Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15483 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 30/06/2010), n.15483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.L., elettivamente domiciliato in Roma, via G. A.

Pasquale 21, presso Capriotti Mario, rappresentato e difeso

dall’avvocato Bruni Ciriaco giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune di San Benedetto del Tronto, elettivamente domiciliato in

Roma, via F. Denza 20, presso lo studio degli avv.ti Lorenzo Del

Federico e Laura Rosa, rappresentato e difeso dal primo per mandato a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 37/9/06 della Commissione tributaria regionale

di Ancona, emessa il 18 maggio 2006, depositata il 9 giugno 2006,

R.G. 861/04;

udita la relazione della causa svolta all’udienza del 13 aprile 2010

dal Consigliere Dott. Giacinto Bisogni;

udito l’Avvocato Valeria D’Ilio per delega del difensore del Comune

controricorrente;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

S.L. proponeva opposizione a una serie di atti impositivi ICI, notificati impersonalmente agli eredi di S. M. dal comune di San Benedetto del Tronto, rilevando la irritualità della notifica, l’esistenza di un giudicato favorevole opponibile (formatosi nei confronti della madre), il difetto di motivazione, l’intempestività degli avvisi di accertamento.

La C.T.P. di Ascoli Piceno rigettagli ricorso, e la C.T.R. confermava tale decisione rilevando l’insussistenza della prova di un giudicato, la tempestività degli avvisi (notificati entro il 31 dicembre del quinto anno successivo all’anno della dichiarazione), la ritualità della notifica nell’ultimo domicilio del de cuius nonchè l’adeguata motivazione degli avvisi.

Ricorre per cassazione S.L. con tre motivi di impugnazione deducendo la violazione e falsa applicazione: a) del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 2 (che avrebbe imposto la notifica a tutti gli eredi); b) del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 11 e della L. n. 212 del 2000, art. 7 (in merito alla data dalla quale decorre la prescrizione e all’applicazione del termine di prescrizione triennale anzichè quinquennale); c) del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 46 (che avrebbe dovuto condurre ad accertare l’improponibilità dell’azione essendo stata in altro giudizio concernente atti di uguale natura dichiarata la cessazione della materia del contendere).

Si difende con controricorso il Comune e deposita memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso è infondato. L’obbligo di comunicazione previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 65, comma 2, è volto a consentire agli uffici finanziari di azionare direttamente nei confronti degli eredi le obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del contribuente pertanto, se la comunicazione viene effettuata, l’avviso di accertamento va notificato personalmente e nominativamente agli eredi nel domicilio fiscale da loro indicato, mentre, se essa non viene effettuata, gli uffici possono intestare l’atto al dante causa e notificarlo presso l’ultimo domicilio dello stesso, nei confronti degli eredi collettivamente ed impersonalmente, senza limiti di tempo, non potendo trovare applicazione l’art. 60, u.c., del medesimo D.P.R., il quale si riferisce alle sole variazioni anagrafiche riguardanti l’indirizzo del destinatario, e non assumendo alcun rilievo le indicazioni contenute nella dichiarazione dei redditi, le quali non possono validamente sostituire la predetta comunicazione, che dev’essere presentata direttamente all’Ufficio o trasmessa mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento (così Cass. civ. nn. 3415/2009, 15417/2008, 12886/2007, 5411/1988 ed altre).

Il secondo e il terzo motivo di ricorso difettano di autosufficienza e si dimostrano inammissibili a fronte della motivazione della CTR per cui: a) l’accertamento si basa sulla mancata dichiarazione di cespiti immobiliari e sul mancato pagamento dell’imposta negli anni dal 1996 al 1998 relativamente ai beni non dichiarati con conseguente applicazione del termine quinquennale di prescrizione della richiesta di pagamento dell’Amministrazione comunale a decorrere dall’anno successivo a quello in cui doveva essere presentata la dichiarazione;

b) la formazione di un giudicato preclusivo all’azione dell’amministrazione non è stata provata e appare smentita dalla stessa deduzione del ricorrente per cui il giudicato si riferisce a un soggetto diverso (la madre del ricorrente D.B.C. che aveva rinunciato all’eredità) e non può pertanto estendersi agli altri eredi. A fronte di tali motivazioni il ricorrente avrebbe dovuto con il ricorso riprodurre le censure mosse all’accertamento con l’atto di appello e il contenuto dei documenti da cui si sarebbe dovuto evincere l’avvenuta dichiarazione dei cespiti in questione e l’avvenuto pagamento, sia pure in misura non corrispondente alla richiesta del Comune, dell’ICI nonchè l’esistenza di un giudicato preclusivo all’azione di accertamento del Comune. In assenza di queste deduzioni e salve le argomentazioni logicamente e giuridicamente corrette spese dalla C.T.R. i due motivi di ricorso vanno ritenuti inammissibili oltre che infondati.

Il ricorso va pertanto respinto. Sussistono giusti motivi, in relazione alla peculiarità della controversia, per compensare le spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Compensa interamente le spese processuali del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

 

 

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