Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15451 del 14/07/2011

Cassazione civile sez. III, 14/07/2011, (ud. 08/04/2011, dep. 14/07/2011), n.15451

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SEGRETO Antonio – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 31189/2006 proposto da:

B.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MONTE ZEBIO 9, presso lo studio dell’avvocato DE ARCANGELIS

Giorgio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GRACIS

ALESSANDRO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AXA ASSICURAZIONI S.P.A. (OMISSIS) (già UAP ITALIANA S.P.A.) in

persona del suo procuratore Dott. C.M., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA OTRANTO 36, presso lo studio dell’avvocato

MASSANO Mario, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

POGGI FRANCESCO giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

F.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1145/2006 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

SEZIONE QUARTA CIVILE, emessa il 31/05/2006, depositata il 02/08/2006

R.G.N. 1449/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/04/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito l’Avvocato DE ARCANGELIS GIORGIO;

udito l’Avvocato MASSANO MARIO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 2/8/2006 la Corte d’Appello di Venezia dichiarava l’inammissibilità del gravame proposto dal sig. B.F. per la revocazione dell’ordinanza del G.I. Trib. Treviso 30/12/1998, “divenuta definitiva per effetto di rinunzia alla sentenza delle parti intimate”, emessa ex art. 186 quater c.p.c., nella controversia dal medesimo introdotta con domanda proposta nei confronti dei sigg.ri F.F., B.P. nonchè della società Uap Italiana s.p.a. di risarcimento dei danni subiti in conseguenza di sinistro stradale.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il B. propone ora ricorso per cassazione affidato a 2 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la società Axa Assicurazioni s.p.a. (già Uap Italiana s.p.a.).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo il ricorrente denunzia insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 2^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Il ricorso va dichiarato inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366 bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366 bis c.p.c., dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108), e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e da applicarsi in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (da ultimo v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel caso il motivo con il quale si denunzia error in procedendo non reca il prescritto quesito di diritto.

L’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, è infatti applicabile anche al ricorso per revocazione avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006, con la conseguenza che la formulazione del motivo deve risolversi nell’indicazione specifica, chiara ed immediatamente intelligibile, del fatto che si assume avere costituito oggetto dell’errore e nell’esposizione delle ragioni per cui l’errore presenta i requisiti previsti dall’art. 395 c.p.c. (v. Cass., Sez. Un., 30/10/2008. n. 26022).

Al riguardo, si noti, la necessità del quesito di diritto si spiega in ragione della circostanza che l’errore revocatorio ex art. 395 c.c., comma 1, n. 4, si sostanzia pur sempre in un error in procedendo del giudice, riverberante non già sotto il profilo della valutazione – per il quale trova applicazione l’art. 112 c.p.c. (al riguardo, in ordine alla necessità del quesito, v. da ultimo Cass., 12/10/2010, n. 21081; Cass., 26/1/2010, n. 1405. V. altresì Cass., 26/10/2009, n. 22578; Cass., 23/2/2009, n. 4329. Contra v. peraltro Cass., 10/9/2009, n. 19558) – bensì dell’erronea percezione dei fatti di causa quali emergenti, nella loro ontologica realtà, dagli atti di giudizio (in termini, cfr. quanto affermato, da ultimo, da Cass., 12/10/2010, n. 21081).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, a completamento della relativa esposizione esso deve indefettibilmente contenere la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.).

Al riguardo, si è precisato che rispetto alla mera illustrazione del motivo l’art. 366 bis c.p.c., impone un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile, ai fini dell’assolvimento del relativo onere essendo pertanto necessario che una parte del medesimo venga a tale indicazione “specificamente destinata” (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002).

Orbene, nel caso il motivo con il quale si denunzia vizio di motivazione non reca la “chiara indicazione” – secondo lo schema e nei termini più sopra indicati – delle relative “ragioni”, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, con interpretazione che si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (cfr. Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).

I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 2.500,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2011

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