Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15475 del 30/06/2010
Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 13/04/2010, dep. 30/06/2010), n.15475
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –
Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –
Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –
Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 4260-2006 proposto da:
F.G., F.M.T., Z.A.M.,
FALCONI PIERINA, elettivamente domiciliati in ROMA VIA PACUVIO 34,
presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato RONZONI ALBERTO, giusta delega a
margine;
– ricorrenti –
contro
COMUNE DI ARCENE in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA G.G. BELLI 27, presso lo studio dell’avvocato
MEREU PAOLO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
BATTAGLIOLA MASSIMILIANO, giusta delega in calce;
– controricorrente –
e contro
BERGAMO ESATTORIE SPA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 202/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di
BRESCIA, depositata il 10/01/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/04/2010 dal Consigliere Dott. CARLO PARMEGGIANI;
udito per il ricorrente l’Avvocato D’ILIO per delega dell’Avvocato
ROMANELLI, che si riporta al ricorso;
udito per il resistente l’Avvocato MEREU, che si riporta al
controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per il rigetto del ricorso per
manifesta infondatezza, eccezione di incostituzionalità.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
F.G., F.P., F.M.T., Z.A.M. impugnavano nei confronti del Comune Arcene e del concessionario per la riscossione delle imposte n. 29 avvisi di accertamento con i quali il Comune contestava la omessa dichiarazione e l’omesso pagamento dell’ICI su terreni di proprietà dei medesimi qualificati come aree fabbricabili per gli anni dal 1993 al 1999.
I contribuenti sostenevano la decadenza del Comune dal potere impositivo relativamente alle annualità dal 1993 al 1995, e la irrilevanza della inserzione dei terreni identificati come agricoli nel piano regolatore generale fino alla approvazione dello strumento attuativo, avvenuta nel 1998.
La Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo accoglieva parzialmente il ricorso dichiarando la illegittimità totale degli avvisi di accertamento per gli anni 1993 e 1994, e parziale di quelli attinenti al 1995, confermando nel resto l’operato del Comune.
Appellavano i contribuenti e la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sez. staccata di Brescia, con sentenza n. 202/63/04 in data 13-12-2004, depositata in data 10-1-2005, accoglieva parzialmente il gravame relativamente ai periodi di imposta fino al 1- 8-1995, confermando nel resto la decisione impugnata.
Avverso la sentenza propongono ricorso per cassazione i contribuenti, con due motivi.
Resiste il Comune con controricorso.
Il concessionario non svolge attività difensiva. Entrambe le parti costituite depositano memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su un motivo di appello, o, in subordine, per omessa motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Rileva che la Commissione Regionale, dopo avere accolto il motivo di gravame in ordine alla data di perfezionamento del piano regolatore generale, aveva omesso di provvedere in ordine all’ulteriore motivo secondo cui la imposizione fiscale sulle aree fabbricabili era illegittima fino alla approvazione del piano attuativo cui il PRG aveva subordinato la edificabilità dell’area.
Con il secondo motivo, deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. B) ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Sostiene che tale disposto normativo, che definisce i terreni da qualificarsi aree fabbricabili a fini della applicazione dell’ICI deve essere interpretato nel senso che qualora la edificabilità di un terreno sia subordinata dal P.R.G. alla approvazione di uno strumento urbanistico attuativo, il terreno può essere qualificato come area edificabile sotto il profilo fiscale solo a seguito della entrata in vigore di tale strumenti, in quanto in sua assenza non vi è alcuna possibilità nè legale nè effettiva di edificazione. Cita a proposito giurisprudenza passata di questa Corte. Rileva che in ogni caso la semplice inserzione dei terreni nel piano regolatore generale in assenza dello strumento attuativo determina un minor valore dell’area, rispetto a quello applicato dal Comune, e sostiene che non possono essere irrogate le sanzioni di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 14, comma 2 sussistendo condizioni di obbiettiva incertezza sul significato e la portata della norma di cui sopra, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6.
I ricorrenti prendono atto della entrata in vigore della L. n. 248 del 2005, che ha convertito in legge con modificazioni il D.L. 30 settembre 2005, n. 203, il cui art. 11, comma 16 ha introdotto una norma interpretativa, per cui “ai fini della applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, la disposizione prevista dall’art. 2, comma 1, dello stesso Decreto si interpreta nel senso che una area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dalla adozione di strumenti attuativi del medesimo.” Sostiene a tale proposito la incostituzionalità della legge per violazione degli artt. 3 e 53 Cost. e art. 97 Cost., comma 1 in quanto crea disparità di trattamento tra soggetti che possono disporre direttamente della capacità edificatoria per intervenuta approvazione dello strumento attuativo particolareggiato e quelli che in assenza di tale strumento non possono procedere in tal senso per divieto del PRG, con ingiustificata equiparazione nel trattamento fiscale di soggetti in condizioni diverse tra loro, e dell’art. 77 Cost., comma 2 per carenza del requisito di necessità ed urgenza per adottare la forma del decreto legge nel caso specifico.
Il primo motivo è infondato.
Nella redazione della sentenza, il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, essendo sufficiente che esponga in maniera concisa gli elementi in fatto e diritto posti a base della decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi i rilievi che siano incompatibili od inconferenti con la soluzione adottata ed il percorso argomentativo seguito. (Cass. n. 24542 del 2009).
Nella specie, il “thema decidendum” era se per la qualificazione a fini fiscali di una area come fabbricabile fosse sufficiente la inserzione della stessa nel P.R.G. ovvero fosse necessaria la adozione di uno strumento attuativo particolareggiato, che ne consentisse la edificabilità in concreto. Avendo la Commissione Regionale con congrua motivazione adottato come valido il primo criterio, il secondo deve considerasi per implicito disatteso. Non sussiste quindi il vizio di omessa pronuncia, nè può ritenersi l’argomento in questione capo autonomo di impugnazione, essendo connesso in modo alternativo al precedente, con cui formava un unico motivo.
Anche il secondo mezzo non è fondato, in quanto le argomentazioni esposte, che nel passato hanno avuto anche riscontri giurisprudenziali positivi, sono state travolte dalla legge di interpretazione autentica sopra citata, avente come tale effetto retroattivo, che ha confermato in via definitiva la tesi, peraltro anch’essa fondata su precedenti conformi riscontri giurisprudenziali, che per la qualificazione di una area come edificabile a fini fiscali (ICI) è sufficiente la inserzione nel P.R.G. a prescindere dalla esistenza di uno strumento ulteriore che consenta la edificabilità immediata.
Quanto ai rilievi svolti in via subordinata in ordine al ridotto valore dell’area fabbricabile in carenza di uno strumento attuativo che consenta la edificazione, ed alla non irrogabilità delle sanzioni di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 14, comma 2, ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6 per obbiettiva incertezza, all’epoca, sulla sussistenza o meno del presupposto impositivo, gli stessi sono carenti di autosufficienza. Poichè manca ogni accenno a tali questioni nella sentenza impugnata, era onere dei ricorrenti dimostrate, con allegazioni o citazioni testuali, che le questioni erano state poste in giudizio e tradotte in motivi di impugnazione non esaminati dalla Commissione di appello.
Il motivo in relazione a tali punti è quindi inammissibile.
Del pari infondata è la proposta questione di incostituzionalità della legge di interpretazione autentica.
In relazione al primo punto prospettato, le tesi dei ricorrenti sono già state prese in esame e rigettate dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 41 del 2008.
In questa, tra le altre argomentazioni si osserva che la edificabilità di un terreno in base al solo piano regolatore, anche se privo di strumenti attuativi, è sufficiente a fare lievitare il valore di mercato di detto terreno, e che è pertanto ragionevole che la normativa di interpretazione consideri edificabile, ai fini della determinazione dell’imponibile, una area che è considerata in concreto ancora non edificabile dalla normativa urbanistica, atteso che il valore venale è per tale solo fatto radicalmente difforme da quello dei suoli agricoli non edificabili. Non sussistono quindi, ad avviso della Corte, violazioni dei principi di capacità contributiva, di ragionevolezza e di uguaglianza.
Quanto al secondo punto, è sufficiente rilevare che la sussistenza del requisito di urgenza ai fini del ricorso al decreto legge è rimessa alla discrezionalità del Governo, ed in ogni caso che la urgenza derivava dalla necessità di porre fine ad una controversia interpretativa che durava da tempo.
Il ricorso deve quindi essere rigettato.
Le incertezze giurisprudenziali tuttora esistenti all’epoca di proposizione del ricorso giustificano la compensazione delle spese di questa fase di legittimità.
PQM
La Corte respinge il ricorso. Spese compensate.
Così deciso in Roma, il 13 aprile 2010.
Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010