Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15464 del 22/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 22/06/2017, (ud. 07/02/2017, dep.22/06/2017),  n. 15464

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1877/2014 proposto da:

Curatela del Fallimento (OMISSIS) S.r.l. (p.i. (OMISSIS)), in persona

del curatore C.F., elettivamente domiciliata in Roma, Via

G.G. Belli n. 27, presso l’avvocato Mereu Giacomo, rappresentata e

difesa dall’avvocato Fabiani Fabrizio, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Mediocredito Trentino Alto Adige S.p,a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via

Lazio n. 20-c, presso l’avvocato Coggiatti Claudio, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Gianmarco Enrico,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il provvedimento del TRIBUNALE di LIVORNO, depositato il

06/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2017 dal Cons. Dott. DI VIRGILIO ROSA MARIA;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato Claudio Coggiatti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale SALVATO

Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Mediocredito Trentino Alto Adige chiedeva l’ammissione al passivo del Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in via privilegiata ipotecaria per il credito di Euro 749.595,02, derivante da mutuo; il G.D. ammetteva al privilegio per la minor somma di Euro 125.000,00; il Tribunale di Livorno, con decreto del 5-6 dicembre 2013, ha accolto l’opposizione allo stato passivo del Mediocredito; nello specifico, ha respinto la richiesta di sospensione ex art. 295 c.p.c., stante la pendenza del giudizio risarcitorio rgn. 2238/2013, promosso dalla Curatela facendo valere la responsabilità della Banca ex art. 2049 c.c., rilevando che il controcredito opposto in compensazione non era liquido, essendo litigioso, nè connesso con quello oggetto del procedimento ma solo eventualmente riferibile al medesimo fatto; nel merito, ha ritenuto non contestata l’erogazione del mutuo e che, quanto all’eccezione del Fallimento dell’erogazione delle rate di mutuo a fronte degli stati di avanzamento dei lavori falsamente attestati dal geom. P., tecnico della Banca, con l’avallo del direttore e di altri funzionari che si erano appropriati di dette somme, l’istituto ben si sarebbe potuto rivalere, così come la curatela, nei confronti degli interessati e della banca.

Ricorre avverso detta pronuncia il Fallimento sulla base di due motivi. Si difende il Mediocredito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1.- Col primo motivo, il Fallimento denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1241, 1242 e 1243 c.c., in relazione agli artt. 274 e 295 c.p.c..

Sostiene che, in applicazione del principio recentemente affermato dal S.C. nella sentenza 23573/2013, il giudice dell’opposizione avrebbe dovuto, qualora possibile, rimettere la causa ex art. 274 c.p.c., al Presidente del Tribunale per la riunione dei giudizi, alternativamente, in caso ciò non fosse stato possibile, sospendere il giudizio di opposizione sino alla definizione con sentenza passata in giudicato del giudizio di accertamento del controcredito opposto dalla curatela e che nella specie si sarebbe dovuto seguire detta seconda via, per la probabile competenza funzionale sulla causa pregiudicante del Tribunale delle Imprese territorialmente competente.

1.2.- Col secondo, denuncia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., artt. 52, 95 e 96, anche in relazione all’art. 295 c.p.c.; sostiene che è pacifica l’erogazione di quota pari al 75% del totale del mutuo concesso a fronte della edificazione del solo 20% del complesso immobiliare finanziato e dato che oggi detto complesso immobiliare vale molto meno di quanto stimato all’atto del finanziamento, stante il prematuro arresto delle opere, riconoscere il privilegio ipotecario per tutto il credito insinuato vuol dire pregiudicare la corretta graduazione dei creditori in relazione ai futuri eventuali riparti.

2.1.- Il primo motivo è infondato.

Va premessa l’ammissibilità del motivo, alla stregua del principio affermato nelle pronunce di questa Corte del 1/8/2007, n. 16992 e del 22/472013, n. 9714/2013, secondo il quale la mancata sospensione del giudizio, nei casi in cui se ne assume la necessarietà, integra un vizio della decisione, astrattamente idoneo ad inficiare la successiva pronuncia di merito; essa, traducendosi nella violazione di una norma processuale, ricade nella previsione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, ed è quindi deducibile con il ricorso per cassazione avverso la sentenza che contenga eventuali provvedimenti sulla sospensione, ovvero ribadisca o modifichi precedenti ordinanze adottate in materia nella fase dell’istruzione della causa, fermo restando che eventuali provvedimenti di sospensione, se positivi, sono autonomamente impugnabili con istanza di regolamento di competenza, ai sensi dell’art. 42 c.p.c., come sostituito dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, art. 6.

Il Fallimento invoca la giurisprudenza di cui alla sentenza di questa Corte del 17/10/2013, n. 23573, secondo cui la circostanza che l’accertamento di un credito risulti sub iudice non è di ostacolo alla possibilità che il titolare lo opponga in compensazione al credito fatto valere in un diverso giudizio dal suo debitore: in tal caso, se i due giudizi pendono innanzi al medesimo ufficio giudiziario, il coordinamento tra di essi deve avvenire attraverso la loro riunione, all’esito della quale il giudice potrà procedere nei modi indicati dell’art. 1243 c.c., comma 2; se, invece, pendono dinanzi ad uffici diversi (e non risulti possibile la rimessione della causa, ai sensi dell’art. 40 c.p.c., in favore del giudice competente per la controversia avente ad oggetto il credito eccepito in compensazione), ovvero il giudizio relativo al credito in compensazione penda in grado di impugnazione, il coordinamento dovrà avvenire con la pronuncia, sul credito principale, di una condanna con riserva all’esito della decisione sul credito eccepito in compensazione e contestuale rimessione della causa nel ruolo per decidere in merito alla sussistenza delle condizioni per la compensazione, seguita da sospensione del giudizio – ai sensi, rispettivamente, dell’art. 295 c.p.c. e art. 337 c.p.c., comma 2 – fino alla definizione del giudizio di accertamento del controcredito.

Tale principio è stato superato dalla pronuncia delle Sezioni unite del 15/11/2015, n. 23225, secondo cui in tema di compensazione dei crediti, se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale o in altro già pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione, il giudice non può pronunciare la compensazione, neppure quella giudiziale, perchè quest’ultima, ex art. 1243 c.c., comma 2, presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo; in tale ipotesi, resta pertanto esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, ed è parimenti preclusa l’invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall’art. 295 c.p.c., o dall’art. 337 c.p.c., comma 2, in considerazione della prevalenza della disciplina speciale dell’art. 1243 c.c..

2.2.- Il secondo motivo è inammissibile.

Il motivo, infatti, non solo postula la non contestazione di dati di fatto che non emergono dalla sentenza impugnata (nè la parte indica quando e con quale atto li avesse fatti valere nel giudizio di merito), ma palesa la non corretta esegesi del decreto impugnato, che ha ammesso il Mediocredito al passivo per la somma erogata in concreto, ritenendo non rilevante la pretesa illegittimità dell’erogazione delle somme in oggetto, che potrà essere fatta valere dalla Curatela in sede di azione verso i dipendenti della Banca o verso quest’ultima.

3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 7000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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