Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15462 del 22/06/2017


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Cassazione civile, sez. I, 22/06/2017, (ud. 19/04/2017, dep.22/06/2017),  n. 15462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13264/2014 proposto da:

Casse di Risparmio dell’Umbria S.p.a., (p.i. (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, Via Giuseppe Giulietti n.11, presso l’avvocato Antonini Diego,

rappresentata e difesa dall’avvocato Finocchi Salvatore;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) S.r.l., in persona del Curatore avv.

S.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via Silvio Pellico n.24,

presso l’avvocato Valvo Giuseppe, rappresentato e difeso

dall’avvocato Trabalza Folco, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 596/2013 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 27/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/04/2017 dal cons. SCALDAFERRI ANDREA;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale SOLDI Anna Maria, che conclude per il rigetto

del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Cassa di Risparmio dell’Umbria s.p.a. (che ha incorporato la originaria convenuta Cassa di Risparmio di Spoleto) ricorre per cassazione contro la sentenza della Corte d’appello di Perugia, depositata il 27 novembre 2013, che, in parziale accoglimento del gravame proposto dalla banca, ha confermato, limitatamente alla minor somma di Euro 165.645,97, la sentenza del Tribunale di Terni di accoglimento della domanda, proposta dal Fallimento della correntista (OMISSIS) s.r.l., di revocatoria di rimesse solutorie eseguite dalla società fallita nell’anno precedente la declaratoria del fallimento.

Resiste con controricorso l’intimata Curatela.

Fissata la adunanza in camera di consiglio a norma dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, il pubblico ministero ha depositato le proprie conclusioni scritte, rilevando come l’unico articolato motivo di ricorso sia in parte inammissibile ed in parte infondato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, da un lato, la violazione del principio di cui all’art. 112 c.p.c., dall’altro il vizio di “insufficiente ed omissione di motivazione” circa la sussistenza del requisito oggettivo e di quello soggettivo della azione revocatoria.

2. Quanto alla prima doglianza, premesso che nella citazione introduttiva del giudizio di primo grado il Fallimento aveva concluso e ribadito poi tali conclusioni nella comparsa di risposta in appello-chiedendo revocarsi ai sensi della L. Fall., art. 67, comma 2 tutte le rimesse eseguite dalla fallita su un determinato conto corrente nel periodo 24.6.97-24.6.98 per un totale di Euro 324.772,33 e che tanto il tribunale quanto la corte d’appello hanno accolto la domanda per somma inferiore, giova altresì evidenziare: a) che l’odierna ricorrente aveva, sia in primo che in secondo grado, eccepito la nullità della citazione per omessa indicazione specifica delle singole rimesse oggetto della domanda di revoca; b)che nella sentenza qui in esame la corte territoriale ha confermato il rigetto della eccezione richiamando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’indicazione del numero di conto corrente sul quale sono stati effettuati i versamenti, della loro natura di pagamenti e del periodo sospetto da prendersi in considerazione è idonea a rendere il convenuto in revocatoria edotto della pretesa azionata e ad escludere, pertanto, la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza dell’oggetto, non risultando necessaria, ai fini dell’individuazione del petitum e della causa petendi, anche la specificazione delle singole rimesse da prendere in considerazione, che la banca è in grado di individuare agevolmente essendo in possesso di tutta la documentazione relativa alle operazioni effettuate dal correntista. Il ricorrente non pare contestare l’affermazione, di per sè decisiva, di tali principi -che comunque risultano consolidati nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex multis: Cass. n. 1802/2013; n. 14552/2008; n. 14676/2007) -, bensì dolersi del fatto che “in sede di precisazione delle conclusioni” il Fallimento abbia ampliato la propria domanda “inserendo anche altre rimesse” oltre quelle individuate in un prospetto allegato alla citazione introduttiva di primo grado. La doglianza – con la quale la ricorrente sembra replicare ad un ultroneo richiamo, nella sentenza di appello, al prospetto in questione – si mostra tuttavia inammissibile, sia perchè rivolta contro una sola delle ratio decidendi esposte nella sentenza impugnata, sia perchè generica, priva com’è di ogni indicazione non solo in ordine alle pretese rimesse ulteriori ma anche alla sede processuale di primo o secondo grado in cui tale pretesa estensione sarebbe avvenuta, tenendo anche presente che, nel primo caso, il ricorrente avrebbe dovuto anche indicare se, ed eventualmente come, in atto di appello fosse stata dedotta l’illegittimità di tale estensione.

2. Quanto poi alla denunzia di vizi di motivazione, essa si mostra in parte infondata, in parte inammissibile. Infondata con riguardo alla pretesa omissione di motivazione circa il requisito oggettivo della revocatoria, cioè al carattere solutorio delle rimesse revocate, la cui sussistenza risulta invece giustificata nella sentenza impugnata mediante relatio al contenuto puntuale ed analitico della relazione del consulente d’ufficio, come riassunto nell’allegato 4 alla consulenza. Inammissibile quanto alla dedotta insufficienza della motivazione circa il requisito soggettivo, non solo perchè tale vizio non è contemplato dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 introdotto dal D.L. n. 83 del 2012 (qui da applicarsi), ma soprattutto perchè (come fondatamente illustrato dal pubblico ministero) non coglie integralmente la ratio decidendi, dal momento che si concentra solo sulla insufficienza delle risultanze negative del bilancio al 31.12.1997 senza tenere in considerazione gli ulteriori profili posti a fondamento della decisione sul punto.

3. Il rigetto del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna della parte soccombente al pagamento delle spese di questo giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso in favore di controparte delle spese di questo giudizio, in Euro 4.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2017

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