Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15467 del 22/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 22/06/2017, (ud. 19/04/2017, dep.22/06/2017),  n. 15467

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da

(OMISSIS) s.p.a., domiciliata in Roma, via Tommaso Salvini 55, presso

l’avv. Carlo D’Errico, che la rappresenta e difende unitamente agli

avv. Giuseppe Mercanti, prof. Massimo Fabiani, Giuseppe Piccoli,

come da mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) – spa, domiciliato in Roma, largo Giuseppe

Toniolo 6, presso l’avv. prof. Umberto Morena, che lo rappresenta e

difende con l’avv. prof. Roberto Sacchi, come da mandato in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 61/2014 della Corte d’appello di Trento,

depositata il 3 maggio 2014;

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott. Aniello Nappi;

Lette le conclusioni del P.M. che ha chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La (OMISSIS) spa impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Trento, sezione di Bolzano, che ne ha rigettato il reclamo contro la dichiarazione del suo fallimento.

I giudici del merito hanno ritenuto che fosse inammissibile la domanda di concordato preventivo depositata dalla (OMISSIS) spa, mentre risultava fondata la richiesta di fallimento proposta dal pubblico ministero, essendo palese Io stato di insolvenza del debitore.

La società fallita propone i seguenti sei motivi d’impugnazione.

1) Erroneamente i giudici del reclamo hanno giustificato la ribadita dichiarazione di inammissibilità del concordato con riferimento ad atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, che sarebbero stati compiuti durante la fase preconcordataria, mentre altre erano state le ragioni esibite dal tribunale; sicchè la corte d’appello ha violato i limiti della devoluzione previsti dalla L. Fall., art. 18, e dall’art. 345 c.p.c., in quanto si è fondata su fatti nuovi allegati nella memoria difensiva della curatela: e un conto è affermare che si possano dedurre nuove eccezioni altro conto è affermare che si possano dedurre nuovi fatti.

2) Erroneamente i giudici del merito hanno qualificato come eccedenti l’ordinaria amministrazione il licenziamento di un dirigente, con successiva stipulazione di transazione di riconoscimento di un debito di 120 mila Euro nei confronti del dipendente, e la conclusione di un contratto di appalto di servizi per 30 mila Euro, per di più applicando la sanzione dell’inammissibilità del concordato, non prevista nel testo della L. Fall., art. 161, vigente all’epoca.

3) Erroneamente i giudici del merito hanno considerato inattendibile l’attestazione allegata alla proposta di concordato, finendo in realtà per valutare indebitamente la fattibilità economica del piano concordatario.

4) Il giudizio di inattendibilità dell’attestazione è radicalmente privo di motivazione: si definisce incomprensibile l’attestazione, sol perchè espressa inevitabilmente in dati numerici; carente di criteri la valutazione di congruità della cessione del ramo di azienda, ma senza un’adeguata considerazione dei dati esposti; ingiustificata la mancata considerazione del conflitto di interessi del sig. Z., legale rappresentante della (OMISSIS) e anche socio e legale rappresentante di una delle società acquirenti, benchè tale doppio ruolo fosse notorio; incompleta la circolarizzazione dei crediti, senza tener conto della complessità delle obbligazioni connesse ai contratti di appalto; insufficienti le rettificazioni dei crediti commerciali, senza neppure leggere la situazione patrimoniale di riferimento.

5) In particolare è immotivata la qualificazione di incomprensibilità del piano concordatario, fondata soprattutto sull’affermazione di uno degli attestatori circa redazione di parte dell’attestazione prima della redazione del piano.

6) Erroneamente i giudici del merito hanno censurato la mancata indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell’attività d’impresa, che è invece necessaria solo quando il piano preveda che dai ricavi conseguiti con la prosecuzione dell’attività dipenda la soddisfazione dei creditori concordatari.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

2. Quanto al primo motivo, nella giurisprudenza di questa corte è indiscusso che al giudizio introdotto con il reclamo avverso la sentenza di fallimento non si applicano i limiti che l’art. 345 c.p.c., impone all’introduzione di nuove eccezioni nel giudizio d’appello (Cass., sez. 1^, 24/3/2014, n. 6835). E nuove eccezioni sono quelle fondate su fatti non allegati in precedenza, non certo quelle destinate a postulare diversi effetti giuridici per fatti già allegati, che sono rilevabili d’ufficio dal giudice anche nel giudizio d’appello (Cass., sez. I, 7/4/2000, n. 4392, Cass., sez. L, 15/3/2016, n. 5051).

In particolare, secondo la giurisprudenza di questa corte, “nel caso in cui la sentenza dichiarativa di fallimento faccia seguito ad un provvedimento di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, l’effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo avverso la sentenza di fallimento riguarda anche la decisione sull’inammissibilità del concordato, perchè parte inscindibile di un unico giudizio sulla regolazione concorsuale della stessa crisi, sicchè, ove il debitore abbia impugnato la dichiarazione di fallimento, censurando innanzitutto la decisione del tribunale sulla sua mancata ammissione al concordato, il giudice del reclamo, adito ai sensi della L. Fall., artt. 18 e 162, è tenuto a riesaminare, anche avvalendosi dei poteri officiosi previsti dalla L. Fall., art. 18, comma 10, tutte le questioni concernenti detta ammissibilità, pur attinenti a fatti non allegati da alcuno nel corso del procedimento innanzi al giudice di primo grado, nè da quest’ultimo rilevati d’ufficio, ed invece dedotti per la prima volta nel giudizio di reclamo ad opera del curatore del fallimento o delle altre parti ivi costituite” (Cass., sez. 1^, 22/6/2016, n. 12964).

3. Quanto al secondo motivo, va rilevato che, secondo la giurisprudenza di questa corte in tema di concordato preventivo, la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o straordinaria amministrazione dell’atto posto in essere dal debitore senza autorizzazione del giudice delegato, “deve essere compiuta dal giudice di merito tenendo conto che il carattere di atto di straordinaria amministrazione dipende dalla sua idoneità ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacità a soddisfare le ragioni dei creditori, in quanto ne determina la riduzione, ovvero lo grava di vincoli e di pesi cui non corrisponde l’acquisizione di utilità reali prevalenti su questi ultimi” (Cass., sez. 1^, 20/10/2005, n. 20291). E in realtà si ritiene più in generale che abbiano natura di straordinaria amministrazione, quando incidano significativamente sul patrimonio, le transazioni (Cass., sez. 2^, 25/8/1989, n. 3755).

Sicchè è plausibile la qualificazione come atti di straordinaria amministrazione sia del contratto di transazione con il dipendente licenziato sia del contratto di appalto di servizi controverso. Nè le conclusioni dei giudici del merito, circa l’inammissibilità del concordato, risultano tratte in termini di automaticità, bensì in ragione di una valutazione della portata fraudolenta di quegli atti.

4. Quanto ai restanti motivi del ricorso, si tratta di censure che attengono al giudizio di fatto plausibilmente motivato da parte dei giudici del merito in ordine all’idoneità della proposta di concordato e dell’attestazione di cui era corredato.

Secondo la giurisprudenza di questa corte, infatti, “in tema di concordato preventivo, il sindacato del giudice sulla fattibilità, intesa come prognosi di concreta realizzabilità del piano concordatario, quale presupposto di ammissibilità, consiste nella verifica diretta del presupposto stesso, sia sotto il profilo della fattibilità giuridica, intesa come non incompatibilità del piano con norme inderogabili, sia sotto il profilo della fattibilità economica, intesa come realizzabilità nei fatti del piano medesimo, dovendosi in tal caso, verificare unicamente la sussistenza o meno di un’assoluta e manifesta non attitudine del piano presentato dal debitore a raggiungere gli obiettivi prefissati, ossia a realizzare la causa concreta del concordato” (Cass., sez. 1^, 6/11/2013, n. 24970).

PQM

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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