Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15479 del 14/07/2011

Cassazione civile sez. III, 14/07/2011, (ud. 27/05/2011, dep. 14/07/2011), n.15479

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 10833-2009 proposto da:

C.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, V.BALDO DEGLI UBALDI 66, presso lo studio dell’avvocato RINALDI

GALLICANI SIMONA, rappresentato e difeso dall’avvocato PIAZZA MASSIMO

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CI.SI., rappresentato e difeso dall’avvocato SOLDI ELENA

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO LAVORO SALUTE POLITICHE SOCIALI PROCURATORE REPUBBLICA

TRIBUNALE CREMONA, MINISTERO LAVORO SALUTE POLITICHE SOCIALI SETTORE

SALUTE;

– intimati –

avverso la decisione n. 70/2008 della COMM. CENTR. ESERC. PROFESSIONI

SANITARIE di ROMA, emessa il 27/10/2008, depositata il 04/03/2009;

R.G.N. 70/2008.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/05/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito l’Avvocato PIAZZA MASSIMO;

udito l’Avvocato FACCINI ROBERTO per delega SOLDI ELENA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

VELARDI Maurizio che ha concluso per l’accoglimento del 3^ e 7^

motivo, assorbiti gli altri.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. L’Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri della Provincia di Cremona irrogava la sanzione disciplinare della sospensione di sei mesi dall’esercizio della professione al dott. C.S., per non essersi ispirato ai principi del reciproco rispetto nei rapporti con il collega dott. Ca. e con l’Ordine professionale, violando gli artt. 57 e 66 del Codice di deontologia medica (Delib.

12 luglio 2006). Il procedimento aveva preso avvio da un esposto di un collega al quale il C. aveva inviato una lettera, con accuse offensive sul piano professionale, dopo che questi aveva curato un suo paziente.

In parziale accoglimento del ricorso proposto dal C., la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie riduceva la sanzione a mesi due (decisione n. 70 del 2008, depositata il 4 marzo 2009 e notificata ai C. il 17 aprile successivo).

2. Avverso la suddetta decisione il C. propone ricorso per cassazione con dieci motivi, corredati da quesiti ed esplicati da memoria. L’Ordine provinciale resiste con controricorso e successiva memoria.

Il P.M. presso il Tribunale di Cremona e il Ministero del lavoro e della salute, ritualmente intimati, non hanno svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il collegio ha disposto l’adozione di una motivazione semplificata.

1. La decisione impugnata ha confermato la decisione provinciale e ridotto la sanzione sulla base delle seguenti argomentazioni.

– Non è violato il D.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, art. 47 perchè la decisione si fonda su una lettera, non contestata, inviata al collega, e su dati incontrovertibili, costituiti dalla mancata comparizione all’audizione preliminare e alla convocazione ex art. 39 dello stesso D.P.R., oltre che da una lettera inviata al Consiglio dell’Ordine in cui si metteva in dubbio l’imparzialità e la serenità di giudizio del Collegio;

– Non è violato il principio di immediatezza nel procedimento disciplinare, atteso che il lasso di tempo trascorso non ha inciso sul diritto di difesa, venendo in questione un documento; nè il ricorrente ha dedotto in cosa si sarebbe sostanziata tale lesione.

– Non è violato l’art. 57 del Codice deontologico, contenendo la lettera in argomento frasi che mettono in dubbio la professionalità del destinatario e la sua qualificazione professionale, senza limitarsi alla valutazione del caso che aveva riguardato il paziente, oltre che critiche generali nei confronti degli appartenenti alla categoria.

– Non è violato l’art. 66 del Codice deontologico perchè la scarsa collaborazione nei confronti del Consiglio dell’Ordine risulta, non solo dal rifiuto di essere ascoltato, “ma soprattutto per le considerazioni svolte nella lettera del 30 maggio 2006, che mettono in dubbio l’imparzialità e serenità di giudizio dell’organo giudicante”. – E’ stato violato il principio di proporzionalità atteso che la “tipologia” della sanzione – irrogata nel suo massimo – non è proporzionata alla condotta, consistente nell’aver oltrepassato il confine del diritto di critica, e che non è stata valutata la capacità lesiva limitata, trattandosi di lettera diretta a un destinatario.

2. Ratione temporis è applicabile il D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40.

Conseguentemente, è applicabile: – l’art. 366-bis cod. proc. civ., relativo ai quesiti di diritto (in genere, rispetto al ricorso straordinario ex art. 111 Cost., Sez. Un. 26 marzo 2007, n. 7258; con riferimento specifico alle Professioni Sanitarie,Cass. 21 settembre 2007 n. 19487); l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e u.c., come modificato dal suddetto D.Lgs., senza le limitazioni precedentemente previste per i ricorsi ex art. 111 Cost..

3. In generale, deve premettersi che il ricorso si struttura attraverso motivi che ripropongono le censure avanzate con l’impugnazione dinanzi alla Commissione centrale e, rispetto agli stessi profili di censura della sentenza, deducono violazione di norme giuridiche o di norme deontologiche e vizi motivazionali.

3.1. I motivi che prospettano la violazione di norme (il primo, il terzo, il quinto, il nono, eccetto il settimo) si concludono con quesiti astratti e generici, privi di collegamento con la fattispecie, e sono, pertanto, inammissibili secondo la consolidata giurisprudenza della Corte. In particolare, vanno richiamate le decisioni che hanno ritenuto inadeguato il quesito che si risolva in un’enunciazione tautologica, priva di qualunque indicazione della questione di diritto oggetto della controversia (Sez. Un. 8 maggio 2008, n. 11210), ovvero in un interrogativo circolare, che già presuppone la risposta o la cui risposta non consenta di risolvere il caso sub iudice (Sez. Un. 11 marzo 2008, n. 28536).

3.2. Con il secondo motivo si deduce l’incompleta e omessa motivazione, anche come apparente motivazione, per non aver il Collegio dato conto dei fatti addebitati e delle prove esistenti con adeguata motivazione, anche per i profili di diritto, come richiesto dal D.P.R. 1950, n. 221, art. 47.

La decisione impugnata, sia pure in modo sintetico, da conto dei fatti addebitati al medico e delle prove, peraltro pacifiche nella loro materialità (lettera e mancata comparizione). Conseguentemente deve essere rigettato.

3.3. Con il quarto motivo si deduce, sotto il profilo motivazionale, la violazione del principio di immediatezza del procedimento disciplinare. In particolare, si censura la decisione nella parte in cui ha omesso l’esame di un documento (concernente le dimissioni dal sindacato), che sarebbe rilevante per cogliere il mancato rispetto della trasparenza e della non strumentalità del procedimento.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6. Infatti, il documento non è riprodotto nel ricorso, è indicato come “(doc. n. 6 di parte C.)” e non risulta agli atti di causa.

3.4. Con il sesto motivo si censura, per vizi motivazionali, la decisione impugnata, nella parte in cui non avrebbe considerato le espressioni contenute nella lettera inviate al collega come legittimo esercizio del diritto di critica, rispetto al quale avrebbe dovuto valutare la veridicità, la pertinenza e la continenza, e non avrebbe dato rilievo ad una testimonianza assunta e alla lettera del paziente, da cui risulterebbe, invece, la giustezza delle critiche.

Il motivo è inammissibile per difetto di interesse. Infatti, la Commissione presuppone che le critiche al collega fossero fondate.

Ravvisa la violazione dell’art. 57 del Codice deontologico nel non essersi il C. limitato alla valutazione del caso concreto, avendo invece messo in dubbio in generale la professionalità del destinatario della lettera, ed avendo espresso critiche generali alla categoria di chi esercita la professione, senza avere una specifica qualificazione universitaria.

Questo profilo, che è centrale nella motivazione della decisione impugnata, non è censurato dal ricorrente. Di conseguenza, l’eventuale accoglimento del motivo prospettato sarebbe privo di ogni effetto pratico, dal momento che la decisione stessa dovrebbe comunque restare ferma, non essendo stata impugnata la ragione sulla quale la medesima fonda (Cass. 5 giugno 2007, n. 13070).

3.5. Con il settimo e ottavo motivo si deduce la violazione dell’art. 66 del Codice deontologico, in riferimento all’art. 25 Cost. (recte art. 24 Cost.) e al D.P.R. 1950, n. 221, art. 45 oltre vizi motivazionali, censurando la decisione impugnata nella parte in cui considera rilevanti le mancate comparizioni del C. per essere ascoltato, facendo discendere conseguenze negative dall’esercizio del diritto di difesa e interpretando il 45 cit. senza considerare che era stato scritto in un contesto normativo in cui non era ammessa la difesa tecnica nella fase amministrativa, ed entrambi senza considerare l’art. 24 Cost..

Anche questi motivi sono inammissibili per difetto di interesse (di cui si è detto al paragrafo che precede). La Commissione ha ritenuto integrata la violazione dell’art. 66 del Codice deontologico “soprattutto per le considerazioni svolte nella lettera del 30 maggio 2006, che mettono in dubbio l’imparzialità e serenità di giudizio dell’organo giudicante”. Questa argomentazione, all’evidenza fondamentale, non è censurata nel ricorso.

3.6. Con il decimo motivo si deduce la contraddittorietà della motivazione nella parte in cui riconosce che la tipologia non è proporzionata alla condotta, consistente nell’aver oltrepassato il confine del diritto di critica, peraltro con capacità lesiva limitata, trattandosi di lettera diretta a un destinatario, senza cambiare il tipo di sanzione, ma limitandosi a ridurre la durata temporale; ed, inoltre, l’omessa considerazione della violazione dell’art. 66 del Codice deontologico. A parte l’evidente difetto di interesse per il ricorrente a far valere, ai fini della violazione della proporzionalità, la mancata considerazione di un’altra violazione disciplinare, deve rilevarsi che il ricorrente evidenzia come contraddizione quello che – come correttamente evidenziato dalla controparte – non è altro che un refuso terminologico. Dal contesto della decisione risulta chiaro che laddove la decisione dice “tipologia della sanzione” deve leggersi “entità della sanzione”, atteso che subito dopo si fa riferimento alla misura della sanzione.

Il motivo, quindi, va rigettato.

4. Il ricorso deve, pertanto, rigettarsi. Le spese processuali seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna C.S. al pagamento, in favore dell’Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri della Provincia di Cremona, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2011

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