Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15481 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 30/06/2010), n.15481

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Creazzo, di seguito “Comune”, in persona del sindaco in

carica, signor C.G., rappresentato e difeso dagli avv.

Battagliola Massimiliano e Paolo Mereu, presso il quale è

elettivamente domiciliato in Roma, Via Giuseppe Gioacchino Belli 27;

– ricorrente –

contro

la Cominvest srl in liquidazione, di seguito anche “Società”, in

persona del liquidatore, signor B.G., rappresentata e

difesa dall’avv. Orlando Gianfranco ed elettivamente domiciliata

presso l’avv. Antonio Rizzo Studio Persiani-Rizzo, in Roma, Via

Toscana 10;

– intimata e controricorrente –

e sul ricorso incidentale rgn 28745/2006, proposto dalla Società,

come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;

– ricorrente incidentale –

contro

il Comune, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Venezia 3 ottobre 2005, n. 78/07/05, depositata il 6 febbraio 2006;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 13

aprile 2010 dal Cons. Dr. Achille Meloncelli;

udito l’avv. Paolo Mereu per il Comune;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale e per il rigetto di quello incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti di incoazione del giudizio di legittimità.

1.1. Il 4-7 settembre 2006 è notificato alla Società un ricorso del Comune per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha accolto l’appello della Società contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Vicenza n. 328/01/2004, che aveva rigettato il ricorso della Società contro gli avvisi di accertamento n. (OMISSIS) dell’ICI 1998, n. (OMISSIS) dell’ICI 1999, n. (OMISSIS) dell’ICI 2000 e n. (OMISSIS) dell’ICI 2001.

1.2. iL 20 ottobre 2006 è notificato al Comune un documento incorporante il controricorso al ricorso principale e un ricorso incidentale condizionato della Società.

2. I fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti:

a) la Società è proprietaria nel Comune, negli anni in contestazione, di un terreno di mq 2.309, un tempo catastalmente graffato con un capannone; entrambi i beni fanno parte di un più ampio compendio immobiliare di mq 20.140, frazionato ed in parte venduto nel 1995 per circa 6.000 mq;

b) il Comune, assumendo che la Società abbia correttamente pagato l’ICI per i fabbricati, ma abbia omesso di effettuare la dichiarazione per l’area, ritenuta fabbricabile dal Comune, e abbia omesso di versare la relativa ICI, adotta un avviso di accertamento per ciascuno degli anni che vanno dal 1998 al 2001;

c) contro tali avvisi la Società propone un unico ricorso, che è respinto dalla CTP;

d) l’appello della Società è, poi, accolto dalla CTR con la sentenza ora impugnata per cassazione.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è, limitatamente ai capi impugnati in sede di legittimità, così motivata: a) “la sentenza di Cassazione … n. 19375 del 17/12/2003 ha deciso per un analogo caso che “… il mero frazionamento di un’area non comporta necessariamente ed automaticamente una modifica della sua destinazione d’uso e della sua natura pertinenziale rispetto al fabbricato cui la stessa accede …”, ipotesi quest’ultima a maggior ragione da escludersi nel caso di specie sulla base della circostanza di fatto rappresentata dall’essere in presenza di un’area asservita al fabbricato mediante recinzione e, conseguentemente (pur dopo l’avvenuto frazionamento) destinata durevolmente al servizio ed ornamento del fabbricato medesimo”;

b) “secondo l’art. 817 c.c. le pertinenze sono cose destinate in modo durevole a servizio od ornamento di un’altra cosa. Tale definizione inequivocabilmente fonda l’attribuzione della natura pertinenziale della cosa sulla sua condizione fattuale, vale a dire sulla sua destinazione effettiva e concreta, rendendo del tutto irrilevanti circostanze, come appunto l’intervenuto frazionamento dell’area, di rilievo esclusivamente formale. Nel caso in esame risulta quindi l’inequivocabile e persistente destinazione del terreno al servizio del fabbricato”;

c) “con la sentenza del 16.09.2004 n. 21644 la stessa Cassazione ha affermato che l’edificabilità di un suolo è determinata dalla imprescindibile necessità che il Comune abbia rilasciato autorizzazione e il contribuente abbia attuato le opere di urbanizzazione primaria. Ne consegue … che il terreno oggetto di tale ricorso costituisce terreno pertinenziale al fabbricato”.

4. Il ricorso principale per cassazione del Comune, integrato con memoria, è sostenuto con quattro motivi d’impugnazione e si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con vittoria di spese.

5. Il controricorso della Società e il suo ricorso incidentale condizionato, sostenuto con un solo motivo d’impugnazione, si concludono con la richiesta di accoglimento, in via pregiudiziale, del ricorso incidentale e, comunque, di rigetto del ricorso principale. Con vittoria di spese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

5-bis. I ricorsi, principale ed incidentale, sono previamente riuniti ex art. 335 c.p.c..

1^. Il ricorso principale del Comune.

6. Il primo motivo d’impugnazione.

6.1.1. Il primo motivo d’impugnazione è preannunciato dalla seguente rubrica: “Non applicabilità del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 2 in 4 seguito alla sopravvenuta entrata in vigore del D.L. n. 205 del 2005 convertito nella L. 2 dicembre 2005, n. 248 e in particolare dell’art. 11 – quaterdecies, comma 16”.

6.1.2. Secondo il Comune l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 2; operata dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11 – quaterdecies, comma 6 conv. in L. 2 dicembre 2005, n. 248, per edificabilità di un terreno dovrebbe intendersi, e sarebbe sufficiente, “la potenziale destinazione dell’area a tale scopo e non la sua effettiva destinazione, vale a dire che va soltanto considerato lo strumento urbanistico generale indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”.

Nel caso di specie concorrerebbero sia lo strumento urbanistico rappresentato dal piano regolatore del Comune sia la volontà edificatoria della Società, che risulterebbe dimostrata in modo inoppugnabile dalla sua lettera del 30 marzo 1995 e dalla convenzione del 30 marzo 1995 stipulata con il Comune per il rilascio della concessione edilizia e realizzazione di opere pubbliche e, comunque, dal tenore del suo ricorso in primo grado, nel quale essa non avrebbe contestato l’edificabilità delle aree oggetto di controversia. Ne deriverebbe l’impossibilità di riconoscere a tali aree il carattere di pertinenzialità.

6.1.3. A conclusione del primo motivo d’impugnazione si formula il seguente quesito di diritto: “può sussistere l’applicabilità del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 2 così come interpretato nella sentenza impugnata in punto di area pertinente, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 248 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16”? 6.2. Il motivo è inammissibile, perchè la questione proposta è irrilevante. Infatti, la censura è riferita ad una fattispecie diversa da quella categorizzata dal giudice d’appello nell’edificabilità come situazione di fatto e non come situazione di diritto, intesa come situazione qualificata da uno strumento di programmazione urbanistica (sulla distinzione Corte di cassazione 19 aprile 2006, n. 9131).

7. Il secondo motivo d’impugnazione.

7.1.1. Il secondo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Insufficiente motivazione. Violazione e parziale e insufficiente applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 4”.

7.1.2. Secondo il Comune la motivazione della sentenza impugnata non conterrebbe “alcuna argomentazione e considerazione efficacemente persuasiva propria ed autonoma della Commissione …, che si è limitata a richiamare e riprendere parzialmente due o tre statuizioni della Corte di cassazione, senza indicare e precisare da quali elementi di diritto tributario sostanziale doveva potersi rilevare il fondamento della decisione di merito”.

7.1.3. A conclusione del secondo motivo d’impugnazione si formula il seguente quesito di diritto: “è sufficiente richiamare due o tre decisioni di codesta Suprema Corte senza ulteriori osservazioni e argomentazioni atte a soddisfare in modo appagante i requisiti previsti e richiesi dall’art. 118 disp. att. trans. c.p.c”? 7.2. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

Il motivo è inammissibile, perchè propone una questione in modo astratto, alla quale si dovrebbe dare sempre risposta negativa, dal momento che non basta certo il richiamo a qualche decisione giurisprudenziale per confezionare una valida motivazione. Il problema, che il ricorrente avrebbe dovuto prospettare correttamente, formulando una motivazione specifica, è quello di evidenziare alla Corte le ragioni dell’insufficienza del richiamo di sentenze effettuato nel caso di specie ultima costituito dalla sentenza d’appello impugnata.

Il motivo è, comunque, infondato, perchè, come si deduce inequivocabilmente da quelle parti della sentenza della CTR che si sono qui testualmente riprodotte nel 3.a) e 3.b), i ragionamenti del giudice d’appello si sono basati su principi di diritto enunciati in sentenze di questa Corte, ma sono stati applicati al caso di specie ultima oggetto della controversia.

8. Il terzo motivo d’impugnazione 8.1.1. Il terzo motivo d’impugnazione è esposto sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a)”.

8.1.2. Secondo il Comune il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a) prevedrebbe in modo inequivocabile che l’area in esame non potrebbe assumere la connotazione nè di area di sedime, non essendosi costruito su di esso il fabbricato, nè di pertinenza catastale, perchè essa non risulta accatastata, nè risulta “graffata” al fabbricato, così da non poter essere considerata sua pertinenza catastale. In effetti, la mancata “graffatura” catastale dell’area costituirebbe, non un vizio formale, ma un vizio sostanziale, perchè, in caso di presenza di aree pertinenziali catastali, la rendita catastale del fabbricato sarebbe adeguatamente aumentata dall’ufficio, tenendo conto del suo valore, seppur nei limiti della disciplina catastale. Infine, il Comune osserva che, data l’annualità dell’ICI, sarebbe irrilevante l’eventuale carattere pertinenziale originario, perchè esso potrebbe sempre essere variato o aggiornato dal Comune per sopravvenute esigenze urbanistiche o di pubblico interesse.

8.1.3. A conclusione del terzo motivo d’impugnazione si formula il seguente quesito di diritto: “Un’area adiacente ad un fabbricato, non accatastata, può solo per questo essere ritenuta pertinenza del fabbricato stesso?”.

8.2. Il motivo è inammissibile per irrilevanza, perchè il Comune ricorrente fa riferimento ad una fattispecie diversa da quella categorizzata dal giudice d’appello. Infatti, mentre questi parla di frazionamento dell’area avvenuto prima dei periodi d’imposta in contestazione, il Comune assume che si tratti di un’area non accatastata.

9. Il quarto motivo d’impugnazione 9.1.1. Il quarto motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione del principio dell’onere della prova”.

9.1.2. Il Comune sostiene al riguardo che la sentenza d’appello sarebbe viziata perchè, avendo dato per scontato il carattere pertinenziale, seppure di fatto, dell’area, avrebbe violato il principio dell’onere della prova, che ai sensi dell’art. 817 c.c. dovrebbe riguardare sia l’elemento oggetti-vo, ossia il materiale asservimento dell’area al fabbricato, sia l’elemento soggettivo, inteso come volontà del possessore di destinare l’area al servizio del fabbricato. Tali prove non sarebbero state fornite dal possessore del bene.

9.1.3. A conclusione del quarto motivo d’impugnazione si formula il seguente quesito di diritto: “l’onere di provare se un’area ha carattere di pertinenza o meno, spetta al proprietario dell’area, il quale ne rivendichi la non assoggettabilità all’ICI, o al comune dove la stessa è ubicata?”.

9.2. Il motivo è inammissibile, perchè assume che la CTR abbia preteso che ad accertare l’edificabilità del suolo sia stato il Comune, mentre essa ha accertato, senza indicare in base a quali prove e senza indicare chi le abbia fornite, che la non edificabilità del terreno si desume dalla recinzione realizzata dalla Società e dalla sua destinazione di fatto a pertinenza del fabbricato. Tuttavia, la natura dei fatti accertati fa presumere che essi siano stati addotti e provati dalla Società. Anche questo motivo, dunque, è inammissibile per irrilevanza, in quanto è formulato con riferimento ad un fatto diverso da quello controverso.

2^. il ricorso incidentale della Società.

10. La constatata inammissibilità di tutti i motivi del ricorso principale ne comportano il rigetto. Ne consegue anche l’assorbimento del ricorso incidentale condizionato della Società.

11. Conclusioni.

11.1. Le precedenti considerazioni conducono al rigetto del ricorso principale e all’assorbimento del ricorso incidentale.

11.2. La peculiare struttura della fattispecie e l’altalenante andamento delle sentenze di mento inducono a compensare tra le parti le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

P.Q.M.

la Corte riunisce i ricorsi, rigetta quello principale, assorbito quello incidentale, e compensa tra le parti le spese processuali relative al giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

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