Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15480 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 30/06/2010), n.15480

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso rgn 13986/2006 proposto da:

Comune di Vigevano, di seguito “Comune”, in persona del sindaco in

carica, signor C.R.A., rappresentato e difeso

dall’avv. Antonucci Donato ed elettivamente domiciliato presso l’avv.

Umberto Segarelli, in Roma, Via G.B. Morgagni 2/A;

– ricorrente –

contro

il signor R.G., di seguito “Contribuente”, in proprio e

quale titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso

dall’avv. Valensise Carolina, presso la quale è elettivamente

domiciliato in Roma, Via Monte delle Gioie 13;

– intimato e controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Milano 15 dicembre 2005, n. 169/14/05, depositata il 19 gennaio 2006;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica del 13

aprile 2010 dal Cons. Dr. Achille Meloncelli;

udito l’avv. Donato Antonucci per il Comune;

udito l’avv. Donatella Geromel, delegata, per il resistente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti di incoazione del giudizio di legittimità.

1.1. Il 28 aprile 2006 è notificato al Contribuente un ricorso del Comune per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha respinto l’appello del Comune contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Pavia n. 175/02/2004, che aveva accolto il ricorso del Contribuente contro la cartella di pagamento n. (OMISSIS) della Tarsu (tassa sui rifiuti solidi urbani) 2001 di Euro 2.943,73.

1.2. L’8 giugno 2006 è notificato al Comune il controricorso del Contribuente.

2. I fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti:

a) la ditta R. svolge attività di falegnameria, lavorazione per conto terzi di pannelli agglomerati in svariati metalli, anche ricoperti in materiale plastico o melaminico;

b)il 1 gennaio 1995 il Contribuente presenta la dichiarazione Tarsu per complessivi mq 706, di cui 56 destinati ad autorimessa, c) il 28 ottobre 1998 il Contribuente presenta una dichiarazione di variazione, con la quale denuncia rifiuti assimilabili a quelli urbani su altri 430 mq, portando così la superficie complessiva a mq 1136, dei quali 1080 in categoria (OMISSIS) e mq 56 in categoria (OMISSIS);

d) il 3 marzo 2003 è notificata al Contribuente la cartella indicata nel 1.1 per la Tarsu 2001, relativa ai rifiuti prodotti nell’esercizio dell’impresa;

e) il ricorso del Contribuente è accolto dalla CTP di Pavia;

f) l’appello del Comune è, poi, respinto dalla CTR con la sentenza ora impugnata per cassazione.

3. La motivazione della sentenza impugnata La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è, limitatamente ai capi impugnati in sede di legittimità, così motivata:

a) “nel merito, quanto al dato quantitativo, si osserva … che l’ari 14 del Regolamento comunale in materia di rifiuti, al comma 2, espressamente sancisce il principio che “non sono assoggettati alla tassa … i locali e le aree che non possono produrre rifiuti per loro caratteristiche e/o destinazioni o per obbiettive condizioni di non utilizzo nel corso dell’anno” … e che tale esenzione è confermata dalla Tariffa della tassa annuale che per le aree classificate (OMISSIS), cioè detassate, indica coerentemente la cifra “Zero”;

b) “tanto premesso, e considerato che da altro allegato del Comune emerge che le superfici classificate (OMISSIS) ammontano a mq. 650 e quelle da prendere in considerazione ai fini della produzione di rifiuti ammontano a mq 706 (650 (OMISSIS) + 56 (OMISSIS)), ne deriva che moltiplicata tale cifra per quella riguardante il quantitativo di rifiuti da considerare assimilati a quelli urbani (e superato il quale gli stessi vengono qualificati come speciali, e come tali intassabili alla stregua dei primi: vale a dire kg/mq/anno = 30), il risultato di 21.189 è inferiore alla quantità (kg. 23,600) di rifiuti prodotti dal contribuente nel 2001, come correttamente documentati”.

4. Il ricorso per cassazione del Comune, integrato con memoria, è sostenuto con un solo, complesso, motivo d’impugnazione e si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione, con vittoria di spese processuali.

5. Il controricorso del Contribuente, integrato con memoria, si conclude con la richiesta di il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Il motivo d’impugnazione.

6.1.1. Il motivo d’impugnazione è posto sotto la seguente rubrica:

“violazione e/o errata applicazione del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, anche in relazione al D.Lgs. n. 227 del 1997, art. 21, n. 917 del 1986, ed al regolamento comunale approvato in attuazione di tale seconda disposizione (… Delib. n. 52 del 1998 e Delib. n. 8 del 1999) e, conseguentemente, concretizza la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 … omissiva, contraddittoria ed incoerente …

motivazione, in ciò integrando il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5”.

6.1.2. Il Comune sostiene che la vicenda atterrebbe ad un’ipotesi di esenzione, non di esclusione, dalla Tarsu, che deriverebbe da una precisa scelta agevolativa del legislatore, il quale avrebbe inteso operare un’eccezione alla regola generale del pagamento e che con proprie norme (D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62 e D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 21) avrebbe rimesso alla potestà regolamentare dei Comuni la determinazione delle superfici tassabili ed i criteri di assimilazione ai rifiuti urbani di quelli speciali non pericolosi, per la loro gestione in regime di privativa e, quindi, della tassabilità delle aree e dei locali. L’esenzione non sarebbe, pertanto, automatica, perchè il suo riconoscimento sarebbe subordinato al rispetto degli oneri procedurali contemplati dalla disciplina legislativa e regolamentare. Nel caso di specie, l’art. 14 del Regolamento comunale contemplerebbe una specifica cadenza procedimentale che il Contribuente, per sua stessa ammissione, non avrebbe minimamente rispettato, avendo presentato una semplice comunicazione, peraltro tardiva (26 giugno 2001 e quindi oltre la scadenza del mese di febbraio prevista dal Regolamento) e neppure accompagnata dalla prescritta dichiarazione sostitutiva di atto notorio, che consentirebbe al Comune di effettuate i dovuti accertamenti al fine di riconoscere l’esclusione dalla tassa. Tali circostanze sarebbero state debitamente, quanto inutilmente, rappresentate dal Comune e la CTR avrebbe quindi omesso di valutare uno specifico rilievo avente carattere impeditivo per la concessione dell’esenzione dalla tassa e di carattere assorbente, perchè precluderebbe a monte l’operatività della previsione regolamentare.

“In altri termini, il Giudice del riesame, in assenza di una rituale richiesta di esclusione da parte del contribuente …, non avrebbe dovuto neanche porsi un problema di calcolo delle superfici al fine di valutare, sotto il profilo quantitativo, l’assimilazione a quelli urbani dei rifiuti prodotti dalla ditta. Per contro, ha effettuato (in modo peraltro erroneo) un tale calcolo ed ha contraddittoriamente dichiarate assorbite le ulteriori censure formulate dal Comune appellante. E che vi sia stata erroneità del calcolo ed una grave trascuratezza ed incongruità motivazionale su un elemento decisivo della controversia, emerge con chiarezza dalla documentazione prodotta dal Comune sin dal primo grado di giudizio.

Invero, pur essendo stato puntualmente segnalato al Giudicante, questi non ha verificato i contenuti della dichiarazione del R. in data 28.10.1998 che, a variazione di quella dell’1.1.1995, comunicava di produrre rifiuti assimilabili su ulteriori 430 mq.. Tale superficie, aggiunta a quella considerata in sentenza (706 mq), porta per l’appunto a complessivi mq. 1.136, cioè quelli regolarmente presi a base di calcolo dal Comune, per la determinazione della tassa dovuta da contribuente”.

6.2. Il motivo è inammissibile. Infatti, con esso si contestano, da un lato, un’omessa pronuncia e, dall’altro, un vizio motivazionale sotto il profilo, ancora una volta, dell’omesso esame di documenti probatori prodotti in giudizio dal Comune.

Tuttavia, sia per la prima denuncia sia per la seconda, il ricorso è redatto senza che sia osservato il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ossia senza riprodurre testualmente nell’atto di incoazione del giudizio di legittimità, quelle parti degli atti processuali, ai quali questa Corte non può accedere, che mostrino se, quando ed in quali termini le questioni, che sarebbero state oggetto di omessa pronuncia, siano state proposte dal Comune. In mancanza di tale riproduzione la Corte non è posta nelle condizioni di valutare l'(in)fondatezza delle censure formulate.

Si ricorda, al riguardo, che è principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello, secondo il quale, “se con il ricorso per cassazione si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. ipotizzando l’esistenza di un errar in procedendo non rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, che, in quanto giudice anche del “fatto processuale”, ha il potere di esaminare direttamente gli atti processuali, non è vincolata a ricercare autonomamente gli atti rilevanti per la questione proposta, incombendo, invece, sul ricorrente l’onere di indicarli specificamente e autosufficientemente (Corte di cassazione 17 gennaio 2007, n. 978)”.

Il principio di diritto alla stregua del quale si deve decidere sul motivo è, dunque, il seguente: “il ricorrente per cassazione che denunci la violazione dell’art. 112 c.p.c. ipotizzando l’omessa pronuncia del giudice di secondo grado su un motivo d’impugnazione da lui proposto con l’atto d’appello, relativo ad una questione non rilevabile d’ufficio, deve formulare il motivo osservando, a pena d’inammissibilità, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione”.

7. Conclusioni.

7.1. Le precedenti considerazioni comportano il rigetto del ricorso.

7.2. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il Comune al pagamento delle spese processuali per Euro 1,000,00 (mille), di cui Euro 800,00 (ottocento) per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

 

 

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