Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15443 del 21/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 21/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 21/07/2020), n.15443

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 27604 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

T.G., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa

dall’avvocato Saverio Cosi (C.F.: CSO SVR 60L02 B842C);

– ricorrente –

nei confronti di:

INTESA SANPAOLO S.p.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

rappresentante per procura Bruna Pastinese rappresentata e difesa

dall’avvocato Benedetto Gargani (C.F.: GRG BDT 57T21 Z614E);

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Roma n. 12922/2018,

pubblicata in data 25 giugno 2018 (e notificata in data 25 luglio

2018);

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 27 febbraio 2020 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

RILEVATO

che:

Intesa Sanpaolo S.p.A. ha proposto opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 2, nel corso del processo di esecuzione forzata promosso nei suoi confronti da T.G. sulla base di titolo esecutivo costituito da una ordinanza di assegnazione dei crediti pignorati pronunciata in suo favore in un precedente processo esecutivo nel quale la banca esecutata aveva assunto la qualità di terzo pignorato.

Dopo la sospensione del processo esecutivo, l’opposizione è stata coltivata dalla creditrice procedente.

Il Giudice di Pace di Roma ha accolto l’opposizione, dichiarando insussistente il diritto della T. di procedere ad esecuzione forzata.

Il Tribunale di Roma ha confermato la sentenza di primo grado.

Ricorre la T., sulla base di quattro motivi.

Resiste con controricorso Intesa Sanpaolo S.p.A..

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato in parte manifestamente fondato ed in parte manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

La banca controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 2.

Diritto

RITENUTO

che:

1. Non sussistono i presupposti per la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite, come richiesto dalla ricorrente, in quanto sulle questioni di diritto da risolvere il collegio non ravvisa attualmente alcun effettivo contrasto di giurisprudenza delle sezioni semplici.

In particolare, non si ravvisa alcun contrasto tra la sentenza della Sez. 3, n. 9390 del 10/05/2016, Rv. 639898 – 01, e l’Ordinanza di questa Sezione n. 9173 del 12/04/2018, Rv. 648801 – 01, nonchè le successive ulteriori, a quest’ultima conformi (nn. 9174 del 12/04/2018, n. 9246 del 13/04/2018, n. 17437 del 04/07/2018, n. 17439 del 04/07/2018, n. 17440 del 04/07/2018), che ribadiscono i principi enunciati dalla prima, limitandosi a specificarne alcune conseguenze applicative.

2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, con riguardo all’art. 1181 c.c., e artt. 95,112,115,116,543,546 c.p.c.”.

Con il secondo motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., – art. 1181 c.c., con riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 3. In ordine alla questione dell’applicazione della ritenuta di acconto”.

Con il terzo motivo del ricorso si denunzia “violazione e fa/sa applicazione delle norme di diritto ex art. 553 c.p.c., art. 276 c.p.c., con riguardo all’art. 360 c.p.c., n. 3”.

Con il quarto motivo del ricorso si denunzia “violazione e falsa applicazione delle norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, con riguardo all’art. 1181 c.c., e art. 112,115 e 116 c.p.c., – art. 2967 c.c., – sulla tempestività del pagamento e sull’efficacia del precetto notificato in uno con l’ordinanza 553 c.p.c.”.

Il motivo del ricorso, che hanno ad oggetto la legittimità del precetto intimato e la tempestività ed integrale satisfattività del pagamento effettuato dalla banca debitrice, sono logicamente connessi e possono, quindi, essere esaminati congiuntamente.

La ricorrente critica la decisione impugnata nella parte in cui ha negato la possibilità per il creditore, in favore del quale sia stata emessa ordinanza di assegnazione di un credito ai sensi dell’art. 553 c.p.c., di intimare precetto al terzo, sulla base dell’ordinanza di assegnazione, senza una preventiva (e separata) notificazione dell’ordinanza stessa ed il decorso di un termine dilatorio (specie se espressamente proprio indicato nell’ordinanza), e comunque nella parte in cui non ha riconosciuto dovuti gli interessi sulla somma assegnata, le spese di notifica dell’ordinanza di assegnazione, costituente titolo esecutivo, nonchè le spese di precetto, facendone conseguire la integrale satisfattività del pagamento effettuato dalla banca e la fondatezza dell’opposizione da questa proposta a seguito del successivo pignoramento.

2.1 La sentenza impugnata, nella parte in cui contiene l’affermazione per cui l’ordinanza di assegnazione acquista efficacia esecutiva solo dopo il decorso del termine in essa eventualmente indicato per il pagamento da parte del terzo e ne fa discendere la conseguenza che il precetto eventualmente notificato unitamente all’ordinanza di assegnazione è senz’altro inefficace, risulta in contrasto con l’indirizzo ormai consolidato di questa Corte secondo cui “l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 553 c.p.c., assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato, ha efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell’assegnatario anche prima della sua comunicazione o notificazione al terzo, e il creditore assegnatario può procedere alla notificazione di detta ordinanza anche unitamente all’intimazione dell’atto di precetto ma, in tale ultimo caso, laddove il terzo debitore intimato provveda all’integrale pagamento di tutte le somme dovute in un termine ragionevole (anche eventualmente superiore a quello di dieci giorni previsto dall’art. 480 c.p.c.), da accertarsi in concreto in base a tutte le circostanze rilevanti nella singola fattispecie, dovrà ritenersi inapplicabile l’art. 95 c.p.c., e le spese di precetto e funzionali all’intimazione resteranno a carico del creditore intimante; laddove il pagamento avvenga in un termine ragionevole, ma non sia integrale, le spese di precetto e di esecuzione saranno ripetibili dal creditore nei limiti di quanto necessario per il recupero delle sole somme effettivamente non pagate tempestivamente dal debitore” (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9173 del 12/04/2018, Rv. 648801 – 01; conf.: Sez. 6 – 3, Ordinanze n. 9174 del 12/04/2018, n. 9246 del 13/04/2018, n. 17437 del 04/07/2018, n. 17439 del 04/07/2018, n. 17440 del 04/07/2018).

Sotto il profilo in esame, il ricorso sarebbe dunque certamente fondato, ma, per quanto si osserverà di seguito, tale fondatezza giustifica solo la correzione della motivazione, essendo il dispositivo in parte qua corretto.

Per quanto attiene alle conseguenze relative alla fattispecie concreta in esame occorre infatti distinguere.

2.2 Con riguardo alla tempestività dell’adempimento, il tribunale ha affermato che il pagamento dell’importo ritenuto dovuto, effettuato dalla banca intimata a 64 giorni di distanza dalla notificazione dell’ordinanza di assegnazione e dell’atto di precetto, sarebbe da ritenere tempestivo, perchè la creditrice avrebbe dovuto procedere alla notificazione dell’atto di precetto solo successivamente alla scadenza del termine di venti giorni dalla notifica dell’ordinanza.

L’affermazione è in palese contrasto con i principi di diritto sopra esposti: la circostanza che l’atto di precetto sia stato notificato unitamente all’ordinanza di assegnazione non lo rende per ciò solo inefficace e, di conseguenza, il tribunale avrebbe dovuto esclusivamente accertare se lo stesso era intervenuto in un termine ragionevole, sulla base delle circostanze di fatto del caso concreto.

A fini di completezza espositiva va sottolineato che questa Corte ha ritenuto congruo in linea di massima, in analoga fattispecie (cfr. ancora le richiamate Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanze nn. 9173, 9174 del 12/04/2018 e n. 9246 del 13/04/2018), un termine di 20 giorni per il pagamento, in quanto corrispondente esattamente al termine previsto dalla legge per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi (art. 617 c.p.c.), nonchè al termine che spetta all’erede del debitore per l’adempimento, prima dell’esecuzione, in base alla previsione normativa di cui all’art. 477 c.p.c., (che, in una situazione che presenta alcune analogie con quella in esame, sotto l’aspetto della concreta conoscenza dell’esistenza del titolo da parte del soggetto tenuto in concreto al pagamento, prescrive un doppio intervallo di dieci giorni tra notifica del titolo e notifica dell’atto di precetto ed ai fini dell’inizio dell’esecuzione), facendo peraltro salve particolari circostanze (come il difetto di collaborazione del creditore, specifiche peculiari giustificate difficoltà nella determinazione dell’importo dovuto o nell’effettuazione materiale del pagamento, ecc.) che eventualmente, nel caso concreto, possano indurre a considerare congruo un termine diverso.

La sentenza impugnata va pertanto cassata sul punto affinchè in sede di rinvio si proceda ad accertare la tempestività del pagamento, sulla base dei principi di diritto esposti.

2.3 Diversamente è a dirsi con riguardo alla censura relativa al mancato riconoscimento, da parte del tribunale, della legittimità dell’intimazione del pagamento delle spese successive all’ordinanza di assegnazione e funzionali alla notifica della stessa.

Il giudice di merito, infatti, in base ad una insindacabile interpretazione del contenuto del titolo esecutivo, adeguatamente motivata e come tale non censurabile nella presente sede, ha ritenuto, in fatto, dette somme già comprese nell’importo oggetto di assegnazione, e ha di conseguenza correttamente escluso, in diritto, la possibilità per il creditore di ottenerne nuovamente il pagamento (così di fatto duplicandolo) in sede di esecuzione fondata sull’ordinanza di assegnazione.

Sotto tale profilo, pertanto, la decisione impugnata va confermata, con la sola correzione della sua motivazione nel senso in precedenza esposto.

2.4 Non è conforme a diritto l’affermazione per cui non sarebbero dovuti gli interessi legali sulla somma assegnata.

In proposito, infatti, la decisione impugnata risulta in insanabile contrasto con l’indirizzo ormai consolidato di questa Corte, secondo cui “le somme oggetto di assegnazione in favore del creditore procedente all’esito del procedimento di espropriazione presso terzi (laddove riferibili a crediti già scaduti), tanto con riguardo all’importo assegnato a titolo di capitale, quanto con riguardo a quello assegnato per le spese di precetto ed esecuzione contestualmente liquidate dal giudice dell’esecuzione, costituiscono crediti di somme di danaro liquidi ed esigibili ai sensi dell’art. 1282 c.c., e come tali (in mancanza di diversa specificazione nel titolo) producono di regola interessi di pieno diritto dalla data dell’ordinanza di assegnazione (e fino al pagamento effettivo), anche a prescindere da una espressa previsione in tal senso nel titolo, ed anche a prescindere dalla comunicazione o notificazione della stessa ordinanza al terzo e dalla sussistenza di una mora di quest’ultimo” (Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9173 del 12/04/2018, Rv. 648801 – 01; conf.:Sez. 6 – 3, Ordinanze n. 9174 del 12/04/2018, n. 9246 del 13/04/2018, n. 17437 del 04/07/2018, n. 17439 del 04/07/2018, n. 17440 del 04/07/2018; si tratta delle medesime decisioni già richiamate in precedenza).

2.5 Poichè, in base a quanto sin qui esposto, il pagamento effettuato dalla banca (anche a prescindere dalla sua tempestività) non può essere considerato integrale, non essendo stati (come è pacifico) pagati quanto meno gli interessi sugli importi assegnati, dalla data dell’emissione dell’ordinanza di assegnazione, il pignoramento è da ritenere certamente legittimo, sulla base dell’originario precetto, ma non in relazione all’intera somma precettata, bensì in relazione alle sole somme effettivamente dovute e non pagate tempestivamente dalla debitrice (in particolare, sarà da ritenersi certamente legittimo in relazione agli interessi, da calcolarsi al tasso legale, sugli importi assegnati, dalla data dell’emissione dell’ordinanza di assegnazione).

Per quanto infine riguarda le spese di precetto (così come per quelle di esecuzione), sempre in base ai principi di diritto sopra esposti, la loro ripetibilità in favore del creditore procedente dovrà essere contenuta nei limiti di quelle necessarie per il recupero delle sole somme effettivamente non pagate tempestivamente dal debitore.

Esse dovranno quindi essere liquidate dal giudice dell’esecuzione nei suddetti termini e nei suddetti limiti, ai sensi dell’art. 95 c.p.c..

Anche la questione relativa alla ritenuta di acconto operata dalla banca debitrice, non esaminata del giudice di merito in quanto assorbita, dovrà essere oggetto di nuovo esame in sede di rinvio.

In definitiva, la sentenza impugnata deve essere cassata per quanto di ragione, nei limiti sin qui indicati.

3. L’opposizione dovrà essere nuovamente valutata in sede di rinvio, in base ai seguenti principi di diritto:

“l’ordinanza con la quale il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 553 c.p.c., assegna in pagamento al creditore procedente la somma di cui il terzo pignorato si è dichiarato debitore nei confronti del debitore espropriato, ha efficacia di titolo esecutivo nei confronti del terzo ed a favore dell’assegnatario anche prima della sua comunicazione o notificazione al terzo, e il creditore assegnatario può procedere alla notificazione di detta ordinanza anche unitamente all’intimazione dell’atto di precetto ma, in tale ultimo caso, laddove il terzo debitore intimato provveda all’integrale pagamento di tutte le somme dovute in un termine ragionevole (anche eventualmente superiore a quello di dieci giorni previsto dall’art. 480 c.p.c.), da accertarsi in concreto in base a tutte le circostanze rilevanti nella singola fattispecie, dovrà ritenersi inapplicabile l’art. 95 c.p.c., e le spese di precetto e funzionali all’intimazione resteranno a carico del creditore intimante; laddove il pagamento avvenga in un termine ragionevole, ma non sia integrale, le spese di precetto e di esecuzione saranno ripetibili dal creditore nei limiti di quanto necessario per il recupero delle sole somme effettivamente non pagate tempestivamente dal debitore”;

“le somme oggetto di assegnazione in favore del creditore procedente all’esito del procedimento di espropriazione presso terzi (laddove riferibili a crediti già scaduti), tanto con riguardo all’importo assegnato a titolo di capitale, quanto con riguardo a quello assegnato per le spese di precetto ed esecuzione contestualmente liquidate dal giudice dell’esecuzione, costituiscono crediti di somme di danaro liquidi ed esigibili ai sensi dell’art. 1282 c.c., e come tali (in mancanza di diversa specificazione nel titolo) producono di regola interessi di pieno diritto dalla data dell’ordinanza di assegnazione (e fino al pagamento effettivo), anche a prescindere da una espressa previsione in tal senso nel titolo, ed anche a prescindere dalla comunicazione o notificazione della stessa ordinanza al terzo e dalla sussistenza di una mora di quest’ultimo”.

4. Il ricorso è accolto, nei limiti indicati in motivazione.

La sentenza impugnata è cassata in relazione ai profili di censura accolti, con rinvio al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il ricorso nei limiti indicati in motivazione, e cassa, per l’effetto, in relazione alle censure accolte, la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2020

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