Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15451 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 30/06/2010), n.15451

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BRAGLIA S.P.A. Elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Adriana n.

15, nello studio dell’Avv. DI PIETROPAOLO CLAUDIO, che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO, rappresentata e difesi dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, nei cui uffici in Roma, via dei Portoghesi,

1.2, sono domiciliati;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI REGGIO EMILIA, elettivamente dom.to in Roma, Lungotevere

Flaminio, n. 46, presso il Dott. Gian Marco Grez; rappresentato e

difeso dall’Avv. Santo Gnoni, giusta delega in atti;

– controricorrente –

Ministero dell’Economia e delle Finanze;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria dell’Emilia Romagna,

n. 55/21/05, depositata in data 15 giugno 2005;

Sentita la relazione del consigliere Dott. Pietro Campanile alla

pubblica udienza del 16 marzo 2010;

Sentito il difensore della Braglia s.p.a., Avv. Maria Cerulo, con

delega dell’Avv. Di Pietropaolo;

Sentito per il Comune di Reggio Emilia l’Avv. Gnoni e per l’Agenzia

del Territorio L’Avv. Generale dello Stato Anna Lidia Caputi

Ianbrenghi;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. Wladimiro De Nunzio, il quale ha concluso per il rigetto del

ricorso.

 

Fatto

1.1 – La Braglia S.p.a. presentava istanza all’Ufficio di Reggio Emilia dell’Agenzia del Territorio, chiedendo l’annullamento, in via di autotutela, dei provvedimenti di attribuzione delle rendite catastali relative ad immobili di categoria D, di sua proprietà, essendo stato erroneamente applicato, ai fini del calcolo, un saggio di redditività pari al 4 per cento.

Avverso il rigetto dell’istanza, motivata con riferimento al passaggio in giudicato della decisione con cui era stato definito il procedimento scaturito dall’impugnazione dell’atto di attribuzione della rendita, la società proponeva ricorso davanti alla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia.

1.2 – Successivamente, avendo il Comune di Reggio Emilia notificato avvisi di liquidazione con cui veniva a richiesto il versamento delle maggiori somme calcolate, in relazione all’ICI per gli anni dal 1993 al 1997, sulla base della rendita catastale definitiva, la società proponeva avverso gli stessi distinti atti di impugnazione, con i quali chiedeva – previa sospensione dei giudizi in attesa delle definizione di quello inerente all’impugnazione del diniego di autotutela – la declaratoria di illegittimità degli avvisi.

1.2 – La Commissione tributaria provinciale adita, previa riunione, rigettava tutti i ricorsi, osservando, in particolare, che l’esercizio del potere di autotutela incontrava il limite della cosa giudicata.

1.3 – Con la sentenza indicata in epigrafe la Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, Sezione distaccata di Parma, rigettava proposto l’appello della società nel confronti sia del Comune di Reggio Emilia che dell’Ufficio dell’Agenzia del territorio, compensando le spese processuali.

1.5 – Avverso tale sentenza la S.p.a. Braglia ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. Si sono difesi con controricorso l’Agenzia del Territorio e il Comune di Reggio Emilia.

Diritto

2.1 – Va preliminarmente dichiarata l’inammissibilità, per difetto di legittimazione, del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte del giudizio d’appello, instaurato avverso la sola Agenzia del territorio, nella sua articolazione periferica, dopo la data del 1 gennaio 2001, con implicita estromissione dell’ufficio periferico del Ministero (Cass., Sez. Un., n. 3166 del 2006).

Non vi è luogo per la regolazione – in parte qua – delle spese processuali, non avendo il Ministero intimato svolto attività difensiva.

2.2 – Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 287 del 1992, art. 68, e del D.M. 11 febbraio 1997, n. 37, art. 2, nonchè omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, nonchè omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.

I motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto fra loro intimamente connessi: con la prima censura si ribadisce la tesi secondo cui il limite della cosa giudicata, ai fini dell’esercizio del potere di autotutela, nel caso di specie non opererebbe, dal momento che le ragioni poste alla base dell’istanza di autotutela non erano state esaminate nei precedente giudizio di merito conclusosi con la determinazione della rendita catastale (si tratterebbe, in sostanza, del coefficiente di redditività, mentre l’oggetto della controversia era incentrato sulla determinazione del valore del bene); con il secondo profilo di doglianza, evidentemente subordinato all’altro dal punto di vista logico-giuridico, si sostiene la retroattività della rendita in caso di eliminazione dell’errore da parte dell’Agenzia del Territorio.

2.3 – L’impugnazione presuppone la fondatezza della tesi dell’impugnabilità, per ragioni di merito, del diniego di autotutela, che questa Corte, con un orientamento costante, non ha mai condiviso.

Giova, in proposito, richiamare il principio secondo cui, non dovendosi dubitare della giurisdizione tributaria in tema di diniego di autotutela da parte dell’amministrazione finanziaria, il sindacato del giudice dovrà riguardare, non solo l’esistenza dell’obbligazione tributaria (ove l’atto di esercizio del potere di autotutela contenga una tale verifica), ma prima di tutto il corretto esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione, nei limiti e nei modi in cui l’esercizio di tale potere può essere suscettibile di controllo giurisdizionale. Al riguardo è stato precisato che tale valutazione non può mai comportare la sostituzione del giudice all’amministrazione in valutazioni discrezionali, nè – per i limiti posti dalla L. 20 marzo 1865, n. 2248, art. 4, All. E – l’adozione dell’atto di autotutela da parte del giudice tributario. (Cass., Sez. Un., 23 aprile 2009, n. 9669; Cass. Sez. Un., 27 marzo 2007, n. 7388).

Ed invero l’invasione, da parte del giudice, della sfera discrezionale propria dell’esercizio dell’autotutela comporterebbe un superamento dei limiti esterni della giurisdizione attribuita alle commissioni tributarie. E stato quindi affermato che l’esercizio del potere in questione, che non richiede alcuna istanza di parte, non costituisce un mezzo di tutela del contribuente, sostitutivo dei rimedi giurisdizionali che non siano stati esperiti, anche se lo stesso finisce con l’incidere sul rapporto tributario e, quindi, sulla posizione giuridica del contribuente.

Dai principi sopra enunciati consegue, inoltre, che nel giudizio instaurato contro il mero, ed esplicito, rifiuto di esercizio dell’autotutela può esercitarsi un sindacato – nelle forme ammesse sugli atti discrezionali – soltanto sulla legittimità dei rifiuto, e non sulla fondatezza della pretesa tributaria, sindacato che costituirebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa (v anche Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2870).

Il tema della improponibilità – a seguito del diniego di autotutela – della domanda diretta a sindacare la legittimità, a ben vedere è più ampio della questione inerente ai limiti del giudicato, così come prospettata dalla ricorrente, che, suggerendo una distinzione fra questioni affrontate nel precedente giudizio di merito conclusosi con sentenza definitiva e questioni nuove, affronta il tema presupponendo come possibile ciò che in apicibus non appare consentito, vale a dire la proponibilità (o, meglio, la riproponibilità) della questione di merito, che non può costituire, per l’indicata ragione, oggetto di riesame da parte del giudice investito della mera legittimità del diniego di autotutela.

2.4 – Deve precisarsi, con riferimento all’ipotesi scrutinata, che anche l’affermazione secondo cui il limite del giudicato (intrinseco alla stessa norma invocata dalla ricorrente: D.M. n. 37 del 1997, art. 2) non opererebbe, in quanto nel giudizio inerente alla determinazione della rendita catastale sarebbe stata controversa questione diversa da quella posta alla base dell’istanza di autotutela, non può essere condivisa. Invero l’oggetto del giudicato deve essere individuato in base all’oggetto del processo, da identificarsi in base ai soggetti, al petitum e alla causa petendi, ragion per cui, avuto anche riguardo alla strumentalità della tutela giurisdizionale rispetto ai diritti azionati, viene in rilievo l’accertamento compiuto, con sentenza passata in giudicato, in relazione a una situazione giuridica (nel caso di specie, la rendita catastale), tale da assorbire sia le questioni dibattute nel giudizio, sia quelle che costituiscono una indispensabile premessa logico-giuridica della statuizione contenuta nella decisione definitiva (Cass. 3 ottobre 2005, n. 19317; Cass., Sez. Un., 16 giugno 2006, n. 13916).

2.5 – Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato, con condanna della Braglia S.p.a. al pagamento delle spese processuali relative al presente giudiziosi legittimità, che si liquidano come da dispositivo, nei confronti dell’Agenzia del Territorio e del Comune di Reggio Emilia.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Rigetta i ricorsi proposti nei confronti dell’Agenzia del territorio e del Comune di Reggio Emilia, e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge, in favore di ciascuna delle parti controricorrenti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

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