Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15444 del 14/07/2011

Cassazione civile sez. III, 14/07/2011, (ud. 13/12/2010, dep. 14/07/2011), n.15444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –

Dott. LEVI Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30391/2006 proposto da:

VISPA S.R.L. (OMISSIS), in persona del suo Amministratore Unico e

legale rappresentante Ing. V.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE PANTELLERIA 14, presso lo studio dell’Ing.

VINCENZO SGARLATA, rappresentata e difesa dall’avvocato CANCARO

Antonio giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO VIA (OMISSIS) (OMISSIS), in persona

del suo Amministratore e legale rappresentante pro tempore, Sig.

C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VITTORIA 20,

presso lo studio dell’avvocato FALLICA Vincenzo, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato RANDAZZO MARIA giusta delega in calce

al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 976/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

SEZIONE TERZA CIVILE, emessa il 27/05/2005, depositata il 28/07/2005

R.G.N. 1672/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

13/12/2010 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 28 luglio 2005 la Corte di appello di Palermo premetteva: 1) il condominio di via (OMISSIS) si opponeva al decreto ingiuntivo 658/98 emesso nei suoi confronti a favore della società Vispa per il pagamento della somma di L. 91.155.002 – deducendo l’inadempimento della società ingiungente alle obbligazioni assunte con la transazione del 10 luglio 1997 secondo cui il condominio avrebbe corrisposto in tre rate L. 330 milioni e la società Vispa avrebbe eseguito i lavori non realizzati – e chiedeva pertanto la risoluzione per inadempimento della transazione a norma dell’art. 1976 c.c.; 2) il Tribunale aveva accolto la domanda di risoluzione per inadempimento della società Vispa, di non scarsa importanza, all’obbligo di eseguire lavori di cui alcuni dovuti in base al contratto di appalto del 1994, oggetto di controversia compromessa in arbitri, e definita con la transazione. Quindi rigettava l’appello della società Vispa sulle seguenti considerazioni: a) l’appellante, che neppure in secondo grado aveva prodotto il contratto di appalto del 1994, non aveva provato la natura novativa della transazione del 10 luglio 1997 non avendo prodotto le delibere condominiali di autorizzazione delle opere aggiuntive, mentre nella transazione si menzionano opere appaltate per L. 109.450.000 ed opere extra per L. 110.525.000, ma la pretesa della società Vispa era poi per L. 330 milioni; b) la delibera condominiale di ratifica della transazione non contiene nessuna volontà estintiva del precedente rapporto non avendo tale significato le reciproche rinunce alle domande del giudizio arbitrale e alle ulteriori pretese ed indennità essendo coessenziali alla transazione, nè il carattere novativo era desumibile dalla devoluzione della competenza in caso di controversia sulla transazione al giudice ordinario anzichè agli arbitri trattandosi di clausola ripristinatoria dell’ordinaria competenza; c) confrontando la transazione con l’ordine di servizio del 26 marzo 1996 emergeva che i lavori coincidevano e perciò l’oggetto di essa era da un lato la ricognizione esatta dei lavori a carico dell’appaltatrice e la determinazione del corrispettivo dovuto dal condominio e le modalità di pagamento, e dall’altro una modifica delle prestazioni già a carico delle parti e che in base all’appalto dovevano esser adempiute entro il 30 novembre 1997; d) la transazione non estingue il rapporto precedente in mancanza di volontà in tal senso e l’efficacia novativa sussiste soltanto se vi è incompatibilità oggettiva tra i due rapporti, mentre dall’esame della transazione non emergeva nè la volontà delle parti di estinguere la preesistente obbligazione, creandone una nuova, nè un’obbligazione oggettivamente diversa e sostitutiva di quella preesistente e pertanto l’inadempimento all’obbligazione assunta con la transazione ne implica la risolubilità; d) dall’ingiunzione di L. 91.115.000 si desumeva che il condominio aveva pagato circa L. 240 milioni del corrispettivo pattuito in L. 330 milioni e cioè oltre due terzi mentre non risultavano eseguiti i lavori entro il concordato termine del 30 novembre 1997 e alla data del 21 ottobre 1998 non risultavano effettuati i lavori di cui all’ordine di servizio del 26 marzo 1996, come emergeva dalla relazione del direttore di essi, e del resto l’appaltatrice si era limitata a dedurre la scarsa importanza dell’inadempimento, ma non l’esecuzione dei lavori; f) il condominio aveva provato la fonte del suo diritto – la transazione – e la scadenza del termine dell’obbligazione da parte dell’appaltatore – 30 novembre 1997 – di cui ha allegato l’inadempimento, suffragato dall’ordine di servizio del 26 marzo 1996 e dalla relazione del 21 ottobre 1998, di non scarsa importanza incidendo sulla salubrità, la sicurezza e l’estetica dell’edificio, mentre la società Vispa non ha provato il contrario, sì che, avuto riguardo al pagamento del condominio di più di due terzi della somma concordata, sussistevano i presupposti la risoluzione per grave inadempimento. Ricorre per cassazione la s.p.a. Vispa cui resiste il condominio di via (OMISSIS).

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico motivo la ricorrente deduce: “Violazione sotto vari profili dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 1453 c.c., in relazione all’art. 2697 c.c., art. 1965 c.c., art. 2007 c.c., e segg.; artt. 115 e 116 c.p.c., artt. 1976, 2697 e 1460 c.c., per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” e lamenta che il giudice di merito non ha ravvisato la novazione del rapporto, non esclusa dal riconoscimento di alcuni vizi di ristrutturazione del fabbricato mentre l’impegno di eliminarli è costitutivo di una nuova obbligazione sostitutiva di quella originaria di garanzia che quindi è stata novata, con raddoppio dei costi. Lamenta inoltre che contraddittoriamente la Corte di merito afferma che il creditore può limitarsi ad allegare la prova del suo diritto, spettando al debitore provare il fatto estintivo e poi non considera che il condomino si è limitato all’exceptio inadimpleti contractus, ma non ha provato l’interdipendenza e la corrispettività con l’obbligazione inadempiuta e ingiunta e comunque l’exceptio non consente la domanda di risoluzione. Ancora contraddittoriamente la Corte da atto che la società Vispa ha preteso maggiori somme rispetto all’appalto e della rinunzia alle reciproche domande del giudizio arbitrale con maggiori richieste, ma non riconosce la novazione e esamina l’ordine di servizio del 26 marzo 1996 che era superato dalla transazione, e perciò su di esso non poteva fondare i pretesi inadempimenti mai accertati ed aventi ad oggetto opere extra rispetto a quelle appaltate. Aggiunge che la Corte non ha comparato i reciproci inadempimenti, molto gravi quelli del condominio a fronte di opere di scarsa rilevanza che la società doveva eseguire, e senza considerare l’istanza di C.T.U. dello stesso condominio per accertare le ristrutturazioni e la lettera del 9 gennaio 1998 sì che non ha provato il fatto estintivo della sua obbligazione.

Il motivo è infondato.

La transazione può avere efficacia novativa quando risulti una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello originato nell’accordo transattivo, di guisa che dall’atto sorgano reciproche obbligazioni oggettivamente diverse da quelle preesistenti. Nella fattispecie invece la Corte di merito ha valutato comparando il rapporto preesistente con quello nuovo in base alla documentazione agli atti ed interpretando la volontà delle parti la compatibilità della transazione del luglio 1997 con le obbligazioni scaturenti dal precedente rapporto di appalto, ad esse connesse e volte al loro adempimento, sì che ne ha ravvisato la natura conservativa e non sostitutiva con nuove obbligazioni autonome. Ne consegue l’inconferenza dei pacifici principi applicabili nel caso in cui l’appaltatore assuma un unilaterale, volontario obbligo di eliminazione dei vizi e difformità dell’opera, previo riconoscimento di essi, in sostituzione dell’originaria obbligazione legale di garanzia (art. 1667 cod. civ.).

Pertanto va ribadito che al di fuori dell’ipotesi di un’espressa manifestazione di volontà delle parti in tal senso, l’eventuale efficacia novativa della transazione dipende dalla situazione di oggettiva incompatibilità nella quale i due rapporti – quello preesistente e quello nuovo – vengono a trovarsi, e perciò il giudice di merito deve accertare se le parti, nel comporre l’originario rapporto litigioso, abbiano inteso o meno addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, costitutivo di autonome obbligazioni, oggettivamente diverse dalla precedente (Cass. 4455/2006, 7830/2003), ovvero se si sono limitate ad apportare modifiche alle obbligazioni preesistenti senza elidere il collegamento con il precedente contratto che si pone come causa – in senso tecnico – giuridico – dell’accordo transattivo che, di regola, non è volto a trasformare il rapporto controverso.

A questi principi si è attenuta la Corte di merito, e pertanto la prima parte della censura è infondata, mentre la restante parte è contraddetta dalla narrativa o si risolve in un’inammissibile richiesta di più appaganti valutazioni di fatto.

2.- Con il secondo motivo lamenta la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, per la condanna alle spese.

Al rigetto del primo motivo consegue il rigetto del secondo.

Al rigetto del ricorso consegue la soccombenza per le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a pagare le spese del giudizio di cassazione pari ad Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 14 luglio 2011

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