Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15484 del 22/06/2017

Cassazione civile, sez. un., 22/06/2017, (ud. 07/03/2017, dep.22/06/2017),  n. 15484

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente di Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5532/2016 proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, MINISTERO DELLA DIFESA, in persona dei

rispettivi Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che

li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

P.A., L.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentati

e difesi dall’avvocato ANDREA BAVA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, emessa in

data 3/12/2015.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/03/2017 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il

rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato Andrea Bava.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Catanzaro ha respinto l’impugnazione proposta dal Ministero dell’Interno e della Difesa avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Crotone che aveva riconosciuto il militare di leva L.G. vittima del dovere, condannando il Ministero dell’Interno ad inserire il suo nominativo nella graduatoria prevista dal D.P.R. n. 243 del 2006, art. 3, comma 3, ai fini della concessione dei benefici assistenziali di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 563 e 564 e quello della Difesa ad accordare ai suoi genitori i medesimi benefici.

La Corte, nel respingere l’eccezione del difetto di giurisdizione, ha posto in rilievo che si era in presenza di attività vincolata e non discrezionale della pubblica amministrazione, diretta alla valutazione delle condizioni alle quali la legge subordinava l’accesso alle speciali provvidenze a favore delle vittime del dovere e dei loro congiunti; inoltre, sussistevano le condizioni di accesso alle provvidenze assistenziali, atteso che nella specie era pacifico che si trattava di un militare di leva, il cui rapporto con l’amministrazione non era di pubblico impiego e che l’evento lesivo era dipeso dal fatto straordinario dovuto alla inadeguata manutenzione del pullman a bordo del quale il L. stava raggiungendo Torino per partecipare ad una manifestazione sportiva di propaganda della vita militare.

Per la cassazione della sentenza ricorrono il Ministero della Difesa e dell’Interno con due motivi.

Resistono con controricorso gli eredi L.S. e P.A., i quali depositano, altresì, memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo la difesa erariale dei Ministeri ricorrenti deduce il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore di quello amministrativo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 1, assumendo che la Corte d’appello di Catanzaro, nel dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario, non ha tenuto conto della circostanza che la giurisprudenza richiamata si riferiva ai privati vittime del terrorismo e della criminalità e non alla diversa fattispecie oggetto di causa, vale a dire quella inerente le vittime del dovere e l’attività di servizio svolta dal personale militare. Invero, secondo tale assunto difensivo, l’Amministrazione, per poter erogare gli eccezionali benefici previsti per le vittime del dovere della L. n. 266 del 2005, ex art. 1, commi 563 e 564, deve necessariamente procedere ad una serie di valutazioni tecnico-discrezionali rappresentanti un vero e proprio accertamento costitutivo dei presupposti per l’erogazione delle elargizioni di cui trattasi, a fronte delle quali non possono che ravvisarsi interessi legittimi e non diritti soggettivi.

1.a. Il motivo è infondato.

Invero, tale questione è stata già affrontata e decisa dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 23300 del 16.11.2016, alla quale si intende dare continuità, in cui si è statuito che “in relazione ai benefici di cui alla L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 565, in favore delle vittime del dovere, il legislatore ha configurato un diritto soggettivo, e non un interesse legittimo, in quanto, sussistendo i requisiti previsti, i soggetti di cui dell’art. 1, comma 563 di quella legge, o i loro familiari superstiti, hanno una posizione giuridica soggettiva nei confronti di una P.A. priva di discrezionalità, sia in ordine alla decisione di erogare, o meno, le provvidenze che alla misura di esse. Tale diritto non rientra nell’ambito di quelli inerenti il rapporto di lavoro subordinato dei dipendenti pubblici, potendo esso riguardare anche coloro che non abbiano con l’amministrazione un siffatto rapporto, ma abbiano in qualsiasi modo svolto un servizio, ed ha, inoltre, natura prevalentemente assistenziale, sicchè la competenza a conoscerne è regolata dall’art. 442 c.p.c. e la giurisdizione è del giudice ordinario, quale giudice del lavoro e dell’assistenza sociale”.

2. Col secondo motivo, dedotto per violazione e falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 563, lett. d) e comma 564, nonchè del D.P.R. n. 243 del 2006, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, i ricorrenti ritengono errata l’impugnata sentenza nella parte in cui sono stati ritenuti integrati i requisiti per il riconoscimento dello status di “vittima del dovere” o, comunque, di equiparato a tale categoria in capo al figlio degli odierni intimati, atteso che non avrebbe potuto essere qualificata come missione l’attività svolta da quest’ultimo all’epoca dell’incidente, trattandosi di attività ordinaria priva di coefficienti di rischio eccedenti l’ordinario; inoltre, nella fattispecie mancava il nesso di causalità diretta tra l’evento ed il tipo di attività indicato nella L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 563, lett. d), atteso che l’incidente era stato provocato da cause accidentali estranee allo svolgimento in via immediata e diretta delle operazioni di soccorso.

2.a. Il motivo è infondato.

Invero, la L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 563, stabilisce che per vittime del dovere devono intendersi i soggetti di cui alla L. 13 agosto 1980, n. 466, art. 3 e, in genere, gli altri dipendenti pubblici deceduti o che abbiano subito un’invalidità permanente in attività di servizio o nell’espletamento delle funzioni di istituto per effetto diretto di lesioni riportate in conseguenza di eventi verificatisi: a) nel contrasto ad ogni tipo di criminalità; b) nello svolgimento di servizi di ordine pubblico; c) nella vigilanza ad infrastrutture civili e militari; d) in operazioni di soccorso; e) in attività di tutela della pubblica incolumità; f) a causa di azioni recate nei loro confronti in contesti di impiego internazionale non aventi, necessariamente, caratteristiche di ostilità.

Al successivo comma 564 dello stesso art. 1 si precisa che sono equiparati ai soggetti di cui al comma 563 coloro che abbiano contratto infermità permanentemente invalidanti o alle quali consegua il decesso, in occasione o a seguito di missioni di qualunque natura, effettuate dentro e fuori dai confini nazionali e che siano riconosciute dipendenti da causa di servizio per le particolari condizioni ambientali od operative.

Successivamente, in attuazione di quanto stabilito dalla stessa L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 565, è stato emesso, col D.P.R. 7 luglio 2006, n. 243, il Regolamento concernente i termini e le modalità di corresponsione delle provvidenze alle vittime del dovere ed ai soggetti equiparati, ai fini della progressiva estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, che all’art. 1, comma 1, prevede che ai fini del presente regolamento, si intendono:

a) per benefici e provvidenze le misure di sostegno e tutela previste dalla L. 13 agosto 1980, n. 466, L. 20 ottobre 1990, n. 302 e L. 23 novembre 1998, n. 407, e loro successive modificazioni, e L. 3 agosto 2004, n. 206;

b) per missioni di qualunque natura, le missioni, quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente;

c) per particolari condizioni ambientali od operative, le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto.

2.b. Tale essendo il quadro normativo di riferimento si rileva che il legislatore ha ritenuto di intervenire con due diverse disposizioni, ossia il comma 563 e il comma 564 della L. n. 266 del 2005, art. 1, individuando nel comma 563 una serie di attività che, essendo state ritenute dalla legge pericolose, se hanno comportato la insorgenza di infermità, possono automaticamente portare ad attribuire alle vittime i benefici quali vittime del dovere.

I medesimi benefici previsti per le vittime del dovere spettano anche ai “soggetti equiparati”, ossia a coloro che non abbiano riportato le lesioni o la morte in una delle attività (enumerate nelle lettere da a) a f) e sopra richiamate) che il legislatore ha ritenuto per loro natura pericolose, ma in altre attività, che pericolose lo fossero o lo fossero diventate per circostanze eccezionali.

La norma di cui al comma 564 non indica una serie di attività specifiche, ma volutamente è una norma aperta, che tutela tutto ciò che sia avvenuto (per eccezionali situazioni) in occasione di missioni di qualunque natura.

2.c. Dalla lettura coordinata delle suddette norme si ricava che è stata non a caso adottata una nozione lata del concetto di missione, nel senso che la stessa riguarda tutti i compiti e le attività istituzionali svolte dal personale militare, che si attuano nello svolgimento di funzioni o compiti operativi, addestrativi o logistici sui mezzi o nell’ambito di strutture, stabilimenti e siti militari.

Dunque, qualunque tipo di attività e compito istituzionale può portare, in caso di infermità, ai benefici in questione. Ovviamente, e questo è essenziale che si ribadisca, perchè si possa avere una vittima del dovere che abbia contratto una infermità in qualunque tipo di servizio non basta che ci sia la semplice dipendenza da causa di servizio, altrimenti tutti gli invalidi per servizio sarebbero anche vittime del dovere. Occorre che la dipendenza da causa di servizio sia legata al concetto di “particolari condizioni”, che è un concetto aggiuntivo e specifico.

La nozione di “particolari condizioni ambientali o operative” che devono esistere per potersi giungere a questa figura particolarissima, è stata chiarita dal citato D.P.R. n. 243 del 2006, nel senso che per particolari condizioni ambientali od operative, si intendono: “le condizioni comunque implicanti l’esistenza od anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”. L’esistenza od anche il sopravvenire delle circostanze straordinarie significa che queste devono esistere ed essere conosciute fin da prima, oppure possono essere sopraggiunte improvvisamente, anche inaspettate. Parlando di circostanze straordinarie e fatti di servizio si è voluto contemplare ogni possibile accadimento, che però abbia comportato l’esposizione a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto.

Bisogna, dunque, identificare, caso per caso, nelle circostanze concrete alla base di quanto accaduto all’invalido per servizio che ambisca ad essere riconosciuto vittima del dovere, un elemento che comporti l’esistenza od il sopravvenire di un fattore di rischio maggiore rispetto alla normalità di quel particolare compito.

2.d. Orbene, nella fattispecie la Corte territoriale si è attenuta correttamente a tali norme nel momento in cui ha evidenziato, con motivazione adeguata ed esente da rilievi di legittimità, la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento del beneficio di cui trattasi. Si era trattato, infatti, di una missione ordinata dai superiori gerarchici per finalità promozionali d’istituto e si erano realizzate le condizioni straordinarie che avevano aggravato il normale rischio connesso al trasferimento, determinate dall’utilizzo di un mezzo di trasporto in pessime condizioni di manutenzione a dispetto delle avverse condizioni metereologiche, così come accertato definitivamente in sede penale. Fu accertato, infatti, che i marinai di leva, tra i quali il L., erano deceduti a causa di un sinistro provocato dall’usura dei pneumatici e della non adeguata manutenzione del pullman, guidato da un giovane conducente, sul quale stavano raggiungendo Torino per partecipare ad una manifestazione sportiva di propaganda della vita militare.

Pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza dei ricorrenti e vanno liquidate come da dispositivo, con attribuzione all’avv. Bava, dichiaratosi antistatario.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 3200,00, di cui Euro 3000,00 per compensi professionali, oltre spese generali ed accessori di legge, con attribuzione all’avv. Andrea Bava.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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