedere ad una serie di valutazioni tecnico-discrezionali rappresentanti un vero e proprio accertamento costitutivo dei presupposti per l’erogazione delle elargizioni di cui trattasi, a fronte delle quali non possono che ravvisarsi interessi legittimi e non diritti soggettivi.

2. Col secondo motivo, dedotto per violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, e del D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. i in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, i ricorrenti assumono che in subordine, in caso di mancato accoglimento del primo motivo, va fatto riferimento ad un altro criterio di riparto della giurisdizione, vale a dire quello incentrato sulla natura del rapporto di lavoro facente capo alla parte danneggiata, per cui, trattandosi di cadetto militare coinvolto in incidente aereo, la giurisdizione apparteneva al giudice amministrativo.

1.2. Osserva la Corte che per ragioni di connessione i primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, atteso che è sottesa agli stessi l’identica questione della giurisdizione.

Ebbene, i suddetti motivi sono infondati atteso che tale questione è stata già affrontata e decisa dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 23300 del 16.11.2016, alla quale si intende dare continuità, in cui si è statuito che “in relazione ai benefici di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 565, in favore delle vittime del dovere, il legislatore ha configurato un diritto soggettivo, e non un interesse legittimo, in quanto, sussistendo i requisiti previsti, i soggetti di cui all’art. 1, comma 565 di quella legge, o i loro familiari superstiti, hanno una posizione giuridica soggettiva nei confronti di una P.A. priva di discrezionalità, sia in ordine alla decisione di erogare, o meno, le provvidenze che alla misura di esse. Tale diritto non rientra nell’ambito di quelli inerenti il rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti pubblici, potendo esso riguardare anche coloro che non abbiano con l’amministrazione un siffatto rapporto, ma abbiano in qualsiasi modo svolto un servizio, ed ha, inoltre, natura prevalentemente assistenziale, sicchè la competenza a conoscerne è regolata dall’art. 442 c.p.c. e la giurisdizione è del giudice ordinario, quale giudice del lavoro e dell’assistenza sociale.”

3. Col terzo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 563, lett. d) e comma 564 nonchè del D.P.R. n. 243 del 2006, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti ritengono errata l’impugnata sentenza nella parte in cui sono stati ritenuti integrati i requisiti per il riconoscimento dello status di “vittima del dovere” in capo al figlio dell’odierna intimata, atteso che non avrebbe potuto essere qualificata come missione l’attività svolta da quest’ultimo all’epoca dell’incidente, trattandosi, invece, di un’attività di mero trasferimento e ambientamento senza le caratteristiche dell’addestramento. Invero, i ricorrenti precisano che l’evento lesivo per cui è causa si era prodotto non già durante una missione, bensì in un normale volo di trasferimento, non avente funzione addestrativa, in conseguenza di una causa accidentale e non di un rischio specifico in ragione del quale la legge prevede particolari benefici per le invalidità causalmente riconducibili ad operazioni di soccorso. Quindi, nella fattispecie mancava il nesso di causalità diretta tra l’evento ed il tipo di attività indicato nella L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 563, lett. d) atteso che l’incidente aereo era stato provocato da cause accidentali estranee allo svolgimento in via immediata e diretta delle operazioni di soccorso, rientrando, piuttosto, in un’attività prodromica all’esecuzione del servizio.

4. Col quarto motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 563 e 564 nonchè del D.P.R. n. 243 del 2006, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, i ricorrenti ritengono errata l’impugnata sentenza nella parte in cui è stata accolta la tesi di controparte sulla riconducibilità del servizio in cui era stato impegnato il cadetto Q.L. in occasione dell’incidente aereo alla fattispecie normativa appena richiamata. Invece, secondo i ricorrenti non ricorrevano nel caso in esame le condizioni previste dalla predetta norma affinchè potesse configurarsi la figura della vittima del dovere, vale a dire lo svolgimento di una funzione istituzionale, l’esistenza di uno specifico elemento di rischio e la connessione diretta tra il decesso e l’accadimento. In sostanza, secondo tale tesi difensiva, quella alla quale avevano partecipato i cadetti deceduti a seguito dell’incidente aereo di (OMISSIS) nel lontano (OMISSIS) era un’ordinaria attività di addestramento priva di coefficienti di rischio eccedenti l’ordinario.

3.4. Il terzo ed il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente in quanto riguardano la stessa questione della ricorrenza o meno dei presupposti di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 563 e 564, per il riconoscimento dei benefici in favore delle vittime del dovere.

Tali motivi sono infondati.

3.4.1. Invero, la L. 23 dicembre 2005, n. 266, all’art. 1, comma 563, stabilisce che per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui alla L. 13 agosto 1980, n. 466, art. 3 e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi: a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.

Al successivo comma 564 dello stesso art. 1 si precisa che sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.

Successivamente, in attuazione di quanto stabilito dalla stessa L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 565 è stato emesso, col D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243, il Regolamento concernente i termini e le modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, che all’art. 1, comma 1, prevede che ai fini del presente regolamento, si intendono:

a) per benefici e provvidenze le misure di sostegno e tutela previste dalle L. 13 agosto 1980, n. 466, L. 20 ottobre 1990, n. 302, L. 23 novembre 1998, n. 407, e loro successive modificazioni, e L. 3 agosto 2004, n. 206;

b) per missioni di qualunque natura, le missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente;

c) per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto.

3.4.2. Tale essendo il quadro normativo di riferimento si rileva che il legislatore ha ritenuto di intervenire con due diverse disposizioni, ossia L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 563 e 564 individuando nel comma 563 una serie di attività che, essendo state ritenute dalla legge pericolose, se hanno comportato la insorgenza di infermità, possono automaticamente portare ad attribuire alle vittime i benefici quali vittime del dovere.

I medesimi benefici previsti per le vittime del dovere spettano anche ai “soggetti equiparati”, ossia a coloro che non abbiano riportato le lesioni o la morte in una delle attività (enumerate nelle lettere da a) a f) e sopra richiamate) che il legislatore ha ritenuto per loro natura pericolose, ma in altre attività, che pericolose lo fossero o lo fossero diventate per circostanze eccezionali.

La norma di cui al comma 564 non indica una serie di attività specifiche, ma volutamente è una norma aperta, che tutela tutto ciò che sia avvenuto (per eccezionali situazioni) in occasione di missioni di qualunque natura.

3.4.3. Dalla lettura coordinata delle suddette norme si ricava che è stata non a caso adottata una nozione lata del concetto di missione, nel senso che la stessa riguarda tutti i compiti e le attività istituzionali svolte dal personale militare, che si attuano nello svolgimento di funzioni o compiti operativi, addestrativi o logistici sui mezzi o nell’ambito di strutture, stabilimenti e siti militari.

Dunque, qualunque tipo di attività e compito istituzionale può portare, in caso di infermità, ai benefici in questione. Ovviamente, e questo è essenziale che si ribadisca, perchè si possa avere una vittima del dovere che abbia contratto una infermità in qualunque tipo di servizio non basta che ci sia la semplice dipendenza da causa di servizio, altrimenti tutti gli invalidi per servizio sarebbero anche vittime del dovere. Occorre che la dipendenza da causa di servizio sia legata al concetto di “particolari condizioni”, che è un concetto aggiuntivo e specifico.

La nozione di “particolari condizioni ambientali o operative” che devono esistere per potersi giungere a questa figura particolarissima, è stata chiarita dal citato D.P.R. n. 243 del 2006 nel senso che per particolari condizioni ambientali od operative, si intendono: “le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”. L’esistenza od anche il sopravvenire delle circostanze straordinarie significa che queste devono esistere ed essere conosciute fin da prima, oppure possono essere sopraggiunte improvvisamente, anche inaspettate. Parlando di circostanze straordinarie e fatti di servizio si è voluto contemplare ogni possibile accadimento, che però abbia comportato l’esposizione a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto.

Bisogna, dunque, identificare, caso per caso, nelle circostanze concrete alla base di quanto accaduto all’invalido per servizio che ambisca ad essere riconosciuto vittima del dovere, un elemento che comporti l’esistenza od il sopravvenire di un fattore di rischio maggiore rispetto alla normalità di quel particolare compito.

3.4.4. Orbene, nella fattispecie la Corte territoriale si è attenuta correttamente a tali norme nel momento in cui ha evidenziato, con motivazione adeguata ed esente da rilievi di legittimità, la circostanza rappresentata dagli esiti del giudizio conclusosi con la sentenza n. 1480/2000 della Corte d’appello di Roma la quale aveva accertato la grave negligenza del pilota e, quindi, del maggior rischio cui era stato esposto il defunto cadetto nel corso del volo di ambientamento, preventivamente e debitamente autorizzato. La Corte di merito ha, in tal modo, accertato la sussistenza della condizione legittimante la configurazione dell’ipotesi contemplata dalla suddetta norma del “sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto.”

5. Col quinto motivo i ricorrenti denunziano la violazione e falsa applicazione dei principi di cui alla L. n. 266 del 2005 e al D.P.R. n. 243 del 2006, nonchè della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 258, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, oltre che l’incompatibilità dei benefici di cui alla L. n. 266 del 2005 e al D.P.R. n. 243 del 2006coi benefici di cui alla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 258. Si contesta, in particolare, la decisione della Corte territoriale nella parte in cui la medesima, confermando la sentenza di primo grado, ha respinto la richiesta di scomputo delle somme eventualmente riconosciute a titolo di elargizione da quelle percepite dalla madre del cadetto deceduto.

5.1. Il motivo è infondato, atteso che non è condivisibile il tentativo di parte ricorrente di superare il rilievo della ritenuta novità dell’eccezione di compensazione col richiamo al concetto di eccezione in senso lato non soggetta a preclusioni, posto che si tratta, in realtà, della prospettazione di una asserita incompatibilità o non cumulabilità della prestazione specifica connessa al riconoscimento dello “status” di vittima del dovere con le altre pure chieste nell’ambito dello stesso procedimento, ma in base ad una diversa normativa.

Pecca, inoltre, di autosufficienza il semplice richiamo alla circostanza di aver formulato un motivo d’appello in merito al fatto che l’eccezione in esame era stata formulata in primo grado, in quanto non vengono riprodotti i termini in cui la censura fu sollevata in appello, al fine di verificare se la Corte di merito è incorsa o meno in errore nel considerare la novità della suddetta eccezione. E’, infine, generica e come tale inammissibile la doglianza attraverso la quale si sostiene che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello, era stata fornita la prova di tutte le provvidenze erogate ai fini della eccepita compensazione.

Pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza dei ricorrenti e vanno liquidate come da dispositivo, con attribuzione all’avv. Bava, dichiaratosi antistatario.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 3200,00, di cui Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre spese generali ed accessori di legge, con attribuzione all’avv. Andrea Bava.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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