Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15476 del 22/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 22/06/2017, (ud. 05/04/2017, dep.22/06/2017),  n. 15476

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 29111/2015 proposto da:

MA.TRA.IM. – Macchine Trasporti ed Impianti s.r.l. in liquidazione,

in persona del liquidatore p.t., rapp.to e difeso per procura a

margine del ricorso dall’avv. Carlo Carbone, presso il quale

elettivamente domicilia in Roma, alla v. Marianna Dionigi n. 57;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CAGLIARI, in persona del Sindaco p.t., rapp.to e difeso per

procura a margine del controricorso, dall’avv. Genziana Farci, con

il quale elettivamente domicilia in Roma alla v. Archimede n. 10

presso lo studio dell’avv. Viviana Callini;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 22112/2015 della Corte di Cassazione,

depositata il 29 ottobre 2015.

Sentita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

giorno 5 aprile 2017 dal relatore dr. Aldo Ceniccola;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott.ssa

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’inamissibilità del ricorso o

in subordine per il rigetto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Ma.Tra.Im. s.r.l. ha proposto ricorso per revocazione ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c., della sentenza della Corte di Cassazione n. 22112 del 2015, con la quale, in accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale proposto dal Comune di Cagliari, è stata cassata con rinvio la sentenza della Corte di Appello di Cagliari pronunciata in data 18.9.2009.

La controversia concerne l’asserito inadempimento del Comune di Cagliari all’obbligo di consegna dei lavori, circostanza che aveva impedito all’appaltatore di adempiere le proprie obbligazioni e che lo aveva indotto a domandare la risoluzione del contratto ed il risarcimento dei danni.

La Corte di Cassazione, con la sentenza sopra indicata, ha per altro statuito che il dedotto inadempimento non conferisce all’appaltatore il diritto di risolvere il rapporto ai sensi degli artt. 1453 e 1454 c.c., nè di avanzare pretese risarcitorie, ma gli attribuisce la sola facoltà di avanzare l’istanza di recesso dal contratto (non presentata nel caso di specie) ai sensi dell’art. 10 del capitolato generale di appalto.

Il ricorso è affidato ad un solo motivo; il Comune di Cagliari resiste mediante controricorso. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente deduce il vizio della sentenza per errore di fatto risultante dagli atti e dai documenti di causa ex art. 395 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 391 bis c.p.c., sostenendo che il giudizio espresso dalla Corte venne formulato sulla base di un fatto erroneo, ricavabile dalla realtà effettiva documentata in atti, dai quali risulta che, contrariamente a quanto ritenuto dalla pronuncia in oggetto, la consegna dei lavori venne regolarmente effettuata, come attestato dal verbale del 28.7.87. Ne consegue che, essendo regolarmente avvenuta la consegna dei lavori, l’inosservanza del diverso obbligo della stazione appaltante di rimuovere gli impedimenti che non consentono la regolare esecuzione dei lavori, conferisce all’appaltatore il diritto di richiedere l’esecuzione del contratto, non trovando applicazione l’art. 10 del capitolato generale.

Il motivo è inammissibile.

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo cui in tema di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, l’errore revocatorio è configurabile soltanto nelle ipotesi in cui la Corte sia incorsa in un errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale (e comunque non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati) – cfr. ad es. Cass. n. 22569 del 2013 -.

Il ricorrente sostiene che la Corte, incentrando il suo decisum sulla fattispecie della mancata consegna, avrebbe trascurato di considerare il contenuto del verbale del 28.7.87, versato in atti, dal quale incontrovertibilmente risulta che la consegna era invece regolarmente avvenuta, così incorrendo, a suo dire, in quell’errore percettivo integrante l’ipotesi prevista dall’art. 395 c.p.c., n. 4.

In realtà, esaminando con attenzione gli snodi motivazionali della pronuncia in oggetto, emerge con evidenza come la Corte abbia in realtà focalizzato il proprio esame, finalizzato alla verifica dell’applicabilità dell’art. 10 del capitolato generale, non sulla assenza di una consegna formale dei lavori, bensì sulla sua inidoneità sostanziale (pag. 6 della sentenza) – facendo a più riprese riferimento alla esistenza di un inadempimento all’obbligo di consegna effettiva (pagg. 4 e 5) -, sicchè la circostanza lamentata dal ricorrente (consistente nella mancata valorizzazione del documento attestante la consegna), nulla toglie alla logicità del percorso seguito dalla Corte (sotto il profilo dell’inesistenza dell’errore di fatto), prescindendo la “ratio decidendi” dall’esistenza o meno dalla formale esistenza del verbale di consegna. Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e pone le spese del presente giudizio di legittimità a carico del ricorrente liquidandole in Euro 4.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre accessori.

Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo dovuto per legge a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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