Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15465 del 22/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 15465 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA
sul ricorso 4394-2014 proposto da:
MARINI GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DEGLI SCIPIONI, 267, presso lo studio dell’avvocato DANIELA
CARDO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MICHELE TORRE giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
80415740580;

– intimato –

Data pubblicazione: 22/07/2015

avverso il decreto nel procedimento n. 59528/2009 R.V.G. della
CORTE D’APPELLO di ROMA del 30/09/2013, depositato il
13/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
09/04/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;

al ricorso.

Ric. 2014 n. 04394 sez. M2 – ud. 09-04-2015
-2-

udito l’Avvocato Michele Torre difensore del ricorrente che si riporta

IN FATTO
Con ricorso del 14.10.2009 Giovanni Marini adiva la Corte d’appello di
Roma per ottenere la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze
al pagamento di un equo indennizzo, ai sensi della legge n. 89/01. Giudizio

Sardegna con ricorso del 29.9.1999, per il rimborso di oneri relativi ad una
domanda di condono edilizio, definito con sentenza del medesimo TAR in
data 29.5.2009.
Resisteva il Ministero.
Con decreto del 3.12.2013 la Corte d’appello, calcolata la durata
complessiva del giudizio presupposto in circa nove anni, e stimata la durata
eccedente il limite di ragionevolezza in cinque anni e nove mesi, liquidava in
favore del ricorrente a titolo di equo indennizzo la somma di € 5.000,00, sulla
base di un moltiplicatore di E 750,00 per ciascuno dei primi tre anni di ritardo
e di E 1.000,00 per ogni anno successivo. Compensava per ‘A le spese,
ponendo la restante frazione a carico del Ministero intimato, atteso l’elevato
divario tra la somma liquidata e quella (ammontante a 45.000,00 euro)
domandata.
Per la cassazione di tale decreto Giovanni Marini ricorre in base a tre
motivi, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è rimasto intimato.
Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in
forma semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE

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presupposto un processo amministrativo instaurato dal Marini innanzi al TAR

1. – Col primo mezzo d’annullamento è dedotta la violazione o falsa
applicazione degli artt. 2 legge n. 89/01 e 6 CEDU, in relazlene al n. 3
dell’art. 360 c.p.c., in quanto, assume il ricorrente, la Corte territoriale non
avrebbe potuto liquidare, in base all’orientamento della Corte EDU in casi

2. – Il secondo motivo prospetta, “in relazione all’art. 111 Cost. comma 6”
la “mancata motivazione sulla violazione dei limiti di indennizzo stabiliti
dalla CEDU”, in quanto, si sostiene, il giudice nazionale può discostarsi dai
limiti d’indennizzo stabiliti dalla Corte EDU solo in misura ragionevole e
sulla base di una congrua motivazione. Infatti, prosegue parte ricorrente, il
sistema di tutela dei diritti dell’uomo previsto dalla Convenzione si basa sui
principi di sussidiarietà e di effettività, che impongono agli Stati contraenti di
predisporre vie di ricorso interne idonee a prestare una protezione concreta,
senza necessità di adire la Corte europea.
3. – Col terzo motivo è dedotta la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione
al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., poiché la Corte territoriale ha parzialmente
compensato le spese nonostante il Marini non fosse risultato soccombente e
non ricorressero gravi ed eccezionali ragioni per giustificare la
compensazione. Pertanto, conclude, spetta al ricorrente il diritto alla rifusione
integrale delle Tese “per E 1.065,00, ovvero pari al doppio della somma
indicata nel decreto impugnato”.
4. – I primi due motivi, da esaminare congiuntamente per la loro stretta
connessione, sono infondati.
La giurisprudenza di questa Corte si è ormai assestata nel senso che, se è
vero che il giudice nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi ai criteri
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simili, somme inferiori a 1.500,00 euro per ogni anno di ritardo.

di liquidazione elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (secondo
cui, data l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno
e non indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non patrimoniale
deve essere, di regola, non inferiore a E 750,00 per ogni anno di ritardo, in

1.000,00 per quelli successivi), permane tuttavia, in capo allo stesso giudice,
il potere di discostarsene, in misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle
peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di positiva
smentita di detti criteri, dei quali deve dar conto in motivazione (Cass. nn.
18617/10, 17922/10, 14753/10, 3271/11, e 5914/12; tra le ultime, v. n.
2309/15). Detto indirizzo, che si conforma a quello della Corte EDU (cfr.
sentenze Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010 e Falco et autres c. Italia,
del 6 aprile 20101, conduce a ritenere legittimo, per i giudizi amministrativi
protrattisi per oltre dieci anni, liquidare un indennizzo di 500,00 per ogni
anno di ritardo.
Pertanto, l’importo di

e

750,00 per ogni anno di ritardo, liquidato nella

fattispecie dalla Corte territoriale, è del tutto conforme alla giurisprudenza sia
della Corte di Strasburgo sia di questo S.C. (cfr. ex multis, Cass. n. 8471/12),
atteso che anche un importo inferiore (purché non al di sotto di € 500,00 ad
anno) avrebbe potuto non essere illegittimo (cfr. Cass. nn. 18617/10,
17922/10, 14753/10, 3271/11, e 5914/12; tra le ultime, v. n. 2309/15).
5. – Il terzo motivo è fondato.
L’accoglimento parziale della domanda, che legittima la compensazione
delle spese ai sensi dell’art. 92, 2° comma c.p.c., si verifica allorché il giudice
ritenga fondata solo una o più delle varie domande proposte, ovvero accolga
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relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a E

l’unica domanda in misura inferiore all’ammontare preteso. Tale ultima
ipotesi non si verifica nel procedimento d’equa riparazione ex lege n. 89/01,
connotato, causa l’assenza di strumenti di predeterminazione anticipata del
danno e del suo ammontare, dal potere del giudice d’individuare in maniera

dominio, così anche) alla previsione della parte. Quest’ultima, nel precisare
l’ammontare della somma richiesta a titolo di danno non patrimoniale, non
completa il petitum della domanda tematizzandola sotto il profilo quantitativo,
ma sollecita (a prescindere dalle espressioni adoperate) l’esercizio di un
potere di liquidazione interamente ufficioso.
Ne deriva che la liquidazione dell’indennizzo in base ad un moltiplicatore
annuo inferiore a quello invocato dalla parte, non costituisce accoglimento
parziale della domanda e non giustifica, pertanto, la compensazione delle
spese.
3. – Il decreto impugnato va, dunque, cassato in relazione al motivo
accolto. Non necessari ulteriori accertamenti, va emessa sentenza sostitutiva
ai sensi dell’art. 384, 2° comma, seconda ipotesi, c.p.c., escludendo la
compensazione delle spese del grado di merito.
4. – Dato l’accoglimento — questo sì parziale — del ricorso, le spese del
presente giudizio di cassazione vanno compensate per Y2, ponendo la restante
frazione a carico del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
P. Q. M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, respinti gli altri, cassa il
decreto impugnato e decidendo nel merito elide la compensazione delle spese
relative al procedimento innanzi alla Corte d’appello; compensa per ‘A le
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autonoma l’indennizzo dovuto, secondo criteri che sfuggono (come al

spese del presente giudizio di cassazione, liquidate per l’intero in € 500,00,
oltre spese forfettarie ed accessori di legge, ponendo la restante frazione a
carico del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile –

2 della Corte Suprema di Cassazione, il 9.4.2015.

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