Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15450 del 21/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 21/07/2020), n.15450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33589-2018 proposto da:

L.S., O.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

VARRONE 9, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VANNICELLI,

rappresentati e difesi dall’avvocato GIAN CARLA MOSCATTINI;

– ricorrenti –

contro

AGRA – AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 637/2018 del TRIBUNALE di MODENA, depositata

il 12/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/02/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO

PORRECA.

Fatto

CONSIDERATO

che:

L.S. proponeva opposizione a norma dell’art. 617 c.p.c., avverso cartelle di pagamento notificatagli da Agea, Agenzia per le erogazioni in agricoltura, incaricato della riscossione di settore, deducendo l’illegittimità delle stesse per mancata indicazione dei criteri di calcolo degli interessi, della sorte capitale, e per mancata indicazione del responsabile del procedimento;

il Tribunale dichiarava il difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo rilevando che la domanda afferiva, più che a vizi relativi alla regolarità formale del titolo ovvero di singoli atti procedimentali, al merito della pretesa, concernente prelievi in materia di prodotti lattieri;

avverso questa decisione ricorre per cassazione L.S. articolando due motivi, corredati da memoria.

Diritto

RITENUTO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione dell’art. 112 c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe errato mancando di pronunciare sulla domanda di nullità della cartella per omessa indicazione del responsabile del procedimento;

con il secondo motivo si prospetta la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, poichè il Tribunale avrebbe omesso di esplicitare le ragioni dell’omissione di pronuncia sulla deduzione di mancata indicazione del responsabile del procedimento, riguardo alla quale sussisteva la giurisdizione del giudice ordinario come ammesso dalla stessa controparte nel riportare le modalità di impugnazione dell’atto;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

il ricorso è inammissibile;

infatti, a fronte di una pubblicazione della sentenza avvenuta il 12 aprile 2018, la notifica del ricorso risulta essere stata effettuata il 12 novembre 2018, ovvero, assumendo trattarsi di opposizione agli atti esecutivi, oltre il termine semestrale, applicabile “ratione temporis”, non dilatato dalla sospensione feriale dei termini inapplicabile a tali controversie (cfr., Cass., 11/01/2012, n. 171, che specifica come il principio dell’apparenza comporta che anche il regime dei termini d’impugnazione è quello correlato alla qualificazione pronunciata);

peraltro, il Tribunale, diversamente da quanto ritenuto in ricorso, ha implicitamente quanto univocamente qualificato la domanda come contestazione del merito della pretesa creditoria, ovvero come opposizione all’esecuzione, piuttosto che – secondo le indicazioni prospettategli dalla parte – opposizione formale ad atti esecutivi (pag. 3 della sentenza impugnata);

ne consegue che la sentenza era inoltre appellabile operando, al riguardo, il principio dell’apparenza, per cui il regime di impugnazione va individuato in base alla qualificazione che il giudice “a quo” abbia dato all’azione proposta in giudizio e non in base al rito applicabile (Cass., n. 171 del 2012, cit.),

spese secondo soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali della controricorrente liquidate in Euro 15.000,00, oltre a Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15 per cento di spese forfettarie, oltre accessori legali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2020

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