Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15482 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 30/06/2010), n.15482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 24609/2006 proposto da:

Comune di Creazzo, di seguito “Comune”, in persona del sindaco in

carica, signor C.G., rappresentato e difeso dagli avv.

BATTAGLIOLA Massimiliano e Paolo Mereu, presso il quale è

elettivamente domiciliato in Roma, Via Giuseppe Gioacchino Belli 27;

– ricorrente –

contro

la Villa del Sole srl, di seguito anche “Società”, in persona del

legale rappresentante in carica, l’amministratore B.A.,

rappresentata e difesa dall’avv. ORLANDO Gianfranco ed elettivamente

domiciliata presso l’avv. Antonio Rizzo Studio Persiani-Rizzo, in

Roma, Via Toscana 10;

– intimata e controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Venezia 3 ottobre 2005, n. 95/7/05, depositata il 6 marzo 2006;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 13

aprile 2010 dal Cons. Achille Meloncelli;

udito l’avv. Paolo Mereu per il Comune;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti di incoazione del giudizio di legittimità.

1.1. Il 6-12 settembre 2006 è notificato alla Società un ricorso del Comune per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha accolto l’appello della Società contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Vicenza n. 329/01/2004, che aveva rigettato il ricorso della Società contro gli avvisi di accertamento n. 2003-03834 dell’ICI 2001 e n. 2003-03835 dell’ICI 2002.

1.2. Il 20 ottobre 2006 è notificato al Comune il controricorso della Società.

2. I fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti:

a) la Società acquista un complesso immobiliare, sito nel Comune, catastalmente descritto ai mappali n. (OMISSIS) con sistemazione di una superficie di mq 20.140, di cui mq 5.424;

b) successivamente la superficie viene in parte venduta nel 1995 per circa 600 mq e nel 1996 viene frazionata;

c) il terreno risulta graffato, in origine, al capannone, come risulta dall’estratto di mappa rilasciato dall’UTE Ufficio tecnico erariale di Vicenza del 29 maggio 1995, ed è considerato una sua pertinenza;

d) il 27 novembre 2003 il Comune, ritenendo che la Società abbia correttamente versato l’ICI per il 2001 e per il 2002 relativa al capannone, ma abbia omesso sia di dichiarare l’ICI per l’area, ritenuta fabbricabile, sia di versare l’imposta per lo stesso biennio, notifica gli avvisi di accertamento descritti nel 1.1;

e) contro tali avvisi la Società propone un unico ricorso, che è respinto dalla CTP;

f) l’appello della Società è, poi, accolto dalla CTR con la sentenza ora impugnata per cassazione.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è, limitatamente ai capi impugnati in sede di legittimità, così motivata: a) “la sentenza di Cassazione … nn. 19375 del 17/09/2003 rileva che la graffatura è un elemento ricognitivo di una situazione di fatto priva di qualsiasi rilievo al sistema giuridico dei beni. Il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, escludendo l’autonoma tassabilità delle aree pertinenziali della costruzione, presuppone l’eccezione di pertinenza di cui all’art. 817 c.c., pertanto si devono individuare e riconoscere i requisiti oggetti vi e soggettivi nell’area scoperta. La Convenzione Urbanistica del 15/05/1995 registrata in data 16/05/1995, pertanto, non viene ad avere alcun rilievo in quanto l’edificabilità dell’appezzamento di terreno in questione dipende dall’esecuzione dell’opera prevista dalla Convenzione stessa. L’area in specie, quindi, è condizionata alla realizzazione del parcheggio; di conseguenza in assenza di mancata esecuzione di tale opera non può e non potrà essere ritenuta edificabile”;

b) “la Cassazione, con sentenza n. 21644 del 16.09.2004 afferma che rientrano nelle categorie delle aree edificabili solo quelle che in base ad opere di urbanizzazione sono immediatamente utilizzabili a scopo edificativo. Inoltre, sempre la Cassazione, con sentenza n. 19375 del 2003, sottolinea che è insignificante pure il frazionamento dell’area finchè non sussistano gli strumenti attuativi che diano la facoltà di poter costruire conformemente alle norme, di conseguenza, sono da considerare edificabili solo quelle superfici immediatamente fruibili, aspetto che non si verifica per il caso di specie”;

c) “concludendo, la prodotta (dalla parte) Convenzione Urbanistica dimostra e ratifica la inedificabilità dell’appezzamento e non deve essere pensata come cenno informativo di proposito di esclusione del vincolo di pertinenza”.

4. Il ricorso per cassazione del Comune, integrato con memoria, è sostenuto con quattro motivi d’impugnazione e si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con vittoria di spese.

5. Il controricorso della Società si conclude con la richiesta di rigetto del ricorso, con vittoria di spese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Il primo motivo d’impugnazione 6.1.1. Il primo motivo d’impugnazione è preannunciato dalla seguente rubrica: “Non applicabilità del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 2, in seguito alla sopravvenuta entrata in vigore del D.L. 205 del 2005, convertito nella L. 2 dicembre 2005, n. 248 e in particolare del comma 16 dell’art. 11 quaterdecies”.

6.1.2. Secondo il Comune l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 2, operata dal D.L. n. 205 del 2005, art. 11 quaterdecies, art. 16, conv. in L. 2 dicembre 2005, n. 248, per edificabilità di un terreno dovrebbe intendersi, e sarebbe sufficiente, “la potenziale destinazione dell’area a tale scopo e non la sua effettiva destinazione, vale a dire che va soltanto considerato lo strumento urbanistico generale indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”. Nel caso di specie concorrerebbero sia lo strumento urbanistico rappresentato dal piano regolatore del Comune sia la volontà edificatoria della Società, che risulterebbe dimostrata in modo inoppugnabile dalla sua lettera del 30 marzo 1995 e dalla convenzione del 30 marzo 1995 stipulata con il Comune per il rilascio della concessione edilizia e realizzazione di opere pubbliche e, comunque, dal tenore del suo ricorso in primo grado, nel quale essa non avrebbe contestato l’edificabilità delle aree oggetto di controversia. Ne deriverebbe l’impossibilità di riconoscere a tali aree il carattere di pertinenzialità.

6.1.3. A conclusione del primo motivo d’impugnazione si formula il seguente quesito di diritto: “può sussistere l’applicabilità del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 2, così come interpretato nella sentenza impugnata in punto di area pertinente, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 248 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16”.

6.2. Il motivo è inammissibile, perchè la questione proposta è irrilevante. Infatti, la censura è riferita ad una fattispecie diversa da quella categorizzata dal giudice d’appello nell’edificabilità come situazione di fatto e non come situazione di diritto, intesa come situazione qualificata da uno strumento di programmazione urbanistica (sulla distinzione Corte di cassazione 19 aprile 2006, n. 9131).

7. Il secondo motivo d’impugnazione 7.1.1. Il secondo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Insufficiente motivazione. Violazione e parziale e insufficiente applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 4”.

7.1.2. Secondo il Comune la motivazione della sentenza impugnata non conterrebbe “alcuna argomentazione e considerazione efficacemente persuasiva propria ed autonoma della Commissione …, che si è limitata a richiamare e riprendere parzialmente due o tre statuizioni della Corte di cassazione, senza indicare e precisare da quali elementi di diritto tributario sostanziale doveva potersi rilevare il fondamento della decisione di merito”.

7.1.3. A conclusione del secondo motivo d’impugnazione si formula il seguente quesito di diritto: “è sufficiente richiamare due o tre decisioni di codesta Suprema Corte senza ulteriori osservazioni e argomentazioni atte a soddisfare in modo appagante i requisiti previsti e richiesi dall’art. 118 disp. trans. c.p.c.”.

7.2. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

Il motivo è inammissibile, perchè propone una questione in modo astratto, alla quale si dovrebbe dare sempre risposta negativa, dal momento che non basta certo il richiamo a qualche decisione giurisprudenziale per confezionare una valida motivazione. Il problema, che il ricorrente avrebbe dovuto prospettare correttamente, formulando una motivazione specifica, è quello di evidenziare alla Corte le ragioni dell’insufficienza del richiamo di sentenze effettuato nel caso di specie ultima costituito dalla sentenza d’appello impugnata.

Il motivo è, comunque, infondato, perchè, come si deduce inequivocabilmente da quelle parti della sentenza della CTR che si sono qui testualmente riprodotte nel 3.a) e 3.b), i ragionamenti del giudice d’appello si sono basati su principi di diritto enunciati in sentenze di questa Corte, ma sono stati applicati al caso di specie ultima oggetto della controversia.

8. Il terzo motivo d’impugnazione 8.1.1. Il terzo motivo d’impugnazione è esposto sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a)”.

8.1.2. Secondo il Comune il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), prevedrebbe in modo inequivocabile che l’area in esame non potrebbe assumere la connotazione nè di area di sedime, non essendosi costruito su di esso il fabbricato, nè di pertinenza catastale, perchè essa non risulta accatastata, nè risulta “graffata” al fabbricato, così da non poter essere considerata sua pertinenza catastale. In effetti, la mancata “graffatura” catastale dell’area costituirebbe, non un vizio formale, ma un vizio sostanziale, perchè, in caso di presenza di aree pertinenziali catastali, la rendita catastale del fabbricato sarebbe adeguatamente aumentata dall’ufficio, tenendo conto de suo valore, seppur nei limiti della disciplina catastale. Infine, il Comune osserva che, data l’annualità dell’ICI, sarebbe irrilevante l’eventuale carattere pertinenziale originario, perchè esso potrebbe sempre essere variato o aggiornato dal Comune per sopravvenute esigenze urbanistiche o di pubblico interesse.

8.1.3. A conclusione del terzo motivo d’impugnazione si formula il seguente quesito di diritto: “Un’area adiacente ad un fabbricato, non accatastata, può solo per questo essere ritenuta pertinenza del fabbricato stesso?”.

8.2. Il motivo è inammissibile per irrilevanza, perchè il Comune ricorrente fa riferimento ad una fattispecie diversa da quella categorizzata dal giudice d’appello. Infatti, mentre questi parla di frazionamento dell’area avvenuto prima dei periodi d’imposta in contestazione, il Comune assume che si tratti di un’area non accatastata.

9. Il quarto motivo d’impugnazione.

9.1.1. Il quarto motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione del principio dell’onere della prova”.

9.1.2. Il Comune sostiene al riguardo che la sentenza d’appello sarebbe viziata perchè, avendo dato per scontato il carattere pertinenziale, seppure di fatto, dell’area, avrebbe violato il principio dell’onere della prova, che ai sensi dell’art. 817 c.c., dovrebbe riguardare sia l’elemento oggettivo, ossia il materiale asservimento dell’area al fabbricato, sia l’elemento soggettivo, inteso come volontà del possessore di destinare l’area al servizio del fabbricato. Tali prove non sarebbero state fornite dal possessore del bene.

9.1.3. A conclusione del quarto motivo d’impugnazione si formula il seguente quesito di diritto: “l’onere di provare se un’area ha carattere di pertinenza o meno, spetta al proprietario dell’area, i quale ne rivendichi la non assoggettabilità all’ICI, o al comune dove la stessa è ubicata?”.

9.2. Il motivo è inammissibile, perchè assume che la CTR abbia preteso che ad accertare l’edificabilità del suolo sia stato il Comune, mentre essa ha accertato, senza indicare in base a quali prove e senza indicare chi le abbia fornite, che la non edificabilità del terreno si desume dalla recinzione realizzata dalla Società e dalla sua destinazione di fatto a pertinenza del fabbricato. Tuttavia, la natura dei fatti accertati fa presumere che essi siano stati addotti e provati dalla Società. Anche questo motivo, dunque, è inammissibile per irrilevanza, in quanto è formulato con riferimento ad un fatto diverso da quello controverso.

10. Conclusioni.

10.1. La constatata inammissibilità di tutti i motivi del ricorso principale ne comportano il rigetto.

10.2. La peculiare struttura della fattispecie e l’altalenante andamento delle sentenze di merito inducono a compensare tra le parti le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

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