Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15445 del 26/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 26/07/2016, (ud. 04/05/2016, dep. 26/07/2016), n.15445

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8619/2015 proposto da:

B.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZALE MEDAGLIE D’ORO 72, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

CIUFO, rappresentato e difeso dagli avvocati BENEDETTO VALERIO e

FRANCO CIUFO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.N.M. AZIENDA NAPOLETANA MOBILITA’ S.P.A., C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 96, presso lo studio

dell’avvocato LUCA DI PAOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato

FRANCESCO CASTIGLIONE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6556/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/10/2014, R.G. N. 4181/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2016 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE GALLINARO per delega orale FRANCO CIUFO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per l’inammissibilità o in

subordine per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 6556 del 18 ottobre 2014, rigettava l’impugnazione proposta da B.C. nei confronti dell’ANM – Azienda Napoletana Mobilità spa, avverso la sentenza emessa tra le parti dal Tribunale di Napoli, in data 4 gennaio 2013.

2. Il B., dipendente come autista di autobus parametro 159, aveva impugnato la destituzione dal posto di lavoro disposta in ragione di assenze ingiustificate, comunicatagli in data 27 giugno 2007.

3. Aveva premesso di essere stato detenuto presso la Casa circondariale di Frosinone dal 9 marzo 2007 al 12 marzo 2007, per poi essere posto agli arresti domiciliari presso il proprio domicilio in Napoli; di aver chiesto e ottenuto un periodo di aspettativa dal 15 marzo 2007 al 27 aprile 2007 e che, alla scadenza di detto termine, C.N., sindacalista aziendale, avrebbe depositato un’istanza, per conto di esso istante, al fine ottenere un nuovo periodo di aspettativa.

Esso ricorrente era poi venuto a conoscenza tardivamente, ovvero in tempi non più utili per rendere più giustificazioni, delle contestazioni disciplinari dell’Azienda, che gli imputava assenze ingiustificate nel periodo dal 27 aprile all’11 maggio 2007.

Esso ricorrente deduceva, altresì, di essere stato vittima di uno stato ansioso depressivo nel periodo in questione.

Tanto premesso impugnava la destituzione, 4. Il Tribunale rigettava la domanda.

5. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre il B., prospettando un motivo di impugnazione.

6. Resiste con controricorso l’ANM.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di appello il B. deduce la nullità del procedimento per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Mancata ammissione dei mezzi istruttori ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 115, 183 e 420 c.p.c..

Assume il ricorrente che punto decisivo della controversia sarebbe la circostanza che esso lavoratore aveva comunicato tempestivamente all’Azienda (tramite il sindacalista C., che avrebbe inoltrato istanza per il prolungamento del periodo di aspettativa) le proprie giustificazioni (sebbene orali) per l’assenza contestata. Tale circostanza era stata oggetto di richieste istruttorie, disattese senza motivazione.

2. Il motivo è inammissibile.

Occorre rilevare che il vizio di falsa applicazione di legge esposto con stringata rubrica, sopra riportata, non è illustrato nell’esposizione del motivo, incorrendo nella carenza di autosufficienza.

Il vizio di motivazione è inammissibile, in quanto la censura, per come formulata, in relazione alla statuizione assunta dalla Corte d’Appello, esula dalla previsione normativa dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come novellato.

Il testo vigente dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come sostituito, da ultimo, dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, a mente della quale è motivo di ricorso per cassazione un “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, trova applicazione nella fattispecie in esame, secondo quanto previsto dall’art. 54, comma 3, della stessa legge, perchè la sentenza gravata è stata pubblicata dopo l’11 settembre 2012.

Come affermato da questa Corte a Sezioni Unite, la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., S.U., n. 8053 del 2014).

Nella specie, la Corte d’Appello ha affermato l’irrilevanza e la non decisività della prova richiesta in merito alla presentazione di una istanza di fruizione di un periodo di aspettativa da parte di C.N., sindacalista: l’istanza risultava non protocollata e, in ogni caso, giammai avrebbe potuto fornire ex se giustificazione delle assenze del B., atteso che ogni istanza per la concessione del periodo di aspettativa va vagliata dall’azienda datrice di lavoro ai fini dell’eventuale concessione della stessa.

E’ evidente, quindi, che la censura, per come formulata, esula dall’ambito del novellato art. 360 c.p.c., n. 5.

3. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro cento per esborsi, Euro tremilacinquecento per compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2016

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