Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15448 del 30/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 30/06/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 30/06/2010), n.15448

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso n. 6868/2005 e n. 10011/2005 proposto da:

AZIENDA TRASPORTI BERGAMO S.p.a., elettivamente domiciliata in Roma,

Viale Parioli n. 33, nello studio dell’Avv. Prof. D’Ayala Valva

Francesco, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

DANSAR S.r.l., già Dansar Affissioni di Sarmenti Gian Luigi,

Elettivamente dom.ta in Roma, Viale Angelico, n. 38, nello studio

dell’Avv. Del Vecchio Sergio, che la rappresenta e difende, anche

disgiuntamente, con l’Avv. Aldo Pignatelli, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria della Lombardia, n.

186/63/04, depositata in data 13 dicembre 2004;

Sentita la relazione del consigliere Dott. Pietro Campanile alla

pubblica udienza del 16 marzo 2010;

Sentito il difensore della Dansar s.r.l. Avv. Sergio del Vecchio;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. Wlademiro De Nunzio, il quale ha concluso per l’accoglimento

del ricorso principale e per il rigetto dell’incidentale;

Lette le note d’udienza presentate dall’Avv. Sergio Del Vecchio.

 

Fatto

1.1 – L’Azienda Trasporti Bergamo S.p.a. impugnava con distinti ricorsi vari avvisi di accertamento relativi all’imposta di pubblicità, emessi dalla Dansar S.r.l., concessionaria per i Comuni di Sorrisole, Villa Di Serio, Azzano S. Paolo e Ponteranica, deducendo, in via principale, l’inapplicabilità del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 13, comma 2, in relazione agli autobus, recanti, all’esterno, messaggi pubblicitari, che – si sosteneva – non effettuavano, se non in via del tutto occasionale, servizi di trasporto interurbano.

La Dansar s.r.l., costituitasi, eccepiva l’infondatezza delle opposizioni.

1.2 – I ricorsi, presentati nella loro quasi totalità dall’Avv. Pietro Gaggioli, dell’Ufficio Legale del Comune di (OMISSIS), venivano riuniti, a gruppi, in vari procedimenti, e quindi decisi – con parziale accoglimento consistente nell’esclusione delle sanzioni e con compensazione delle spese processuali – dalla Commissione tributaria provinciale di Bergamo.

1.3 – La Commissione tributaria regionale della Lombardia, Sezione distaccata di Brescia, con la decisione indicata in epigrafe, previa riunione di tutti i procedimenti scaturiti dagli appelli proposti dall’Azienda Trasporti di Bergamo e, in via incidentale, dalla Dansar s.r.l., riteneva fondata ed assorbente l’eccezione di inammissibilità dei ricorsi introduttivi sollevata dalla predetta Dansar in relazione alla sentenza n. 252 del 2002 – ma estensibile agli altri giudizi, in quanto rilevabile d’ufficio – e fondata sulla carenza di jus postulandi del difensore Avv. Gaggioli, in quanto appartenente all’Ufficio legale del Comune di (OMISSIS) e quindi inabilitato ad esercitare la professione legale in favore di soggetti, come l’A.T.P. S.p.a., aventi diversa ed autonoma soggettività giuridica rispetto al predetto ente territoriale.

1.4 Avverso tale decisione ha proposto ricorso, chiedendone la Cassazione sulla base di tre motivi, l’Azienda Trasporti Bergamo S.p.a..

Si è difesa con controricorso la Dansar S.r.l., proponendo ricorso incidentale e depositando memoria e note dr udienza.

Diritto

2 – Preliminarmente va disposta, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi, in quanto proposti nei confronti della medesima decisione.

3.1 – Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, degli artt. 10, 12, 27, 18 e 83 c.p.c.; del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 3, comma 4, come successivamente modificato, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5. Vengono, sostanzialmente, dedotti due profili: il primo, riguardante una insufficiente esposizione dello svolgimento del processo, con particolare riferimento a tutti i procedimenti, diversi da quello in cui la questione della carenza di ius postulandi era stata espressamente sollevata; il secondo in merito all’estensione dell’inammissibilità anche a quei ricorsi non sottoscritti dal predetto appartenente all’Ufficio legale del Comune, bensì dall’Avv. Pietro Antonio Biancato, iscritto all’albo ordinario degli avvocati del Foro di Bergamo.

3.2 – Il primo profilo non può essere condiviso, in quanto la decisione impugnata, soprattutto nella parte espositiva, compie, nella maniera concisa richiesta dalla norma contenuta nel D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36 un’esauriente descrizione dello svolgimento del processo e dei temi oggetto della controversia: per il. vero, il tratto essenziale della questione rilevante ai fini del giudizio è esposto nella parte più squisitamente motiva, ma ciò non è ostativo all’individuazione del contenuto della decisione (Cass., 4 marzo 2002, n. 3066). La Commissione tributaria regionale, invero, dopo aver osservate, con riferimento al ricorso in primo grado “deciso dalla sesta sez. con la sentenza n. 252 del 2002”, che era stata eccepita dalla Dansar S.r.l. “la carenza di ius postulandi del difensore dell’A.T.B.”, in quanto “iscritto nell’elenco speciale di cui al R.D.L. 21 novembre 1933, n. 1578, art. 3, comma 4,”, ritiene di dover esaminare in via preliminare detta eccezione, che “vale anche per i ricorsi nei quali non è stata espressamente sollevata, trattandosi di questione rilevabile d’ufficio”.

Non sussiste, pertanto, la denunciata violazione, in quanto, secondo un orientamento consolidato di questa Corte, l’assenza della concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, nelle decisioni della commissioni tributarie, vale a integrare un motivo di nullità della decisione soltanto se tale omissione impedisca totalmente, non risultando in alcun modo richiamati i tratti essenziali della lite, neppure nella parte motiva, di individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella pronunzia (Cass., 28 novembre 2005, n. 25138; Cass., 26 febbraio 2001, n. 2781, in relazione al previgente, ma analogo, del D.Lgs. n. 636 del 1972, art. 37).

Appare del tutto evidente come nella decisione impugnata siano esposti, in maniera adeguatamente congrua, i termini de l’eccezione pregiudiziale sollevata dalla Dansar. Invero, nella misura in cui si da atto della sua estensibilità anche ai ricorsi per i quali la stessa non è stata espressamente sollevata, si afferma, in maniera implicita, ma chiara, l’identità del presupposto, vale a dire la presentazione di tutti i ricorsi che hanno dato luogo ai procedimenti riuniti per il tramite del difensore iscritto nell’albo speciale.

3.3 – Deve quindi constatarsi, in base a quanto da ultimo rilevato, che l’apprezzamento (erroneo) consistente nell’attribuzione della qualità di difensore, in tutti i ricorsi, al suindicato Avv. Gaggioli, derivante da una percezione, difforme al vero, di specifiche risultanze processuali, dedotto con il secondo profilo di censura del motivo in esame, concreta un vizio di natura squisitamente revocatoria, con conseguente inammissibilità della doglianza così come proposta.

Giova precisare, a tale riguardo, che la configurabilità dell’errore di fatto nella valutazione di determinate situazioni processuali, ai fini della revocazione a norma dell’art. 395 c.p.c., n. 4, non può ritenersi esclusa allorchè tale valutazione sia implicita, in quanto anche in tale ipotesi la valutazione (pur non espressa) del giudice ben può eventualmente essere inficiata da una percezione inesatta dello stato del processo (Cass., 25 agosto 2003, n. 12483).

3.4 – Tanto premesso, vale bene rimarcare che, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, l’errore revocatorio, previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, è quello dovuto alla falsa percezione di una circostanza decisiva in contrasto con quanto manifestamente emergente dagli atti, ossia l’errore che, consistendo in una mera svista materiale, abbia indotto il giudice ad affermare o supporre l’esistenza di un fatto che i documenti e gli atti di causa escludevano, ovvero l’inesistenza di un fatto che, da tali atti e documenti, risultava invece positivamente affermato (Cass. S.U. 1997/5303; Cass. 1999/1232; 1999/12983; 2000/2057; 2004/9198; 2006/3190; 2006/7127; 2006/9396) … . La ratio decidendi della sentenza impugnata si fonda esclusivamente sulla carenza di ius postulandi in capo al predetto Avv. Gaggioli, in relazione a tutti i ricorsi, compresi quelli che, secondo la ricorrente, sarebbero da attribuirsi ad altro difensore. Appare quindi evidente il carattere decisivo dell’errore di percezione consistente nell’attribuzione della qualità di difensore al predetto avvocato dell’Ufficio legale del Comune di (OMISSIS), anche in relazione ai procedimenti ai quali egli era estraneo, come tale conducibile nell’ipotesi prevista dall’art. 395 c.p.c., n. 4, secondo un costante orientamento di questa Corte, che ha sempre ribadito, anche di recente (Cass. Sez. Un., 30 giugno 2009, n. 15227), che il fatto sul quale può cadere l’errore revocatorio – ovvero – sia quello risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (od escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati – può consistere anche (Cass. 18 febbraio 2009 n. 3935; Cass.(ord), 11 febbraio 2009 n. 3365 e 26 febbraio 2008 nn. 5075 e 5076; Cass, 22 giugno 2007 n. 14608; Cass., 12 marzo 2007 n. 5715) “nel contenuto degli atti processuali oggetto di cognizione del giudice, quali, ad esempio, la sentenza impugnata o gli atti di parte”, sempre che si tratti di “errori che consistano” – come appare evidente nella fattispecie scrutinata – “in un vizio di assunzione dei fatto e non di errori, nella valutazione ed inter-pretazione del fatto”.

4.1 – Con il secondo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, degli artt. 10, 12, 27, 18 e 83 c.p.c.; del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 3, comma 4, come successivamente modificato, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5.

Si sostiene, in relazione a tutti i ricorsi introduttivi, l’irrilevanza del vizio rilevato dalla Commissione tributaria regionale, in quanto sulla carenza dello ius postulandi in capo al predetto Avv. Giaggioli avrebbe dovuto far premio la diretta proponibilità delle opposizioni, per essere le controversie, singolarmente considerate (vale a dire a prescindere dei successivi provvedimenti di riunione), di valore inferiore rispetto a quello previsto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 12, comma 5, che prevede, in tali casi, la diretta proponibilità dei ricorsi ad opera delle parti interessate, le quali “possono stare in giudizio anche senza assistenza tecnica”.

4.2 – Il motivo non può essere apprezzato, a cagione della carenza di specificità. Giova in proposito rilevare, come, a fronte di una pluralità di ricorsi, alcuni dei quali relativi ad impugnazioni anche di una pluralità di avvisi di accertamento, si imponeva, in ossequio al principio di autosufficienza, l’indicazione del valore di ciascuno di essi, onde consentire alla Corte di verificare la fondatezza (ritenuto che la parte che sottoscrive la procura data al suo difensore a margine od in calce alla citazione è considerata aver sottoscritto l’atto e così avere emesso le dichiarazioni di natura negoziale in essa contenute (Cass. 17 luglio 1996 n. 6465; Cass., 2002, n. 16221), anche parziale, della censura. Come questa Corte ha costantemente ribadito, perchè possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito siano state rivolte una domanda o un’eccezione autonomamente apprezzabili, e, dall’altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell’ autosufficienza, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività, e, in secondo luogo, la decisività Cass., 9 ottobre 2008, n. 24791; Cass., 11 giugno 2008, n. 15462; Cass., 19 marzo 2007, n. 6361; la citata Cass. Sez. Un., n. 15781 del 2005).

4.3 – Del pari, se è vero che la Corte di Cassazione, allorquando viene denunziato un error in procedendo è anche Giudice del fatto ed ha il potere – dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia per il sorgere di tale potere – dovere è necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile ex officio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il “fatto processuale” di cui richiede il riesame, e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga, per il principio di autosufficienza del ricorso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari a individuare la dedotta violazione processuale (Cass., 23 gennaio 2004, n. 1170).

5.1 – Con il terzo motivo del ricorso principale si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 27, 18, 12 e 59 nonchè vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, deducendosi che non avrebbe dovuto rilevarsi l’inammissibilità dei ricorsi introduttivi, se non dopo aver previamente invitato la parte a regolarizzare il ricorso stesso, provvedendo a nominare un difensore.

5.2 – Il motivo è infondato.

Come già affermato da questa Corte, la procedura dell’invito a nominare un difensore, pregiudiziale secondo la lettura del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 12 di Corte Cost. n. 189 del 2000 – rispetto alla declaratoria in questione, si ritiene applicabile soltanto quando la parte sia “ab initio” priva di assistenza tecnica, e non già quando siano emersi vizi nel conferimento del mandato al difensore (Cass., 4 aprile 2008, n. 8778).

6 – A prescindere dal rigetto del ricorso principale, va dichiarata l’inammissibilità di quello incidentale, in quanto relativo a questione non esaminata nella decisione impugnata. Va, in proposito, richiamato il costante insegnamento di questa Corte, secondo cui, nel giudizio di cassazione, è inammissibile il ricorso (sia principale che, eventualmente, incidentale condizionato) con il quale si sollevano questioni che siano rimaste assorbite, avendo il giudice di merito attinto la “ratio decidendi” da altre questioni di carattere decisivo, in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio (Cass., 3 luglio 2008, n. 18202; Cass., 15 febbraio 2008, n. 3796).

7 – Ricorrono giusti motivi, avuto riguardo alla complessità dei temi trattati e alla reciproca soccombenza, per l’integrale compensazione delle spese processuali.

PQM

La Corte riunisce i ricorsi. Rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile quello incidentale e compensa le spese processuali del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 5^ sezione civile – tributaria, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 30 giugno 2010

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