Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15473 del 21/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/07/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 21/07/2020), n.15473

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 12087-2019 proposto da:

B.G., domiciliato in ROMA presso la Cancelleria della

Corte di Cassazione e rappresentato e difeso dall’avvocato

GIANDOMENICO DANIELE giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il

23/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/03/2020 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO.

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

La Corte d’appello di Firenze, con decreto n. 26 del 23/1/2019, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso il decreto emesso dal consigliere designato n. 1548/2018 ha rideterminato in Euro 800,00 la somma dovuta a B.G., quale erede di B.A., nei limiti della quota ereditaria dal medesimo vantata, condannando il Ministero anche alle spese di lite determinate nella somma di 225,00 per compensi ed Euro 27,00 per esborsi.

Nel decreto si dava atto che il giudizio presupposto concerneva la domanda proposta da B.A., dante causa del ricorrente, dianzi alla Corte dei Conti con ricorso del 21/11/1966 volta ad ottenere una pensione di guerra per infermità derivante da servizio.

Secondo il Ministero opponente, il decreto, che aveva in parte accolto le richieste del B., andava riformato nel senso che nulla spettava alla parte atteso che la domanda avanzata nel giudizio presupposto era palesemente infondata e che quindi doveva trovare applicazione la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2 quinquies.

La decisione impugnata osservava che il giudizio presupposto si era interrotto per morte del ricorrente nel 2014 e che era stato riassunto proprio da B.G. per essere poi definito con sentenza di rigetto passata in giudicato il 13 aprile 2018.

Tuttavia, alla luce dello sviluppo del giudizio pensionistico, che aveva visto riconosciute dal CTU delle patologie che però corrispondevano a quelle per le quali era già stato riconosciuto un compenso da parte dell’amministrazione, non poteva però reputarsi che l’originaria parte ricorrente fosse consapevole ab origine o in via sopravvenuta della infondatezza della propria domanda.

Passando quindi a determinare il periodo per il quale liquidare l’equo indennizzo, il decreto della Corte d’Appello rilevava che era stato richiesto solo l’indennizzo a titolo ereditario, non potendosi quindi tenere conto della durata successiva alla riassunzione del processo pensionistico a cura del ricorrente. Poichè la causa era stata introdotta in data 21 novembre 1966 e B.A. era deceduto il 10 settembre 1978, la durata del giudizio presupposto andava computata a far data dal 1 agosto 1973, allorquando era effettivamente entrato in vigore l’art. 6 della CEDU.

In relazione a tale data il processo aveva quindi avuto una durata pari ad anni 5, mesi 1 e giorni 9, dalla quale andava detratto il termine triennale previsto per la durata ragionevole del processo in primo grado, dovendo quindi riconoscersi l’indennizzo per anni 2, mesi 1 e giorni 9.

L’indennizzo era quindi determinato in complessivi Euro 800,00, da attribuirsi in proporzione della quota ereditaria del ricorrente.

Avverso tale decreto B.G. propone ricorso sulla base di tre motivi, cui resiste il Ministero dell’Economia e delle Finanze con controricorso.

Ritenuto che non ricorrano le ipotesi previste dall’art. 375, comma 1, nn. 1) e 5), e che la causa debba essere rimessa alla pubblica udienza della sezione semplice al fine di assicurare la trattazione unitaria con il ricorso n. 21008/2019 R.G..

P.Q.M.

Rimette la causa alla pubblica udienza della Seconda sezione civile onde procedere alla trattazione unitamente al ricorso n. 21008/2019 R.G.;

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2020

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