Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15443 del 21/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/06/2017, (ud. 15/03/2017, dep.21/06/2017),  n. 15443

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23379/2015 proposto da:

D.G. G. & A. D.T.M. & C. SAS, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA AVERSA 55, presso lo studio dell’avvocato CARMELO CURCIO,

rappresentata e difesa dagli avvocati ETTORE DE ROSA, VALENTINO

MIRANDA;

– ricorrente –

contro

COMUNE ANGRI, SOGET SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2197/4/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARI

REGIONALE di NAPOLI, SEZIONE DISTACCATA di SALERNO, depositata il

04/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 15/03/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito del D.L. n. 168 del 2016, art. 1 bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016;

dato atto che il collegio ha autorizzato, come da Decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata e che parte ricorrente ha depositato memoria, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 2197/4/15, depositata il 4 marzo 2015, non notificata, la CTR della Campania – sezione staccata di Salerno – ha accolto gli appelli, di seguito riuniti, proposti dal Comune di Angri e dalla SO.GE.T. S.p.A. nei confronti della D.G. G. & A. D.T.M. & C. S.a.s. per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Salerno, che aveva invece accolto il ricorso proposto dalla società avverso avviso di accertamento relativo a TARSU per gli anni dal 2006 2011.

La sentenza della CTR, ritenuto che l’impugnazione proposta dalla contribuente nei termini avesse senz’altro sanato eventuali vizi della notifica dell’atto impositivo ed affermata la legittimità dell’atto quanto al soddisfacimento del requisito motivazionale, ha ritenuto la fondatezza anche nel merito della pretesa impositiva dell’ente locale, disattendendo i motivi addotti a sostegno dell’originario ricorso della contribuente.

Avverso detta pronuncia la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

Il Comune di Angri e la SO.GE.T., intimati, non hanno svolto difese. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 e della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 158 e 159, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando l’errata interpretazione dell’art. 156 c.p.c., circa gli effetti sananti della notifica inesistente.

Premesso che, diversamente da quanto sembra opinare parte ricorrente, l’Amministrazione comunale può affidare, per quanto qui rileva, il servizio di notifica degli avvisi di accertamento a messi notificatori dipendenti della stessa amministrazione, di modo che è escluso che soggetto così incaricato non possa legittimamente fungere da veicolo di trasmissione per la conoscenza legale dell’atto da parte del destinatario (cfr. Cass. sez. un. 16 luglio 2016, n. 14916), nella fattispecie in esame correttamente la decisione impugnata, a fronte dei vizi lamentati da parte ricorrente, ha ritenuto che la tempestiva impugnazione dell’atto da parte della contribuente abbia comportato la sanatoria dei vizi medesimi riconducibili pur sempre al paradigma della nullità, secondo i principi affermati da Cass. sez. un. 5 ottobre 2004, n. 19854 e successiva giurisprudenza conforme.

Il secondo motivo, con il quale la ricorrente, in un unico motivo, compendia più censure, è in parte inammissibile, in parte manifestamente infondato.

E’ inammissibile per difetto di autosufficienza nella parte in cui la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, laddove lamenta che erroneamente la sentenza impugnata abbia ritenuto, sotto il profilo contenutistico, l’atto oggetto d’impugnazione tale da porre la contribuente in condizione di conoscerne gli elementi essenziali in relazione all’oggetto dell’atto prodromico.

Per giurisprudenza costante di questa Corte, laddove il ricorso per cassazione abbia ad oggetto la denuncia del vizio di violazione di legge della sentenza impugnata, quanto alla norma della L. n. 212 del 2000, art. 7, in punto di carenza del requisito motivazionale dell’atto impositivo, è onere della parte ricorrente trascriverne puntualmente il contenuto, onde porre la Corte in condizione di esprimere il sindacato richiesto (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 18 luglio 2016, n. 14676; Cass. sez. 5, 17 ottobre 2014, n. 22003; Cass. sez. 5, 19 aprile 2013, n. 9536). Nella fattispecie in esame parte ricorrente non ha soddisfatto in maniera adeguata detto onere.

Il motivo è invece manifestamente infondato nella parte volta a censurare l’affermazione, da parte del giudice tributario d’appello, della legittimità dell’atto impositivo recante non la sottoscrizione autografa del funzionario responsabile, ma l’indicazione a stampa ai sensi della L. n. 549 del 1995, art. 1, comma 87.

Anche nell’ambito del terzo motivo parte ricorrente cumula diversi ordini di censure.

Appare in proposito assorbente il rilievo dell’inammissibilità della censura per vizio di motivazione, in punto di errata valutazione, da parte della sentenza impugnata, delle risultanze istruttorie, in quanto ricondotta alla vecchia formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non più applicabile ratione temporis al presente giudizio, avente ad oggetto la proposizione di ricorso per cassazione proposto avverso sentenza di Commissione tributaria regionale depositata il 26 gennaio 2015 (cfr. Cass. sez. un. 7 aprile 2014, n. 8053 e successiva giurisprudenza conforme).

Ciò comporta la definitività dell’accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito in relazione alla mancanza di prova da parte della contribuente, a ciò onerato, in punto di sussistenza delle condizioni d’accesso all’esclusione e/o alla riduzione della tassa da parte dell’ente impositore, anche riguardo al soddisfacimento dello specifico onere di informazione gravante sulla parte medesima e, correlativamente, l’inammissibilità della censura prospettata in termini di violazione e falsa applicazione del criterio di cui al D.P.R. n. 507 del 1993, art. 62, commi e 3 ed art. 8 del regolamento del Comune di Angri, atteso che la valutazione del giudice di merito è mediata dalla valutazione in concreto dalla risultanze processuali acquisite e non espressa in termini di mera ricognizione astratta delle norme primarie e secondarie di cui la contribuente lamenta la violazione o falsa applicazione.

Il ricorso va pertanto rigettato, non apparendo le considerazioni svolte in memoria, nel solco di quanto già esposto dalla parte in ricorso, idonee a scalfire le considerazioni sopra esposte in conformità alla proposta depositata in atti dal relatore.

Nulla va statuito in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo svolto difese le parti intimate.

PQM

 

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 giugno 2017

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